Regno Lombardo-Veneto
Regno Lombardo-Veneto | |||||
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Motto: A.E.I.O.U. (Austriae Est Imperare Orbi Universo "Spetta all'Austria governare sul Mondo") | |||||
Dati amministrativi | |||||
Nome ufficiale | Regno Lombardo-Veneto Königreich Lombardo-Venetien | ||||
Lingue ufficiali | italiano | ||||
Lingue parlate | veneto, lombardo, ladino e friulano all'interno dello stato tedesco nei rapporti tra Lombardo-Veneto e Impero[1] | ||||
Inno | Inno Imperiale | ||||
Capitale | Milano (1815-1859) Venezia (1859-1866) | ||||
Dipendente da | Austria | ||||
Politica | |||||
Forma di governo | Monarchia assoluta | ||||
Re | Imperatori d'Austria | ||||
Organi deliberativi | Congregazioni Centrali | ||||
Nascita | 1815 con Francesco I d'Austria | ||||
Causa | Congresso di Vienna | ||||
Fine | 1866 con Francesco Giuseppe I d'Austria | ||||
Causa | Terza guerra di indipendenza | ||||
Territorio e popolazione | |||||
Bacino geografico | Italia nord-orientale | ||||
Territorio originale | Lombardia e Veneto[2] | ||||
Massima estensione | 46 991 km² nel 1848 | ||||
Popolazione | 6 357 800 nel 1848 | ||||
Economia | |||||
Valuta | Lira austriaca[3] | ||||
Risorse | marmo, vite | ||||
Produzioni | cereali, riso, vino, armi, seta | ||||
Commerci con | Impero austriaco, Regno di Sardegna, Confederazione Elvetica, Ducato di Parma, Ducato di Modena, Stato Pontificio, Granducato di Toscana | ||||
Esportazioni | cereali, riso, vino, armi, seta | ||||
Importazioni | spezie, oro | ||||
Religione e società | |||||
Religioni preminenti | Cattolicesimo | ||||
Religione di Stato | Cattolicesimo | ||||
Classi sociali | Clero, patrizi, nobili, popolo | ||||
Evoluzione storica | |||||
Preceduto da | Regno d'Italia | ||||
Succeduto da | Regno d'Italia | ||||
Ora parte di | Italia | ||||
Il Regno Lombardo-Veneto fu uno Stato dipendente dall'Impero austriaco concepito dal cancelliere Klemens von Metternich all'inizio della Restaurazione seguita al crollo dell'impero napoleonico, la cui nascita venne sancita nel 1814 dal Congresso di Vienna. Il Lombardo-Veneto perse quasi tutta la Lombardia (eccetto Mantova e la riva sinistra del Mincio) nel 1859, quando questa venne annessa al Regno di Sardegna al termine della seconda guerra d'indipendenza italiana, ma il Regno cessò di esistere nel 1866 con l'annessione del Veneto, della provincia di Mantova e del Friuli al Regno d'Italia sancita dal Trattato di Vienna.
Indice
1 Origine del nome
2 Storia
2.1 La sconfitta napoleonica in Italia
2.2 La genesi del Regno
2.3 L'istituzione del Regno
2.4 Governi e province
2.5 La marginalizzazione del patriziato locale
2.6 La controversa questione della stabilità politica
2.7 Riduzione e cessazione del Regno
3 Economia
4 Trasporti e comunicazioni
5 Governanti del Regno: Re, Viceré e Governatori
5.1 Cariche essenziali di governo
5.2 Sovrani
5.3 Viceré
5.4 Governatori o Luogotenenti
5.4.1 Lombardia
5.4.2 Veneto
6 Geografia antropica ed amministrazione
6.1 Suddivisioni amministrative
6.2 La questione della "capitale"
7 Ordinamento giudiziario
7.1 Il Senato di Giustizia
7.2 L'amministrazione della giustizia
7.3 La magistratura contabile
8 Esercito del Regno Lombardo-Veneto
9 Religione
10 Lingue del Regno
11 Pesi e misure
11.1 Misure di lunghezza
11.2 Misure agrimensorie o di superficie
11.3 Misure di capacità per liquidi
11.4 Pesi
12 Monetazione e francobolli
12.1 Numismatica lombardo-veneta
12.2 Filatelia lombardo-veneta
13 Note
14 Bibliografia
15 Voci correlate
16 Altri progetti
17 Collegamenti esterni
Origine del nome |
Il nome di Regno Lombardo-Veneto fu istituito dall'Impero austriaco il 7 aprile 1815 nelle aree riunite della Lombardia e del Veneto, ricevute grazie alle decisioni del Congresso di Vienna. In precedenza e per secoli, la Lombardia era stata divisa fra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia (più la Valtellina contesa coi Grigioni), mentre il Veneto (che comprendeva anche il Friuli e l'Istria) era interamente compreso nei territori della Repubblica di Venezia.
