Iraq















































































































































Iraq












Iraq – Bandiera

Iraq - Stemma

(dettagli)


Allāhu Akbar "Dio è il più grande"


Iraq - Localizzazione

Dati amministrativi
Nome completo
Repubblica d'Iraq
Nome ufficiale
(AR) جمهورية العراق[1]
(KU) کۆمارا ىراقێ[1]

Lingue ufficiali

arabo e curdo[1]

Capitale

Baghdad  (7.665.292 ab.)
Politica

Forma di governo

Repubblica parlamentare federale

Presidente

Barham Salih

Primo ministro

Adil Abdul-Mahdi
Indipendenza
3 ottobre 1932 dal Regno Unito
Ingresso nell'ONU
21 dicembre 1945 1
Superficie

Totale
438 317 km² (57º)
% delle acque
trascurabile
Popolazione

Totale
37.056.169 ab. (2015) (39º)

Densità
71 ab./km²
Tasso di crescita
2,345% (2012)[2]

Nome degli abitanti

Iracheni
Geografia

Continente

Asia
Confini

Arabia Saudita, Giordania, Iran, Kuwait, Siria, Turchia

Fuso orario

UTC +3
Economia

Valuta

Dīnār iracheno

PIL (nominale)
212 501[3] milioni di $ (2012) (46º)

PIL pro capite (nominale)
6 305 $ (2012) (87º)

PIL (PPA)
236 044 milioni di $ (2012) (52º)

PIL pro capite (PPA)
15 348 $ (2014) (77º)

Fecondità
4,7 (2010)[4]
Varie
Codici ISO 3166

IQ, IRQ, 368

TLD

.iq

Prefisso tel.
+964

Sigla autom.
IRQ

Inno nazionale

Mawtini (Patria mia)

Festa nazionale
10 Dicembre

Iraq - Mappa


1È uno dei 51 Stati che hanno dato vita all'ONU nel 1945.
Evoluzione storica
Stato precedente

Iraq Regno dell'Iraq
 

Coordinate: 33°N 43°E / 33°N 43°E33; 43


L'Iraq, ufficialmente Repubblica d'Iraq (in arabo: جمهورية العراق‎, Jumhūriyyat al-‘Irāq), è uno Stato dell'Asia occidentale.


Confina con Turchia a nord, Arabia Saudita e Kuwait a sud, Siria a nordovest, Giordania a ovest e Iran (Regione del Kurdistan) verso est[5]. Il territorio dell'Iraq corrisponde approssimativamente al territorio dell'antica Mesopotamia, la "terra dei fiumi" (Bilād al-Rafidayn in arabo), mentre il nome attuale viene dal persiano eraq, ossia "terre basse" (in contrapposizione all'altopiano iranico). La capitale è Baghdad. Possiede la terza riserva di petrolio al mondo.


Per circa 25 anni (16 luglio 1979 – 9 aprile 2003) il Paese è stato governato da Saddam Hussein. In seguito alla caduta di questo avvenuta nel 2003, l'Iraq è divenuto nel 2005 una repubblica parlamentare federale sotto l'influenza e il controllo degli Stati Uniti d'America.Tra il 2014 e Dicembre 2017 la parte occidentale del Paese è rimasta sotto il controllo dello Stato Islamico, gruppo fondamentalista wahhabita, in guerra col governo centrale.




Indice






  • 1 Geografia


    • 1.1 Morfologia


    • 1.2 Idrografia


    • 1.3 Clima




  • 2 Popolazione


    • 2.1 Etnie


    • 2.2 Religioni


    • 2.3 Lingue




  • 3 Storia


    • 3.1 Periodo islamico


    • 3.2 Indipendenza


    • 3.3 Regime del Baʿth


      • 3.3.1 Prima guerra del Golfo (1990-1991)


      • 3.3.2 Tra due guerre (1992-2002)


      • 3.3.3 Seconda guerra del Golfo (2003)




    • 3.4 Repubblica d'Iraq (2005 - presente)


      • 3.4.1 Presenza americana e guerriglia (2005-2011)


      • 3.4.2 Guerra contro Daesh (2012-2017)






  • 4 Ordinamento dello Stato


    • 4.1 Rivendicazioni territoriali


    • 4.2 Suddivisioni amministrative


      • 4.2.1 Governatorati




    • 4.3 Città principali


    • 4.4 Istituzioni


    • 4.5 Giustizia




  • 5 Politica


    • 5.1 Elezioni recenti




  • 6 Economia


  • 7 Cultura


    • 7.1 Musica


    • 7.2 Arte


    • 7.3 Produzione letteraria


    • 7.4 Media




  • 8 Sport


  • 9 Note


  • 10 Voci correlate


  • 11 Altri progetti


  • 12 Collegamenti esterni





Geografia |


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Lo stesso argomento in dettaglio: Geografia dell'Iraq.


Morfologia |


Il territorio iracheno comprende, oltre alla Mesopotamia – con cui si è portati in prima approssimazione a identificarlo –, a ovest un vasto lembo orientale del deserto Siriaco e gli ultimi tavolati del Nefūd (Arabia Saudita); a e i primi rilievi della catena dello Zagros; a nord include un'estrema sezione della stessa catena che corrisponde al Kurdistan meridionale. Circa il 60% del territorio rientra però nella pianura mesopotamica, vasta area depressionaria orientale (Irāq significa appunto bassura) del tavolato siro-arabico, colmata verso il Golfo Persico
dalle alluvioni recenti del Tigri e dell'Eufrate: è perciò una zona di
passaggio tra la Siria (e quindi il mondo mediterraneo) e il Golfo
Persico, naturale corridoio verso il mondo indiano. La sua struttura
geologica è relativamente semplice, essendo costituita essenzialmente da
un imbasamento paleozoico che, ricoperto da potenti stratificazioni
sedimentarie marine, si contrappose ai movimenti orogenetici cenozoici
(a cui si ricollegano i vasti espandimenti di rocce effusive presenti
nel Nord) che hanno formato gli archi montuosi del Tauro e dello Zagros: la grande zolla, rimasta essenzialmente rigida, subì un'inclinazione verso S e, a partire dalla fine del Cenozoico,
fu ricoperta nella sezione più meridionale dalle alluvioni depositate
dal Tigri e dall'Eufrate, secondo un processo ancora in corso, come
testimoniano le continue variazioni morfologiche e gli spostamenti della
linea di costa. L'orlo montuoso dell'Iraq, che nella parte orientale
supera in più punti i 3500 m (Keli Haji Ibrāhīm, 3600 m), forma un
gigantesco arco di catene diretto prima da W a E e poi da NW a SE fin
quasi a lambire il Golfo Persico. I monti scendono ripidi sul bassopiano
o vi si smorzano con una serie di lunghe e spettacolari pieghe
anticlinali: fratture tettoniche
hanno favorito l'infiltrarsi di colate basaltiche e questi monti, per
lo più formati da rocce calcaree, incisi da gole, si presentano aridi e
nudi anche per la diffusione che vi hanno i fenomeni carsici.
Nei settori occidentali e sudoccidentali del Paese si estendono invece
monotone piattaforme, debolmente inclinate verso l'Eufrate e preludio ai
deserti di Arabia e di Siria; i solchi degli uidian e le alture basaltiche ne costituiscono la più marcata componente morfologica.