Lombardia e Veneto divennero così le due parti di una nuova entità statale bicefala, in quanto all'interno non mancavano differenti aspetti amministrativi per motivi di eredità storica tra la radicata società veneta di stampo repubblicano e la patriziale Milano di stampo monarchico.
Il nome venne scelto all'esito di un, non breve, dibattito. Gli austriaci (o i loro alleati) non vollero conservare il nome scelto da Napoleone, Regno d'Italia. Vi sono prove che si prese in considerazione la dizione Ost- und Westitalien (Italia orientale e occidentale), e perfino Österreichisches Italien (Italia austriaca). Vennero infine scartate dizioni eccessivamente legate a una delle due capitali o regioni: d'altra parte, Milano e le Venezie non erano mai state unite sotto un unico governo sin dall'arrivo dei Longobardi. Non esisteva quindi alcun termine per definire unitariamente i due territori.
Si preferì quindi pronunciarle entrambe, con l'intento di stimolare un senso di avvicinamento che rendesse possibile un futuro unitario tra le popolazioni lombarde e quelle venete, e anche per ridurre il senso di appartenenza storica delle stesse. La difficile onomastica segnalava bene, tuttavia, l'artificiosità della nuova creazione amministrativa.
Storia |
La sconfitta napoleonica in Italia |
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Il 20 agosto 1813 l'Austria dichiarò guerra a Napoleone, reduce dalla disastrosa campagna di Russia e abbandonato dai prussiani. Essa costituì un'armata per invadere l'Italia affidata al feldmaresciallo Heinrich Bellegarde, che fu sconfitto dall'esercito del Regno d'Italia del Viceré Eugenio di Beauharnais sul Mincio l'8 febbraio 1814.
Nei due mesi successivi la posizione di Beauharnais peggiorò però sensibilmente, a causa del passaggio del Regno di Napoli di Gioacchino Murat all'alleanza con l'Austria l'11 gennaio, del successo della parallela offensiva austro-prussiana sulla Francia che portò il 31 marzo all'occupazione di Parigi e il 6 aprile all'abdicazione di Napoleone, e di una congiura anti-francese a Milano, sostenuta dalla meglio nobiltà milanese, che sfociò il 20 aprile nel saccheggio del Senato e nel massacro del ministro Giuseppe Prina: fu così che il 23 aprile il Viceré dovette firmare a Mantova la capitolazione[4]. Il 26 aprile il commissario austriaco Annibale Sommariva prendeva possesso della Lombardia a nome del feldmaresciallo Bellegarde, e il 28 aprile Milano veniva occupata da 17.000 soldati austriaci.
Il 25 maggio Bellegarde sciolse la Reggenza del Regno d'Italia, che cessava di esistere, e assunse i poteri come Commissario plenipotenziario delle province austriache in Italia per il nuovo sovrano, l'Imperatore Francesco I d'Asburgo. Il 12 giugno assunse la carica di Governatore generale in conseguenza dell'annessione della Lombardia già milanese all'Impero, proclamata il giorno stesso.
La genesi del Regno |
La caduta di Napoleone avrebbe dovuto, nei piani delle Potenze vincitrici, riportare l'Europa a quella che era prima del 1789, sennonché la profondità dei cambiamenti portati dalla conquista francese, unita ad alcuni vantaggi territoriali che qua e là le antiche dinastie avevano ottenuto negli ultimi cinque lustri, consigliarono l'apertura a Vienna di un Congresso per la risistemazione dell'Europa.