Idrografia |


L'Iraq odierno corrisponde in gran parte all'antica Mesopotamia, la "terra in mezzo ai fiumi", ossia l'Eufrate e il Tigri, che scorrono da nord a sud, unendosi prima di sfociare nel Golfo Persico. Lungo le rive di questi fiumi sono presenti ampie zone paludose usate in passato per frenare le inondazioni generate dalle piene di questi fiumi. Altri due fiumi di notevole rilevanza sono il Grande Zāb e il Piccolo Zāb, affluenti del Tigri.


Per far fronte ai problemi idrologici ed energetici del paese sono state costruite numerose dighe. Le più importanti sono:




  • Diga di Haditha: situata sul fiume Eufrate, con una potenza di 660 MW.


  • Diga di Mosul: situata su fiume Tigri è attualmente la più grande del paese. Ha una potenza di 750 MW.


  • Diga di Bekhme: la sua costruzione sul fiume Grande Zāb è attualmente sospesa. Con i suoi 1500 MW di progetto, se verrà completata diventerà la più grande del paese.



Clima |


Il clima iracheno è subtropicale: praterie aride a nord e deserto a sud. Gli inverni sono miti, escludendo la catena montuosa a nord del paese, dove sono abbastanza rigidi. Le estati sono caldissime. Le temperature in questa stagione sono tra le più elevate al mondo: superano infatti costantemente i 43 °C, con punte di 51 - 52 °C, soprattutto nella pianura mesopotamica.



Popolazione |




Popolazione in milioni. Dati FAOSTAT 2004


Secondo stime del CIA World Factbook nel luglio 2014 la popolazione irachena era di 32 585 692 abitanti.[6]
Le continue guerre degli ultimi 30 anni hanno provocato una forte emigrazione: nel 2008 l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati calcolava circa due milioni di rifugiati all'estero, in larga maggioranza in Siria e Giordania.[7]

I tre principali gruppi etnico-religiosi del Paese sono gli arabi sciiti (circa il 60% della popolazione), gli arabi sunniti (15-20%) e i curdi (15-20%, anch'essi prevalentemente sunniti).



Etnie |


L'etnia maggioritaria (75-80%) è quella araba. Vi è poi una consistente minoranza curda (15-20%), maggioritaria nel nord-est del Paese. Fra le altre etnie vi sono quella turcomanna e quella assira.[6]

All'interno di questi gruppi etnici sono poi individuabili dei sotto-gruppi, come gli arabi delle paludi e gli yazidi, questi ultimi di etnia curda.



Religioni |


Gli iracheni sono ufficialmente in larghissima maggioranza musulmani (99% della popolazione)[8]. Nello specifico, circa il 62,5% della popolazione è di fede musulmana sciita e il 34,5% è di fede musulmana sunnita[9]. Sono per lo più sciiti gli arabi residenti nella popolosa zona sudorientale, mentre professano la fede sunnita la parte della comunità araba insediata nella parte centro-occidentale del Paese e la quasi totalità degli appartenenti all'etnia curda (insediati prevalentemente nell'Iraq nordorientale).[8]

Vi è poi una piccola minoranza di cristiani. Fino circa al 2003 la popolazione cristiana contava circa 1 500 000 fedeli, per lo più appartenenti alle chiese assira, cattolica caldea, siriaco-ortodossa, siriaco-cattolica e armena. Negli anni successivi, però, il numero di cristiani in Iraq è drasticamente calato, e oggi si stima ammonti a circa 200.000 persone.[10]

Altri gruppi etnico-religiosi minori presenti in Iraq sono i Mandei, gli Yazidi, gli Yarsan e gli Shabak.



Lingue |


La lingua più parlata è l'arabo, appartenente alla famiglia semitica, mentre il curdo, di origine indoeuropea e assai vicino al farsi, è parlato nelle zone dove l'etnia curda è maggioritaria. L'arabo e il curdo sono le due lingue ufficiali[6][9], ma, in base all'articolo 4 della Costituzione, sono riconosciuti anche il turcomanno e il siriaco come lingue ufficiali nelle aree amministrative dove sono presenti in alta densità demografica, e ai madrelingua viene garantito il diritto all'istruzione nelle istituzioni governative pubbliche in queste lingue nonché in armeno.[11]



Storia |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Storia dell'Iraq.

L'area fertile della Mesopotamia, situata fra i fiumi Eufrate e Tigri, ha visto nascere alcune delle civiltà più antiche del mondo come i Sumeri, i Babilonesi e gli Assiri, nonché importantissime invenzioni quali la scrittura. Qui, nella città di Ur, sarebbe nato secondo le tre grandi religioni monoteiste il patriarca Abramo. La Mesopotamia fu a lungo parte dell'Impero persiano - sia achemenide, sia partico e sasanide -. In seguito fu annessa all'impero romano e nel III secolo venne cristianizzata, per poi tornare alla Persia nel IV secolo fino alla definitiva sconfitta dei Persiani da parte dell'imperatore romano Eraclio I nel VII secolo, poco prima della conquista islamica.



Periodo islamico |


Nel 656 l'odierno Iraq venne conquistato dagli arabi, che introdussero l'Islam e lo governarono da Damasco, oggi in Siria. Nel 762 il califfato fu spostato dalla nuova dinastia abbaside nella nuova città di Baghdad (vicino all'antica Babilonia), che rimase a lungo il centro più importante del mondo arabo, salvo il relativamente breve periodo in cui il centro di governo e dell'economia si spostò nella più settentrionale Sāmarrāʾ.


Il califfato abbaside cadde nel 1258 sotto i colpi dei Mongoli guidati da Hülegü, avviando quel fenomeno di frammentazione politica (ma non culturale) del mondo arabo-islamico che fino ad allora dipendeva politicamente dal califfato e che conosciamo ancor oggi. Tamerlano, un condottiero turco-mongolo musulmano, invase l'Iraq nel 1401, pur mantenendo il centro delle sue attività politiche a Samarcanda, come d'altra parte fecero anche i suoi discendenti.


Dall'inizio del XVI secolo l'Iraq fu invece conteso tra l'Impero persiano, retto dalla dinastia sciita dei Safavidi (azeri di lingua e cultura), e l'Impero Ottomano sunnita, fin quando quest'ultimo lo incorporò definitivamente nel 1638 (Trattato di Qasr-e Shirin).



Indipendenza |


Al termine del I conflitto mondiale, le truppe britanniche occuparono l'odierno Iraq (fino ad allora provincia ottomana). Nell'ambito della spartizione dell'Impero ottomano, il 25 aprile 1920 fu presentata alla Società delle Nazioni una bozza che attribuiva a Londra il mandato di amministrare l'Iraq in vista della sua futura indipendenza. Tuttavia, lo scoppio di una rivolta anti-britannica nei mesi successivi spinse a scartare l'idea del mandato in favore di un'immediata semi-indipendenza, con la politica estera e militare sotto il controllo di Londra, oltre al diritto di intervento anche in altri campi. Il nuovo Stato assunse per volontà britannica la forma di una monarchia retta dal re hashemita Fayṣal b. al-Ḥusayn. Il periodo di amministrazione britannica ebbe fine il 3 ottobre 1932, quando venne ufficialmente riconosciuta l'indipendenza dell'Iraq, seppure ancora limitata sotto alcuni aspetti militari ed economici. Nel 1941 il governo filo-britannico di Nūrī al-Saʿīd, fu rovesciato da un colpo di Stato nazionalista, guidato dall'avvocato Rashīd ʿAlī al-Kaylānī, che tuttavia né la Germania nazista né l'Italia fascista appoggiarono in modo significativo.[12] I Britannici entrarono rapidamente in guerra col nuovo governo e lo sconfissero nel giro di un mese, causando circa un migliaio di morti. La frustrazione dei sostenitori del deposto governo anti-britannico e favorevole a un'alleanza con l'Asse, diede luogo alla prima e più eclatante persecuzione di ebrei in Iraq, il Farhud ("rottura dell'ordine e della legge"). L'evento avvenne fra l'1 e il 3 giugno del 1941.


Cessata la tutela britannica alla fine della seconda guerra mondiale, la monarchia perseguì una linea filo-occidentale, ma il 14 luglio 1958 un colpo di Stato messo in atto dal Comitato degli Ufficiali Liberi guidati dal generale ʿAbd al-Karīm Qāsim (talora traslitterato Abdul Karim Kassem), istituì la repubblica, giustiziando sommariamente l'intera famiglia reale con i suoi notabili e perseguendo una linea nazionalista e neutralista. L'8 febbraio 1963 Kassem viene ucciso nel corso di un ulteriore colpo di Stato, che porta al potere il partito Ba'th, di ispirazione socialista e panaraba, favorevole a un avvicinamento in politica estera all'Unione Sovietica. Il nuovo governo è perciò sostenuto dalla repubblica egiziana governata dal colonnello Nasser, ed è in questa cornice che muoverà i suoi primi passi politici il ba'thista Saddam Hussein. Tuttavia, il 18 novembre 1963 il regime del Ba'th viene rovesciato da un altro colpo di Stato ad opera dell'ex braccio destro del generale Kassem, il colonnello ʿAbd al-Salām ʿĀrif. Dopo la morte violenta di quest'ultimo sarà suo fratello, il maresciallo ʿAbd al-Rahmān ʿĀrif a guidare il Paese. Il 17 luglio 1968, però, il Ba'th è riportato al potere ancora da un colpo di Stato, guidato questa volta dal generale Ahmad Hasan al-Bakr, parente di Saddam Hussein.


In tutto questo ventennio postbellico i rapporti con la minoranza curda sono segnati da cicli di insurrezioni, repressioni, tregue, accordi politici e mancata applicazione degli stessi.



Regime del Baʿth |


Preso il potere, il Baʿth instaura un controllo molto stretto sulle istituzioni e sulla società irachena, in direzione panaraba e socialista anziché nazionalista, appoggiandosi preferibilmente sugli arabi sunniti, soprattutto dopo la presa del potere da parte di Saddam Hussein nel 1979, che abbandonerà rapidamente l'ispirazione socialista e filo-sovietica e, negli ultimi anni del regime, anche quella panaraba.


Il 1º giugno 1972 il governo nazionalizza l'industria petrolifera fino a quel momento in mano alla Iraq Petroleum Company britannica: questa decisione avrà un ruolo chiave nelle successive decisioni dell'OPEC. Il governo repubblicano iracheno si impegna poi fortemente nella modernizzazione del Paese. Grazie alla vendita del petrolio nazionalizzato, il governo finanziò l'elettrificazione del paese, la costruzione di acquedotti, scuole, università, ospedali. La politica interna giungerà al creare ed intensificare un'economia industriale e produttiva non collegata al petrolio, con creazione di posti di lavoro e di benessere per la popolazione. Va inoltre ricordato il riconoscimento di numerosi diritti civili alle donne e l'instaurazione di una forma di governo interamente laica.


Nel 1980 gli Stati Uniti e i paesi NATO appoggiarono con aiuti economici e militari la volontà dell'Iraq (che aveva rivendicazioni territoriali) a scendere in guerra il 22 settembre contro l'Iran (dove una rivoluzione fondamentalista islamica aveva rovesciato la monarchia); al termine (8 agosto 1988) del conflitto però non ci furono né vincitori né vinti.


Nel corso della guerra morirono tra mezzo milione e un milione e mezzo di persone da entrambe le parti[13].



Prima guerra del Golfo (1990-1991) |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra del Golfo.

Il 2 agosto 1990 l'Iraq occupò il Kuwait, nascondendo le ragioni economiche dell'invasione dietro antiche rivendicazioni territoriali. Le Nazioni Unite reagiscono autorizzando l'uso della forza per respingere l'attacco. Il 17 gennaio 1991 ha così inizio l'invasione da parte di una coalizione internazionale che agisce su mandato delle Nazioni Unite, invasione che si conclude il 28 febbraio, seguita il 3 aprile dal cessate il fuoco definitivo fissato dalla risoluzione 687 del Consiglio di sicurezza dell'ONU. L'Iraq è costretto a ritirarsi dal Kuwait ma la coalizione a guida americana decide di fermarsi prima di raggiungere la capitale irachena, permettendo al regime di sopravvivere. In seguito a questi avvenimenti, però, l'Iraq subisce un isolamento internazionale che termina solo in seguito al rovesciamento del regime baathista nel 2003.


La sovranità dell'Iraq venne sottoposta a serie limitazioni. Infatti, oltre all'imposizione della "no-fly zone", il regime di Baghdad venne costretto a concedere un'ampia autonomia ai distretti curdi e a riconoscere il tracciato dei confini con il Kuwait. A ciò si aggiunsero misure di disarmo (di cui fu incaricata l'UNSCOM, Commissione speciale delle Nazioni Unite, con l'ausilio dell'AIEA, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica) e restrizioni nella vendita di petrolio, una cospicua parte della quale venne destinata a ripagare i danni inflitti al Kuwait.