L'Austria poteva riannettere sotto il suo governo diretto territori che le appartenevano da lunga data per dominio diretto, cioè Trento, Trieste e Gorizia, o indiretto, come l'antico Ducato di Milano (Milano, Como, Cremona, Lodi, Pavia) e il connesso Ducato di Mantova - annessione sancita giuridicamente il 12 giugno da un proclama di Bellegarde, ripetitivo di una sanzione imperiale del giorno 7 - ma, differentemente, l'antica Repubblica di Venezia, per la quale l'unico diritto risaliva al disconosciuto Trattato di Campoformio (1797), non poteva avere medesima sorte: lì l'annessione allo stato austriaco era legittimata unicamente dall'accordo delle potenze vincitrici al Congresso di Vienna, che fu ottenuto solo a fronte della rinuncia ai diritti dinastici degli Asburgo sui Paesi Bassi cattolici (l'attuale Belgio). Per comprendere l'utilità per Vienna dello scambio, basti ricordare il classico argomento del Carlo Cattaneo, il quale sempre sostenne che dal Lombardo-Veneto Vienna traeva «un terzo delle gravezze dell'impero, benché facessero solo un ottavo della popolazione»[5].
Ben sintetizzò la situazione Giuseppe Martini[6]: «Apertesi le trattative intorno alle cose d'Italia, e volendo quivi, siccome ne faceva pubblica promessa il congresso viennese, incominciare le sue decisioni da un grande atto di giustizia, statuì che l'Austria rientrerebbe in possesso di Milano e di Mantova; acquisterebbe altresì gli Stati veneti di terraferma con la giunta di alcuni territorii che, per antichi accordi fra i potentati italiani, appartennero un tempo agli Stati di Parma e di Ferrara; acquisterebbe ancora, non solo le terre della Valtellina con le contee di Bormio e di Chiavenna, siti molto opportuni a sopravvedere dappresso le cose della Svizzera, ed in caso di bisogno, introdurvi dissensioni, ma più lungi, in fondo alla Dalmazia, quelle che una volta componevano la repubblica di Ragusi».
I territori già veneti sulla costa orientale adriatica furono dunque aggregati direttamente all'Austria, ma Milano e Venezia erano tradizionalmente legittimate, per antica consuetudine, a godere di governi autonomi (anche se, nel caso di Milano, sotto sovrano straniero). Occorreva quindi riorganizzare tali territori in una entità amministrativa apparentemente autonoma, anche se unita all'Austria dalla persona del sovrano. La soluzione scelta fu di creare un unico Regno con una capitale e due governi, cui venne dato il nome di Regno Lombardo-Veneto.
L'istituzione del Regno |
Il 7 aprile 1815 veniva annunciata la costituzione degli Stati austriaci in Italia in un nuovo Regno del Lombardo-Veneto. Esso veniva costituito in base al Trattato di Vienna aggregando i territori dei soppressi Ducato di Milano, Ducato di Mantova, Dogado e Domini di Terraferma della Repubblica di Venezia, oltre alla Valtellina già parte della Repubblica delle Tre Leghe, e all'Oltrepò ferrarese già pontificio, mentre lo Stato da Mar, già sottoposto alla Serenissima, ne fu invece escluso incorporandolo direttamente ai territori dell'Impero.
Il Regno fu affidato a Francesco I d'Asburgo-Lorena, Imperatore d'Austria e re del Lombardo-Veneto. Il re e imperatore avrebbe governato attraverso un Viceré, con residenza a Milano e a Venezia, nella persona dell'Arciduca Ranieri, nato in Toscana e fratello minore dell'imperatore.
Lombardia e Veneto, separate dal Mincio, ebbero ciascuna un proprio Consiglio di Governo, affidato a un Governatore, e distinti organismi amministrativi detti Congregazioni Centrali, alle cui dipendenze stavano le amministrazioni locali, tra cui le Congregazioni Provinciali e le Congregazioni Municipali; le due regioni furono rispettivamente organizzate in 9 e 8 province o delegazioni[7].