Tra due guerre (1992-2002) |


Nel 1992 il rifiuto di concedere l'accesso agli ispettori dell'UNSCOM causò la proclamazione da parte dell'ONU di un rigido embargo economico, i cui effetti si rivelarono devastanti soprattutto per la popolazione civile. Perciò nel 1995 l'ONU attenuò le sanzioni, avviando con la risoluzione 986 il programma "Oil for Food" ("petrolio in cambio di cibo"), che autorizzava l'Iraq a esportare due miliardi di dollari di greggio al semestre per l'acquisto di viveri e medicinali. Temendo che il regime iracheno potesse usare il programma per approvvigionarsi di materiale di uso bellico, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna frapposero tuttavia molti ostacoli alla sua applicazione.
Intanto, nell'ottobre 1994 un nuovo spostamento di truppe irachene al confine con il Kuwait spinse gli Stati Uniti a inviare nella regione un proprio contingente militare. Il regime di Baghdad annunciò il ritiro dall'area e riconobbe la sovranità del Kuwait il 10 novembre dello stesso anno, in conformità alle risoluzioni dell'ONU.


A partire dal 1997 tornò a intensificarsi lo scontro tra Saddam Hussein e l'amministrazione statunitense, causato dagli ostacoli frapposti dalle autorità irachene ai controlli dell'UNSCOM: nel dicembre del 1998 una nuova crisi, durante la quale gli Stati Uniti minacciarono l'uso della forza, fu risolta in extremis grazie all'intervento personale del segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, che ottenne la ripresa delle ispezioni. Nonostante quest'ultimo accordo, però, la questione rimase irrisolta, e agli inizi del 1999 gli aerei statunitensi e britannici ripresero le incursioni sul territorio iracheno. Un altro attacco nel febbraio del 2001 sollevò le proteste della maggioranza dei paesi arabi e fu criticata anche da numerosi esponenti dei governi europei, in particolare in Francia e in Germania.
Nel frattempo, dopo il fallimento della missione UNSCOM, l'ONU istituì la missione UNMOVIC (Commissione per il monitoraggio, la verifica e l'ispezione degli armamenti iracheni), che però non ottenne l'autorizzazione del governo iracheno.


Dopo l'attacco terroristico subito dagli Stati Uniti l'11 settembre 2001 il governo di Washington accusò il regime iracheno di produrre armi di distruzione di massa e di collaborare con l'organizzazione terroristica al-Qāʿida, e riprese gli attacchi aerei contro obiettivi strategici e militari iracheni. In seguito all'intensificarsi degli attacchi aerei e all'esplicita minaccia degli Stati Uniti di scatenare una nuova guerra, a settembre l'Iraq consentì la ripresa delle ispezioni dell'ONU. Tuttavia, il presidente statunitense George W. Bush, scettico nei confronti dell'accordo, chiese una nuova risoluzione dell'ONU che autorizzasse un nuovo intervento militare contro il regime di Saddam Hussein; la richiesta di Washington fu tuttavia accolta solo da pochi paesi e da un solo altro membro del Consiglio di sicurezza dell'ONU, la Gran Bretagna.



Seconda guerra del Golfo (2003) |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra d'Iraq.

Il 19 marzo 2003, nonostante l'opposizione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna lanciarono l'attacco contro l'Iraq, sostenuti da una trentina di paesi. La forza di invasione anglo-americana, penetrata nel paese dal sud e dal nord (dove si avvalse del sostegno dei curdi), si impose agevolmente sulla resistenza irachena, arrivando a Baghdad il 9 aprile. Saddam Hussein si diede alla fuga e venne poi catturato nel dicembre successivo nei pressi di Tikrit, la sua città natale, venendo poi condannato a morte da un tribunale ad hoc e impiccato il 30 dicembre 2006.


Il 1º maggio il presidente statunitense Bush proclamò la fine della guerra. Il 22 maggio il Consiglio di sicurezza dell'ONU pose fine alle sanzioni contro l'Iraq e a ottobre l'ONU autorizzava la presenza della forza multinazionale in Iraq e fissò un piano per l'elezione di un Parlamento e la costituzione di un governo, cui sarebbe stata trasferita la sovranità entro il mese di giugno del 2004. A luglio venne instaurato un'Autorità Provvisoria di Coalizione (APC), i cui posti chiave vennero assegnati a membri dell'opposizione rientrati dall'esilio e ai rappresentanti delle comunità curda e sciita.


Nello stesso mese di maggio, L. Paul Bremer, nominato dal Presidente USA G.W. Bush capo dell'APC, emise due decreti miranti a escludere i membri del partito al-Baʿth dal nuovo governo iracheno (APC Order 1) e a sciogliere l'intera struttura militare irachena (APC Order 2),[14],[15] ricca di circa 400 000 elementi, in maggioranza sunniti.[16],[17] La decisione comportò anche il licenziamento di un gran numero di funzionari statali iracheni, inclusi 40 000 insegnanti di scuola che si erano iscritti al Baʿth soltanto per ottenere più facilmente un lavoro retribuito.[15]
Saranno in gran parte gli ex militari rimasti disoccupati e i vecchi quadri dell'amministrazione ba'thista a saldare un'alleanza con gli estremisti religiosi fornendo gli effettivi militari del futuro Stato Islamico.[18],[19],[20],[21]


Le armi di distruzione di massa in Iraq non sono mai state trovate.[22]
Sir John Chilcot, nel rapporto sulla partecipazione britannica al conflitto in Iraq del 2003 e sul ruolo di Tony Blair, ha detto che gli Usa e la Gran Bretagna minarono l'autorità dell'ONU, sottolineando che Tony Blair presentò all'opinione pubblica false prove[23],[24] sul fatto che Saddam Hussein avesse armi di distruzione di massa.[25],

Da parte loro gli Stati Uniti per bocca di Paul Wolfowitz, che è l'inventore della dottrina della guerra preventiva adottata da Bush ha detto che le armi di distruzione di massa furono un pretesto.[26]


Le forze alleate vincitrici incontrarono nei mesi successivi alla conquista del Paese una dura resistenza, condotta per lo più da ex membri del regime ba'thista e da miliziani fondamentalisti iracheni e stranieri (alcuni dei quali più o meno legati ad al-Qāʿida) e costituitosi poi in Stato Islamico.

Perciò l'intervento anglo-americano globalmente ha portato ad una destabilizzazione in Medio Oriente, un progetto di controllo a livello economico e militare delle risorse, soprattutto petrolifere, come aveva previsto Giorgio S. Frankel nel 2002.[27]


Agli inizi del 2004 la diffusione delle immagini delle torture inflitte da alcuni militari statunitensi ai detenuti del carcere di Abū Ghurayb acuirono le tensioni e sollevarono nel mondo una generale riprovazione.

Contemporaneamente alla resistenza contro le truppe straniere e il nuovo governo da queste sostenuto, vi fu anche il risveglio delle tradizionali divisioni religiose e tribali tra la comunità sciita (maggioritaria ma emarginata durante il regime ba'thista) e quella sunnita.

L'esercito degli USA ha perso le traccia di armi e attrezzature per 1 miliardo di dollari in Iraq, a favore del complesso militare industriale che ci guadagna e a danno del contribuente americano, che ci rimette la spesa.
[28]
Il 28 giugno 2004 si instaurò un nuovo governo provvisorio iracheno, presieduto dallo sciita Iyād ʿAllāwī.[29] Il nuovo governo aveva come principale compito quello di preparare lo svolgimento di nuove elezioni e di redigere la nuova carta costituzionale.

Nella comunità sunnita, che svolgeva un ruolo marginale nel processo di transizione, si rafforzò intanto un'ala radicale, che intensificò la sua offensiva guerrigliera e terroristica, con migliaia di attentati mortali e di atti di sabotaggio.



Repubblica d'Iraq (2005 - presente) |



Presenza americana e guerriglia (2005-2011) |


Nel corso del 2005 si svolsero tre tornate elettorali, per eleggere un parlamento incaricato di redigere una costituzione, per approvare la nuova costituzione e per eleggere un nuovo parlamento. Il boicottaggio da parte di gran parte della comunità sunnita e le minacce della guerriglia non impedirono a oltre otto milioni di iracheni (fino ad arrivare a dodici nelle elezioni di dicembre) di recarsi alle urne, consegnando la maggioranza relativa dei seggi in entrambe le elezioni parlamentari al blocco sciita guidato da Ibrāhīm al-Jaʿfarī[30][31] e approvando la nuova carta costituzionale.[32] Ad aprile Jalāl Ṭālabānī, leader dell'Unione Patriottica del Kurdistan, venne invece eletto alla presidenza del paese.[30] e approvando la nuova carta costituzionale.[32]


Nei primi mesi del 2006 si rafforzano le attività guerrigliere contro le forze d'occupazione e si intensifica lo scontro tra le comunità sciita e sunnita, con diversi attentati a moschee che provocano la morte di centinaia di persone.[33] Le ricercate armi di distruzione di massa non vengono trovate, mentre l'ipotesi che il regime iracheno avesse un rapporto di collaborazione con l'organizzazione terroristica di al-Qāʿida viene progressivamente smontata con l'analisi dei documenti iracheni, gli interrogatori di ufficiali di Saddam e la pubblicazione o desecretazione di numerosi rapporti di CIA e Pentagono anche precedenti all'invasione.[34]

All'inizio del 2007 George W. Bush annuncia un forte incremento delle truppe americane in Iraq, come parte della strategia detta "surge", nel corso della quale si cerca anche di coinvolgere maggiormente anche i sunniti, sia nel nuovo regime politico, sia nella lotta contro gli estremisti (e in particolare i "qa'idisti" di al-Jamāʿat al-Tawḥīd wa al-Jihād, detta anche al-Qāʿida in Iraq). Milizie prevalentemente sunnite, alcune delle quali in passato impegnate nella guerriglia contro le truppe straniere, cominciano così a cooperare con gli occupanti e a ricevere da loro finanziamenti.[35] La strategia ha almeno in parte successo, ma nel momento in cui viene terminata alla fine del 2008, molti gruppi sunniti, delusi, si alleano con i ribelli.[36] Nel frattempo alcuni Stati, fra cui il Regno Unito e l'Italia, cominciano il ritiro delle proprie truppe.

Nel 2008 Stati Uniti e Iraq firmano un accordo sullo status delle forze armate nel quale si fissa il ritiro di tutte le truppe americane entro la fine del 2011.

Benché continuino i combattimenti sia contro il governo iracheno e le truppe straniere, sia fra le diverse comunità etnico-religiose, la scadenza viene rispettata e nel 2011 le truppe straniere terminano il ritiro dall'Iraq.[37]



Guerra contro Daesh (2012-2017) |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra civile in Iraq.

A partire dal 2012 l'Iraq subisce le ripercussioni della guerra civile siriana, a causa di un intenso scambio di guerriglieri fra i gruppi islamisti che operano nella Siria orientale e quelli operanti nell'Iraq occidentale (a maggioranza sunnita, dove è forte il risentimento verso il governo di Baghdad, dominato dagli sciiti).[38]
Nel 2013 Abu Bakr al-Baghdadi, leader dello Stato Islamico dell'Iraq fondato nel 2006 come parte della rete di al-Qa'ida, annuncia l'unione del suo gruppo con al-Nusra, il principale movimento islamista della guerriglia siriana. L'unione, respinta dalla maggior parte della dirigenza di al-Nusra e da al-Qaeda, provoca l'allontanamento dalla rete di al-Qaeda del nuovo gruppo, che prende il nome di Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIS o ISIL nella sigla inglese).[39]

All'inizio del 2014 questo gruppo assume il controllo della città di Falluja e di buona parte della provincia irachena occidentale di al-Anbar, oltre che della Siria orientale, e si espande poi fra giugno e luglio a nord e a est, prendendo in particolare le città di Mosul e Tikrit e spingendosi fino al territorio del Kurdistan. In questo periodo, rotti definitivamente i legami con al-Qaeda, proclama la creazione di un califfato universale (o Stato Islamico, IS nella sigla inglese) con a capo il suo leader Abu Bakr al-Baghdadi, che prende il nome di califfo Ibrahim.[40] L'avanzata dell'IS viene frenata dai raid degli Stati Uniti e dalle milizie curde e sciite.[41]

In seguito alle pressioni internazionali a favore di una politica più aperta nei confronti dei sunniti, il primo ministro ad interim Nuri al-Maliki viene sostituito ad agosto da Ḥaydar al-ʿAbādī.[42]

A partire dal 2015, lo Stato Islamico comincia a perdere terreno, e le offensive dell'esercito regolare e delle milizie a esso legate, unitamente ai raid aerei americani e alla pressione sul fronte siriano, portano alla riconquista irachena di diverse aree, incluse le città di Tikrit, Ramadi e Falluja,[43] lasciando sotto il controllo dello Stato Islamico solo l'area di Mosul, considerata la "capitale" del Califfato in Iraq fin dalla sua presa nel 2014.[44] Nell'ottobre del 2016 il governo dà inizio all'offensiva volta a riprendere Mosul, che si prolunga nei mesi successivi.[45][46]


Il 9 Dicembre 2017 il premier al-'Abadi dichiara ufficialmente vinta la guerra al Daesh.



Ordinamento dello Stato |


Secondo la Costituzione del 2005, l'Iraq è una repubblica parlamentare, federale, democratica, islamica. L'esigenza di un equilibrio tra le comunità si è riflessa nella spartizione delle tre principali cariche dello Stato, che, seppur non formalmente prevista nella costituzione, è considerata parte fondamentale dell'accordo fra le tre principali comunità del Paese:



  • il Presidente della repubblica, carica per lo più onorifica, attribuita a un curdo,

  • il Primo Ministro, scelto all'interno della comunità sciita,

  • il Presidente del parlamento, sunnita.


Per i primi due mandati (cioè fino al 2014) la Costituzione stabiliva che il Presidente fosse affiancato da un Consiglio di Presidenza del quale facevano parte anche un Vice Presidente sciita e uno sunnita. Allo stesso modo i due Vice Presidenti del Parlamento sono uno sciita e un curdo, mentre i Vice Primo Ministro erano tre, un sunnita, uno sciita e un curdo, fino all'abolizione della carica nell'agosto 2015[47]


Il potere legislativo è attribuito al Parlamento, attualmente (2015) composto da 328 membri eletti su base proporzionale.