Le competenze del Governatore, attraverso il Consiglio di Governo, erano assai ampie e riguardavano: censura, amministrazione generale del censo e delle imposizioni dirette, direzione delle scuole, lavori pubblici, nomine e controllo delle Congregazioni Provinciali. Oltre, naturalmente, al comando dell'esercito imperiale stanziato nel Regno, che, negli anni successivi si sarebbe occupato soprattutto di garantire l'ordine pubblico.
L'amministrazione finanziaria e di polizia, infine, era sottratta al Consiglio di Governo e attribuita direttamente al governo Imperiale a Vienna, che agiva attraverso un Magistrato camerale (Monte di Lombardia, zecca, lotto, intendenza di finanza, cassa centrale, fabbricazione di tabacchi ed esplosivi, uffici delle tasse e dei bolli, stamperia reale, ispettorato dei boschi e agenzia dei sali), un Ufficio della Contabilità, una Direzione generale della Polizia.
Considerata la eccezionale centralizzazione del potere nelle mani del Governatore, nominato da Vienna, e del governo imperiale, ben si comprende come il ruolo del Viceré fosse assai marginale, ridotto a mera rappresentanza. A tal fine egli manteneva splendidi palazzi, ove teneva corte.
Governi e province |
Capitale | Popolazione capitale | Popolazione provincia |
---|---|---|
Sondrio | 3.374 | 83.451 |
Como | 7.769 | 335.060 |
Milano | 124.647 | 463.477 |
Pavia | 21.351 | 146.368 |
Lodi | 14.882 | 197.532 |
Bergamo | 29.469 | 315.186 |
Brescia | 32.911 | 323.738 |
Cremona | 26.876 | 175.815 |
Mantova | 23.340 | 239.436 |
Capitale | Popolazione capitale | Popolazione provincia |
---|---|---|
Verona | 60.000 | 277.849 |
Rovigo | 7.000 | 135.625 |
Padova | 47.000 | 290.514 |
Vicenza | 30.000 | 297.547 |
Belluno | 8.000 | 122.840 |
Treviso | 15.000 | 232.732 |
Venezia | 109.927 | 249.157 |
Udine | 18.000 | 350.974 |
La marginalizzazione del patriziato locale |
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Questa voce o sezione sull'argomento storia d'Italia non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti. |
Tutte le alte cariche del Regno erano naturalmente di nomina regia, mai elettive. È questo uno dei motivi per cui esse erano in gran parte affidate ad austro-tedeschi; tutti austro-tedeschi furono i governatori, la grandissima parte degli ufficiali stanziati in Italia (mentre la truppa rispecchiava l'eterogenea composizione delle popolazioni dell'impero) e il Viceré: i forestieri godevano, quindi, del controllo quasi assoluto sulla vita del Regno. Famoso, a tal proposito, un colloquio del 1832 fra il nobile lombardo Paolo de' Capitani e Metternich: "Che necessità c'è di far occupare ogni posto notevole da Tirolesi e da sudditi di altre province?"[9][10]. Nonostante ciò, non vi era un reale clima di tensione tra le due, ragionando per nazioni, nazionalità.
"Abita in questo paese un popolo ben fatto ed intelligente, distinto più
per le doti della fantasia che per la profondità d'ingegno. E perciò
è desso la culla delle arti belle, comechè non v'abbia anche
penuria di pensatori, d'uomini profondi di colossale dottrina."
"Fra tutti i rimproveri che si fanno al governo austriaco, il più erroneo ed infondato è quello che fosse offesa o maltrattata la nazionalità."
(Karl Schönhals, Memorie della guerra d'Italia degli anni 1848-1849)
Situazione analoga si può ritrovare all'epoca di Maria Teresa d'Austria, quando si era cercato di far compenetrare molto di più austriaci e italiani nell'amministrazione dei domini di possesso imperiale, legando simultaneamente la nazione alla corona dell'Imperatrice. Ovviamente questa era la linea che inizialmente si era proposta la commissione del Congresso di Vienna del 1815, anche se le condizioni cambiarono leggermente dai moti del 1820-21. C'è comunque da sottolineare il fatto che le autorià austriache registrarono una situazione non molto preoccupante, se vista con i loro occhi, durante i disordini degli anni '20.