Rivendicazioni territoriali |


La rivendicazione del Khuzistan, popolato da arabi e ricco di petrolio, scatenò la guerra Iran-Iraq. La rivendicazione del Kuwait come diciannovesima provincia scatenò la guerra del Golfo. Altri potenziali conflitti con l'Arabia Saudita su aree desertiche di confine potenzialmente petrolifere furono invece appianati molti anni fa con la creazione di zone neutrali.



Suddivisioni amministrative |


L'Iraq è suddiviso in 18 governatorati dal 1976. Dal 2005 è prevista l'istituzione di regioni (su base etnico-religiosa); tuttavia l'unica istituita è il Kurdistan, e solo su tre delle cinque province rivendicate dai curdi (in contrasto con sunniti e turcomanni). Altre nove province dovrebbero far parte della regione sciita, ma gli sciiti sono in contrasto con i sunniti sul controllo della capitale.



Governatorati |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Governatorati dell'Iraq.

I Governatorati dell'Iraq (numerati)



  1. Baghdād (بغداد)


  2. Ṣalāḥ al-Dīn (صلاح الدين)


  3. Diyālā (ديالى)


  4. Wāsiṭ (واسط)


  5. Maysān (ميسان)


  6. al-Baṣra (البصرة)


  7. Dhī Qār (ذي قار)


  8. al-Muthannā (المثنى)


  9. al-Qādisiyya (القادسية)


  10. Bābil (Babilonia) (بابل)


  11. Karbalāʾ (كربلاء)


  12. al-Najaf (النجف)


  13. al-Anbār (الأنبار)


  14. Nīnawā (Ninive) (نينوى)


  15. Dahūk (دهوك)


  16. Arbīl (o Irbīl) (اربيل)


  17. Kirkūk (كركوك)


  18. al-Sulaymāniyya (السليمانية)



Città principali |


Baghdad (la capitale), Ba'quba, Bassora, Falluja, Karbala, Kirkuk, Mosul, Najaf, Nāṣiriya, Samarra.



Istituzioni |



  • Ordinamento scolastico

  • Sistema sanitario

  • Forze armate



Giustizia |


L'attuale sistema giuridico è in parte basato sulla legge islamica, la tradizione giuridica irachena e la legislazione occidentale.
Durante il regime di Saddam è stata in vigore la pena di morte per molti reati, anche non violenti; veniva inoltre praticata legalmente la tortura. La pena di morte, abolita durante il protettorato americano, è stata poi ripristinata dal nuovo governo iracheno nel 2005 per reati come l'omicidio, lo stupro, il terrorismo, il traffico di droga e i crimini contro l'umanità; l'ex dittatore Saddam Hussein è stato giustiziato tramite impiccagione nel 2006 per quest'ultimo crimine.



Politica |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Politica dell'Iraq.

In seguito al rovesciamento nel 2003 del regime di Saddam, dominato dai sunniti, il Paese si è dotato di una costituzione di tipo federale, che ha assicurato ampia autonomia nei rispettivi territori ai tre grandi gruppi etnico-religiosi del Paese, vale a dire i sunniti, gli sciiti e i curdi. Questo nuovo assetto ha ricevuto critiche soprattutto da parte della comunità sunnita, sia perché minerebbe l'unità del Paese, sia perché, essendo le aree petrolifere concentrate nelle zone a maggioranza sciita e curda, con un assetto federale la comunità sunnita è esclusa dai proventi di questa preziosa risorsa.[48] Le tre cariche federali di maggiore importanza sono divise su base etnica: sebbene non specificato dalla costituzione, è accettata l'idea che la Presidenza del Paese spetti ad un curdo, la carica di primo ministro a uno sciita e quella di speaker del Consiglio dei Rappresentanti (il parlamento iracheno) a un sunnita.[49]

La comunità curda gode di ampia autonomia nell'ambito del Governo Regionale del Kurdistan (del quale non fanno però parte alcune aree a maggioranza curda), disponendo di un parlamento e un governo autonomi nonché di una milizia indipendente i cui membri sono detti peshmerga.[50][51]

La comunità sciita, la più numerosa, si trova dalla caduta di Saddam al centro della vita politica irachena, anche a causa della forte astensione dei sunniti nelle elezioni. Ciò ha fatto sì che i legami fra l'Iraq e il vicino Iran (Paese sciita) si rafforzassero progressivamente nel corso degli anni, portando a una significativa cooperazione anche sul piano militare: dal 2014 l'Iran sostiene infatti l'Iraq nella lotta contro lo Stato Islamico anche con l'invio di consulenti militari e membri delle forze speciali.[52][53]



Elezioni recenti |


Le prime elezioni parlamentari democratiche del dopo Saddam si svolgono il 15 gennaio 2005 e vengono boicottate dalla comunità sunnita. Il nuovo parlamento, eletto col compito di stendere una nuova costituzione, elegge Presidente ad aprile il curdo Jalāl Ṭālabānī, e poche settimane dopo nomina primo ministro lo sciita Ibrāhīm al-Jaʿfarī, leader della lista maggioritaria.


Risultati delle elezioni del gennaio 2005


































Partito
Seggi
Note
Alleanza Irachena Unita 140 sciita, religiosa, guidata da Ibrāhīm al-Jaʿfarī
Alleanza del Kurdistan 75 curda, guidata da Masʿūd Bārzānī e Jalāl Ṭālabānī, alleanza dei due principali partiti curdi
Lista Iraqena 40 sciita, laica, guidata dal primo ministro in carica Iyad Allawi
Altri 20
Totale 275
Fonte: Congressional Research Service

Dopo l'approvazione della nuova costituzione con un referendum a ottobre 2005, a dicembre si svolgono nuove elezioni, alle quali stavolta partecipano anche i sunniti: la nuova coalizione sunnita Fronte dell'Accordo Iracheno conquista 44 seggi chiedendo il ritiro delle truppe straniere e l'interruzione della politica di de-baʿthificazione, che colpiva soprattutto i sunniti, dal momento che questi costituivano la maggioranza dell'esercito e dell'amministrazione del deposto regime. Dopo mesi di negoziazioni, a maggio le quattro coalizioni arrivate in testa raggiungono un accordo di governo e lo sciita Nūrī al-Mālikī, dell'Alleanza Irachena Unita, viene nominato Primo ministro. Nel frattempo ad aprile Ṭālabānī era stato rieletto presidente.[31]


Risultati delle elezioni del dicembre 2005












































Partito
Seggi
Note
Alleanza Irachena Unita 128 sciita, religiosa, guidata dal primo ministro in carica Ibrāhīm al-Jaʿfarī, include il movimento di Moqtadā al-Ṣadr
Alleanza del Kurdistan 53 curda, guidata da Masʿūd Bārzānī e Jalāl Ṭālabānī, alleanza dei due principali partiti curdi
Lista Irachena 25 non confessionale, guidata dall'ex primo ministro Iyād ʿAllāwī
Fronte dell'Accordo Iracheno 44 sunnita
Fronte Iracheno Nazionale del Dialogo 11 sunnita
Altri 14
Totale 275
Fonte: Congressional Research Service