"A malgrado di tutti i maneggi della società segrete, lo spirito pubblico nel Regno Lombardo-Veneto non poteva dirsi ancora del tutto guasto. Il governo contava ancora in tutte le classi numerosi aderenti. La parte più agiata temeva la sollevazione e le inevitabili conseguenze di una guerra da quella inseparabile."
(Karl Schönhals sulla situazione nel Lombardo-Veneto nel 1821)
Seguendo il modello caro a Luigi XIV di Francia, il patriziato (in particolare lombardo) viveva di feste ed eventi mondani che si tenevano al Palazzo Reale, e i rappresentanti dell'aristocrazia venivano sommersi di cariche (anche se di secondo piano) e di onorificenze, per essere legati sempre più all'amministrazione austriaca.
Sempre agli italiani era inoltre riservata la direzione dei teatri più importanti del Regno come quello alla Scala di Milano o La Fenice di Venezia. La sapiente direzione di questi importanti mezzi di comunicazione per l'epoca e la complicità dei direttori, permisero indirettamente e direttamente il passaggio anche dei messaggi che furono fondamento dei moti patriottici per la liberazione d'Italia, che videro impegnato primo tra tutti Giuseppe Verdi che non a caso fece rappresentare alcune delle proprie opere a Milano e a Venezia. A teatro l'aristocrazia sfogava la propria impossibilità di farsi notare al governo con l'acquisto dei posti più in vista e dei palchi più ricercati in prossimità delle autorità.
Puntando sull'orgoglio degli italiani, va anche detto che il governo austriaco fece di tutto per rivalutare il passato glorioso delle tradizioni dell'area lombardo-veneta e fu così che ad esempio la Corona Ferrea venne mantenuta (seguendo l'esempio già avviato da Napoleone Bonaparte nel suo Regno d'Italia) quale simbolo della regalità nel Regno Lombardo-Veneto e prescelta quale corona ufficiale per le incoronazioni di ogni nuovo sovrano, incoronazioni che si svolgevano nel Duomo di Milano. Per commemorare l'importanza di queste glorie, venne istituito inoltre il mantenimento dell'Ordine napoleonico della Corona Ferrea, che venne concesso in prevalenza a italiani per ricompensarli delle loro benemerenze verso l'amministrazione austriaca.
Leggendo l'opera "Memorie della guerra d'Italia degli anni 1848-1849" scritte dal generale austriaco Karl Schönhals, si può capire come mai l'amministrazione asburgica diffidasse dell'alta aristocrazia italiana. Il generale austriaco infatti scrive
"'La lingua nell'insegnamento e negli uffici era l'italiana, dal gabinetto del Viceré fino al Commissario distrettuale, dal Presidente del supremo Senato di giustizia fino al Pretore. L'impiegato tedesco che desiderava percorrere la sua carriera in Italia doveva imparar prima la lingua di quel paese. Un'egual condizione non era imposta all'impiegato italiano. Meno poche eccezioni, tutti gli impieghi governativi e giudiziari erano occupati da Italiani, pochissimi fra i quali avevano cognizione dell'idioma tedesco. Quindi la necessità di nominar dappertutto interpreti giurati. S'è udita spesso la lagnanza che l'Italiano non potesse pervenire ai superiori ordini della gerarchia degli impieghi; ma quella lagnanza era falsa e priva di fondamento. Tutti i gradi erano a lui accessibili, ed il gran numero di nomi Italiani che si riscontrano percorrendo l'Almanacco Imperiale, chiaro dimostra ch'essi erano tra i preferiti. Nulladimeno chi conosce la ripugnanza, in ispecie delle elevati classi italiane, contro tutto quanto chiamasi servizio dello Stato, e quanto poca disposizione posseggano per gli studi severi, comprenderà Leggieri come l'Austria non potesse scegliere tra la nobiltà italiana i suoi governatori, i suoi presidenti di tribunali, i suoi generali. Si scorrano le matricole di Pavia e Padova, e si vedrà se in quelle s'incontri un nome distinto. I teatri e i caffè non sono luoghi nei quali si educhino degli impeghi, ed il faticoso ascendere sulla scala degli impieghi non è cosa fatta pel ricco italiano"[11] concludendo con "Noi nol biasimiamo perciò, ma a sua volta non accusi lo Stato di offesa al sentimento nazionale, di parzialità e di noncuranza."