Il 7 marzo 2010 si tengono nuove elezioni, in seguito alle quali Nūrī al-Mālikī viene confermato Primo ministro alla guida di un governo sostenuto da tutti i principali blocchi e composto da sciiti, sunniti e curdi.[54]


Risultati delle elezioni del 2010







































Partito
Seggi
Note
Iraqiya 91 non confessionale, guidato dall'ex Primo ministro Iyād ʿAllāwī
Coalizione Stato di Diritto 89 sciita, religiosa, guidata dal Primo ministro in carica Nūrī al-Mālikī, corrisponde al partito Daʿwa
Alleanza Nazionale Irachena 70 sciita, religiosa, guidata dall'ex Primo ministro Ibrāhīm al-Jaʿfarī, include il movimento di Muqtadā al-Ṣadr e gli altri partiti dell'ex Alleanza Irachena Unita, eccetto il partito Daʿwa
Alleanza del Kurdistan 43 curda, guidata da Masʿūd Bārzānī e Jalāl Ṭālabānī, alleanza dei due principali partiti curdi
Altri 32
Totale 325
Fonte: nytimes.com

Le elezioni del 30 aprile 2014 hanno visto la vittoria della coalizione sciita Stato di Diritto del Primo ministro in carica al-Mālikī. Per la prima volta i due principali partiti politici del Kurdistan iracheno (Partito Democratico del Kurdistan e Unione Patriottica del Kurdistan) corrono separatamente alle elezioni nazionali, ottenendo rispettivamente 25 e 21 seggi.[55][56]


Risultati delle elezioni del 2014
































































Partito
Seggi
Note
Coalizione Stato di Diritto 92 sciita, guidato dal Primo ministro Nūrī al-Mālikī
Movimenti sadristi 34 sciiti, anti-statunitensi, vari movimenti legati a Muqtadā al-Ṣadr
Al-Muwatin 31 sciita
Muttahidun 28 sunnita
Al-Wataniya 21 non confessionale, guidato dall'ex Primo ministro Iyād ʿAllāwī
Partito Democratico del Kurdistan 25 curdo, guidato dal Presidente del Kurdistan Iracheno Masʿūd Bārzānī
Unione Patriottica del Kurdistan 21 curdo, socialdemocratico, guidato dal Presidente iracheno Jalāl Ṭālabānī
Coalizione Al-Arabiya 10 sunnita
Movimento per il Cambiamento (Gorran) 9 curdo
Altri 57
Totale 328
Fonte: ISW

Nel luglio successivo il curdo Fūʾād Maʿṣūm (membro dell'Unione Patriottica del Kurdistan) viene eletto presidente, mentre le negoziazioni per la formazione del nuovo governo si trascinano per mesi nonostante l'ingombrante problema dell'avanzata dello Stato Islamico.[57] L'11 agosto il presidente affida l'incarico di formare un governo allo sciita Ḥaydar al-ʿAbādī, ma il rifiuto di al-Mālikī di lasciare il posto al suo compagno di partito e la sua decisione di fare ricorso contro quella che reputa una violazione della costituzione, rischia di provocare una profonda crisi politica in un momento estremamente delicato per il Paese. Tre giorni dopo al-Mālikī, di fronte alle proteste dei suoi alleati politici e dei leader mondiali, accetta di farsi da parte, e l'8 settembre al-ʿAbādī riceve la fiducia del parlamento e diventa ufficialmente Primo ministro. Le pressioni internazionali per la sostituzione di al-Mālikī fanno in particolare riferimento all'incapacità del suo governo di far fronte all'avanzata dello Stato Islamico (la lotta al quale è in effetti di fatto demandata dall'esercito in rotta alle milizie curde e sciite) e di avviare una politica inclusiva nei confronti delle minoranze (e in particolar modo di quella sunnita) così da ampliare il consenso verso lo Stato e ridurre il supporto nei confronti dei guerriglieri gihadisti.[58][59]



Economia |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Economia dell'Iraq.

L'economia dell'Iraq si basa fortemente sull'esportazione di petrolio (nazionalizzato nel 1972) che comprende i 2/3 delle esportazioni; queste però non bastano a equilibrare la bilancia commerciale.


L'agricoltura è tradizionalmente assai sviluppata, grazie all'abbondanza d'acqua, anche se strategicamente condizionata dalle decisioni della Turchia (GAP: Progetto per l'Anatolia Sud-orientale), che controlla l'alto corso del Tigri e dell'Eufrate.


L'industria, comunque non particolarmente sviluppata, ha subito i maggiori danni dai conflitti bellici.


Il turismo, soprattutto culturale e archeologico, è stato virtualmente azzerato dai continui conflitti bellici.


I mercati cittadini, e la negoziazione del prezzo dei beni, sono la forma comune di commercio.



Cultura |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Cultura dell'Iraq.

Negli ultimi mille anni, tutto ciò che ora si considera iracheno deriva in realtà da cinque aree culturali:



  • cultura curda nel nord, con centro ad Arbil;

  • cultura degli arabi musulmani sunniti nella regione centrale attorno a Baghdad;

  • cultura degli arabi musulmani sciiti nel sud, con centro a Bassora;

  • cultura assira, prevalentemente cristiana, sparsa in varie città del nord;

  • cultura degli arabi della palude, detti Madhan, un popolo nomade che vive nelle terre paludose situate nel sud del Paese, alla confluenza fra Tigri ed Eufrate.



Musica |


L'Iraq è musicalmente conosciuto soprattutto per uno strumento chiamato ʿūd (liuto) e per il rabāb (simile ad un violino); i più noti musicisti che utilizzano questi strumenti sono rispettivamente Ahmad Mukhtār e l'assiro Munīr Bashīr. Fino alla caduta di Saddam Hussein, l'emittente radiofonica più popolare era la Voce della Gioventù. Trasmetteva un mix di rock occidentale, hip hop e musica pop, tutto importato attraverso il Giordano a causa delle sanzioni economiche internazionali. Tra i più popolari vi erano soprattutto i Corrs e i Westlife. L'Iraq produsse inoltre un importante pop star pan-araba, ora in esilio: Kazem El-Saher, le cui canzoni includono "Ladghat e-Hayya", vietata per il tenore dei suoi testi.



Arte |


Tra il XX secolo e il XXI secolo in campo artistico l'Iraq si è affermata in campo internazionale con l'architetto Zaha Hadid, prima donna a ricevere il prestigioso Premio Pritzker nel 2004.



Produzione letteraria |


Una delle più note esponenti della poesia araba del XX secolo fu l'irachena Nazik al-Mala'ika (1922-2007), che tratta nelle sue opere, tra l'altro, le condizioni femminili nel mondo arabo.



Media |



  • Al Iraqia - canale televisivo satellitare e terrestre pubblico


Sport |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Sport in Iraq.