In queste poche righe emerge chiaramente il motivo principale per cui poche volte venne nominato un alto funzionario aristocratico di lingua italiana; il governo austriaco studiava gli ambienti dell'aristocrazia italiana e riteneva non positivi per un buon governo le abitudini dei ceti elevati.
La controversa questione della stabilità politica |
L'atteggiamento della popolazione del Regno Lombardo-Veneto è argomento ancora oggi molto dibattuto e sul quale occorre consultare fonti di entrambe le parti per poter avere un quadro il più completo possibile.
Indubbiamente un punto a favore per il governo austriaco fu l'allentamento della leva militare obbligatoria (introdotta nel Regno d'Italia napoleonico) che aveva portato a una drastica diminuzione del numero di diserzioni. Nel Regno Lombardo-Veneto infatti venivano chiamati circa 6.300 (numero molto inferiore rispetto a quelli boemi o austriaci) uomini per ogni milione di abitanti selezionati per estrazione e per i quali era possibile esentarsi dal servizio militare secondo alcuni criteri. Nonostante ciò gli italiani che si trovarono di stanza nel Regno Lombardo-Veneto ai comandi di Radetzky alla vigilia delle rivolte e delle guerre del 1848 furono il 33% dell'esercito, formando così il gruppo etnico dominante.[12]
È appurato abbastanza all'unanimità che le élite lombarde e venete (con l'esclusione di quelle austriacanti) contribuirono al sostegno delle guerre di indipendenza.
La stabilità delle campagne è, al contrario, argomento piuttosto controverso. Molto spesso vengono riportati episodi di resistenze dei ceti contadini nei confronti dell'autorità imperiale, ma se si vanno ad analizzare testi di fonte austriaca non spiccatamente di parte, si dipinge un quadro sensibilmente differente. Il già citato Schönhals scrive infatti, a proposito delle rivolte del 1848, che "La maggior parte dei così detti coloni era anzi affezionata al governo, appo il quale aveva spesso trovato protezione contro i suoi oppressori." Prosegue: "Una tal cosa si mostrò chiara più tardi alla venuta dei Piemontesi; nella loro invasione essi non trovarono che scarsa simpatia fra gli abitanti della campagna, sì che fortemente si lagnarono d'essere stati ingannati intorno allo spirito ed alle intenzioni del contadino."
Vi è poi una personale considerazione su come le truppe imperiali venivano accolte dalle popolazioni rurali "Mano mano che noi ci avanzavamo eravamo accolti assolutamente come liberatori. Non era quello il contegno di un popolo che sa d'esser colpevole, e che teme il castigo dei vincitori; era la gioia d'essere liberato da un giogo che gli era stato imposto sotto il nome di libertà, e che in un periodo di quattro mesi gli costò più che non l'antico suo governo in un anno. Era una popolazione che conosceva la giustizia e la clemenza del legittimo suo governo, ed in esso fidando n'attendeva indulgenza e perdono."
Questi estratti troverebbero conferme nei numerosi testi di rivalutazione storica della figura di Josef Radetzky (simbolo del governo austriaco nel Lombardo-Veneto) il quale secondo molti storici e revisionisti (come ad esempio Alessandro Luzio) godeva di particolare rispetto da parte delle popolazioni rurali.[13][14] Atteggiamenti di questo tipo sono testimoniate anche dai diari di guerra di alcuni generali sabaudi[15]. Tutto ciò sarebbe coerente con la proposta di creare una milizia contadina nel Lombardo-Veneto per consolidare la fiducia tra governo e campagna.
In questi casi occorre essere sempre cauti e non abbandonarsi a generalizzazioni, ma si potrebbe concludere che, in linea di massima ovviamente, a favore del governo austriaco vi furono le popolazioni rurali, ovvero la maggioranza della popolazione totale, e l'alta aristocrazia "austriacante". Si trovarono invece contro buona parte dell'alta borghesia e della piccola-media nobiltà che, anche a causa della mancata distinzione giuridica in classi sociali nel Lombardo-Veneto, si vedeva privata di possibilità di affermarsi nella gestione della società.