Note |




  1. ^ abc Constitution of Iraq


  2. ^ (EN) Population growth rate, su CIA World Factbook. URL consultato il 28 febbraio 2013.


  3. ^ Dati dal Fondo Monetario Internazionale, ottobre 2013


  4. ^ Tasso di fertilità nel 2010, su data.worldbank.org. URL consultato il 12 febbraio 2013.


  5. ^ http://cabinet.gov.krd/a/i.aspx?l=12&s=040000


  6. ^ abc The World Factbook


  7. ^ UNHCR - Statistics on Displaced Iraqis around the World, September 2007


  8. ^ ab The World Factbook, su www.cia.gov. URL consultato il 6 gennaio 2016.


  9. ^ ab Iraq - Scheda Paese - De Agostini Geografia - DeA WING - società, economia, lavoro, religione, moneta, risorse, governo, geopolitica, industria, PIL, turismo, giustizia, confini, nazione, capitale, densità di popolazione, divisione amministrativa, statistiche, informazioni utili, su www.deagostinigeografia.it. URL consultato il 6 gennaio 2016.


  10. ^ The Assault on Christians, and Hope, in Iraq - WSJ


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  14. ^ La guerra USA contro l’Iraq. James Petras. Voltaire. New York. 20 settembre 2009.


  15. ^ ab (EN) James Pfiffner, US Blunders in Iraq: De-Baathification and Disbanding the Army (PDF), in Intelligence and National Security, vol. 25, nº 1, February 2010, pp. 76–85, DOI:10.1080/02684521003588120. URL consultato il 16 dicembre 2013.


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  17. ^ (EN) Michael R. Gordon, Fateful Choice on Iraq Army Bypassed Debate, New York Times, 17 marzo 2008.


  18. ^ I tre errori principali di Obama (soprattutto in Medioriente). Giuseppe Santulli. AGI. Estero. 19 gennaio 2017.


  19. ^ (EN) Isis: Five US mistakes which led to the rise of Islamic State


  20. ^ George W Bush ha creato l'Isis. Il Sussidiario. Esteri. 14 maggio 2015.


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  23. ^ Tony Blair si scusa per la guerra all’Iraq, ma lui e Bush hanno costruito la «pistola fumante» di Saddam. Alberto Negri. Il Sole 24 ore. Analisi. 26 ottobre 2015


  24. ^ Le armi di distruzione di massa erano una bugia. Il Post. 16 febbraio 2011.


  25. ^ La svolta di Tony Blair sull'Iraq: "Io e Bush abbiamo sbagliato". Enrico Franceshini. Repubblica. Esteri. 26 ottobre 2015. come


  26. ^ Iraq, ora gli Usa ammettono "Le armi furono un pretesto". Vanna Vannuccini. Repubblica. Esteri. 30 maggio 2003.


  27. ^ Alla vigilia di una grande guerra in Medio Oriente. Giorgio S. Frankel. Seminario del 23 settembre 2002: «11 settembre, un anno dopo. Centro Einaudi. Agenda Liberale. 25 Settembre 2002


  28. ^ L'esercito degli USA ha perso le traccia di armi e attrezzature per 1 miliardo di dollari in Iraq. L'Antidiplomatico. News. 25 maggio 2017.


  29. ^ US hands back power in Iraq, news.bbc.co.uk, 28 giugno 2004. URL consultato il 18 giugno 2015.


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  40. ^ Il califfo dell'Isis Baghdadi appare a Mosul,obbeditemi, ANSA.it, 6 luglio 2014. URL consultato il 19 giugno 2015.


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  42. ^ Iraq, il nuovo primo ministro Haider al Abadi promette di "ricostruire e riformare" l'esercito iracheno per sconfiggere l'ISIS, huffingtonpost.it, 14 agosto 2014. URL consultato il 17 agosto 2014.


  43. ^ http://www.corriere.it/esteri/16_luglio_02/isis-califfato-sta-cambiando-pelle-ma-piu-vivo-che-mai-1adae28a-4020-11e6-9b09-25e75ee8bd2e.shtml


  44. ^ http://www.haaretz.com/middle-east-news/isis/iraq/1.729093


  45. ^ Guido Olimpio e Marta Serafini, Iraq, iniziata l’offensiva dell’esercito per liberare Mosul dall’Isis, in Corriere della Sera. URL consultato il 23 febbraio 2017.


  46. ^ Mosul, scatta l’offensiva finale: “Spazzeremo via Al Baghdadi”, su LaStampa.it. URL consultato il 23 febbraio 2017.


  47. ^ Shiite Power Struggle in Iraq Threatens Prime Minister's Overhaul of Government - WSJ


  48. ^ Al Qaeda e sunniti contro il federalismo Proclamato "Lo Stato islamico dell'Iraq" - esteri - Repubblica.it


  49. ^ Iraq | Paesi | Geopolitico


  50. ^ Krg Italia Governo


  51. ^ Il Kurdistan iracheno in “Atlante Geopolitico 2014” – Treccani


  52. ^ Notizie di esteri del Corriere della Sera


  53. ^ Gli obiettivi dell'Iran in Iraq - Limes


  54. ^ The 2010 Iraqi Parliamentary Elections, nytimes.com, 26 marzo 2010. URL consultato il 19 giugno 2015.


  55. ^ Nouri al-Maliki, Iraq's prime minister, emerges biggest election winner, cbc.ca, 19 maggio 2014. URL consultato il 19 giugno 2015.


  56. ^ Final 2014 Iraqi National Elections Results by Major Political Groups, Institute for the Study of War, 19 maggio 2014. URL consultato il 19 giugno 2015.


  57. ^ Iraq, parlamento elegge presidente “veterano” curdo Masum, internazionale.it, 24 luglio 2014. URL consultato il 19 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 19 giugno 2015).


  58. ^ Iraq, al-Maliki sosterrà al-Abadi. Gli Usa elogiano la decisione: un passo avanti verso l'unità, ilsole24ore.it, 14 agosto 2014. URL consultato il 19 giugno 2015.


  59. ^ Iraq. Via libera al nuovo governo di Haider al-Abadi, rainews.it, 8 settembre 2014. URL consultato il 19 giugno 2015.



Voci correlate |



  • Linea di successione al trono dell'Iraq

  • Regno dell'Iraq

  • Insurrezione anti-britannica in Iraq (1920)

  • Guerra Iran-Iraq

  • Guerra del Golfo

  • Seconda Guerra del Golfo

  • Politica dell'Iraq

  • Ali Adnan Amer

  • Turkmeneli

  • Democrazia islamica



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Collegamenti esterni |



  • (EN) Iraq - Information portal, con mappa interattiva.


  • Scheda dell'Iraq dal sito Viaggiare Sicuri - Sito curato dal Ministero degli Esteri e dall'ACI

  • (ARKU) Sito web del governo di transizione, su cabinet.iq.

  • (EN) Iraq News., su HavenWorks.com.


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