Riduzione e cessazione del Regno |
Il 22-23 marzo 1848 al termine delle Cinque giornate di Milano, gli Austriaci vennero cacciati da Milano e da Venezia. I due Consigli di Governo furono sostituiti dall'auto-proclamato Governo provvisorio di Milano e dalla restaurata Repubblica di San Marco.
Il 9 agosto 1848 con l'Armistizio di Salasco, seguito alla vittoria austriaca del 24-25 luglio a Custoza sulle truppe piemontesi, terminò la prima fase della prima guerra di indipendenza: Milano venne rioccupata e il Governo Provvisorio di Lombardia venne sciolto. Il 22-23 marzo 1849 Carlo Alberto venne di nuovo sconfitto a Novara e abdicò in favore di Vittorio Emanuele II. Il successivo 24 agosto, dopo un lungo assedio, Venezia si arrese agli Austriaci.
Il Regno Lombardo-Veneto sopravvisse formalmente alla perdita della Lombardia (con l'eccezione di Mantova, come stabilito dai termini della Pace di Zurigo) al termine della Seconda guerra di indipendenza nel 1859 che ebbe come conflitto decisivo la Battaglia di Solferino e San Martino, per poi scomparire definitivamente nel 1866, al termine della Terza guerra di indipendenza con l'annessione del Veneto, della provincia di Mantova e del Friuli al Regno d'Italia sancita dal Trattato di Vienna e sottoposta al plebiscito popolare.
Economia |
L'economia del Regno Lombardo-Veneto dalla sua fondazione è stata sommariamente imperniata attorno all'agricoltura, la quale ha sempre rivestito un ruolo fondamentale soprattutto nella Lombardia dell'Oltrepò. Le coltivazioni essenziali, che consentivano il sostentamento dello Stato e le esportazioni, consistevano in frumento, orzo, segale e soprattutto riso.
Nella stessa città di Milano, inoltre, era molto attivo il commercio legato alle grandi industrie produttive e manifatturiere comprese i calzaturifici e le fonderie di metalli. A Venezia era invece assai diffusa la pesca e le attività di produzione delle navi in quanto la città, assieme a Trieste, rappresentava il porto principale dell'Impero Austriaco e l'unico grande sbocco verso il Mar Mediterraneo.
Per quanto riguarda le entrate per tassazione, il volume 32 degli Annali universali di statistica (1832), cita i dati statistici di uno studio di Adriano Balbi del 1830, secondo il quale l'ammontare delle rendite è riassumibile in questa tabella:[16]
Quadro statistico dei vari stati d'Italia di A. Balbi 1830 | ||||||
---|---|---|---|---|---|---|
Territorio | Popolazione | Esercito | Rendita (in franchi) | |||
Regno Lombardo-Veneto | 4.930.000 | 5.000 | 122.000.000 | |||
Regno delle due Sicilie | 7.420.000 | 30.000 | 84.000.000 | |||
Regno di Sardegna | 3.800.000 | 23.000 | 60.000.000 | |||
Stato Pontificio | 2.590.000 | 6.000 | 30.000.000 | |||
Granducato di Toscana | 1.275.000 | 4.000 | 17.000.000 |
Trasporti e comunicazioni |
Dagli studi condotti già all'epoca[17], apprendiamo che il Regno Lombardo-Veneto si trovava all'avanguardia anche nel campo dei trasporti e delle linee di comunicazione, in particolare se rapportato per l'epoca ad altri stati della Penisola.
Rilevanti erano stati gli sforzi compiuti per la realizzazione delle strade ferrate che tra Lombardia e Veneto coprivano una distanza notevole che poneva il grande stato di dipendenza austriaca secondo solo al Regno di Sardegna ove, grazie all'impulso del primo ministro Cavour tale opera evolutiva era incominciata alcuni anni prima.
La tratta ferroviaria Novara-Milano venne inaugurata nel maggio del 1859 dopo il frutto di lunghe trattative di collaborazione nei costi tra il Regno di Sardegna e la Lombardia, anche se meno di un mese dopo il milanese sarà conquistato da Vittorio Emanuele II con la Battaglia di Magenta che coinvolgerà direttamente questa ferrovia per l'invasione del territorio austriaco da parte dei piemontesi.
Altro mezzo di trasporto abbondantemente utilizzato nel regno Lombardo-Veneto (data anche la presenza di grandi corsi d'acqua) era il trasporto per mezzo di barche. Le corriere operavano regolarmente lungo il Naviglio Grande e gli altri navigli minori in Lombardia, collegando buona parte della periferia con la Darsena di Milano, mentre a Venezia i traghetti collegavano le isole della laguna tra loro e con la costa illirica.
Governanti del Regno: Re, Viceré e Governatori |
Cariche essenziali di governo |
Il governo del Regno Lombardo-Veneto era strutturato secondo una precisa situazione gerarchica che comprendeva poche cariche effettive accentratrici del potere e molte cariche quasi puramente onorifiche.
Sovrano dello Stato era l'Imperatore d'Austria, che aveva il titolo di Re di Lombardia e delle Venezie[18], ma egli risiedendo a Vienna (capitale dell'intero Impero), governava attraverso un proprio sottoposto o Viceré, il quale come abbiamo detto aveva una rappresentanza solo formale in quanto egli risiedeva prevalentemente alla corte viennese.
A reggere i rapporti tra governo centrale e Stato dipendente, erano due Governatori, rispettivamente uno per la Lombardia con sede a Milano (Governo di Milano) e uno per il Veneto con sede a Venezia (Governo di Venezia). A ciascun governatore sottostava un Vicepresidente di governo il quale aveva funzione di operare in assenza del governatore, al quale seguiva un Imperial Regio Consigliere Aulico prescelto dall'Imperatore, col compito di vigilare sull'operato di governatore e vicepresidente di governo.
A queste prime cariche seguivano gli Imperial Regi Consiglieri di Governo che avevano il compito di coadiuvare il Governatore nell'amministrazione fisica dello Stato assegnatogli, ed erano solitamente nel numero di 9 per Lombardia e 9 per il Veneto. A questi facevano seguito gli Imperial Regi Segretari di Governo e altre cariche minori di cancelleria e amministrazione spicciola.
Seguivano quindi le Imperial Regie Delegazioni Provinciali che vantavano un delegato e un vice-delegato per ogni provincia del regno, sia in Lombardia sia in Veneto. Tali delegazioni raccoglievano di fatto le questioni dei comuni minori e le portavano a conoscenza del governo.
Sovrani |
Al trono del Lombardo-Veneto si sono succeduti i seguenti Sovrani:
1815-1835: Francesco I d'Asburgo Lorena;
1835-1848: Ferdinando I d'Asburgo Lorena;
2 dicembre 1848: Francesco II d'Asburgo-Lorena;
1848-1866: Francesco Giuseppe I d'Asburgo Lorena.
Viceré |
I vari sovrani hanno regnato attraverso i seguenti Viceré:[19]
- 20 aprile 1814 - 7 aprile 1815: Governatore generale Heinrich von Reuss zu Plauen;[20]
- 7 aprile 1815 - 7 marzo 1816: Luogotenente generale Heinrich Johann Bellegarde;[21]
- 7 marzo 1816 - 3 gennaio 1818: Arciduca Antonio Vittorio d'Asburgo-Lorena;
- 3 gennaio 1818 - 8 giugno 1848: Arciduca Ranieri Giuseppe d'Asburgo-Lorena;
- 25 ottobre 1849 - 6 settembre 1857: Governatore generale maresciallo Josef Radetzky;[22]
- 6 settembre 1857 - 20 aprile 1859: Arciduca Massimiliano d'Asburgo-Lorena;
- 20 aprile - 16 giugno 1859: Governatore generale maresciallo Ferencz Gyulai;[23]
- 16 giugno - 1º agosto 1859: Governatore generale maresciallo Heinrich von Hess.[24]
Governatori o Luogotenenti |
I Viceré hanno retto il Regno attraverso i seguenti governatori o luogotenenti:
Lombardia |
- 28 aprile 1814 - 2 gennaio 1816: Conte Heinrich Johann Bellegarde;
- 2 gennaio 1816 - 24 febbraio 1818: Conte Francesco Saurau;
- 24 febbraio 1818 - 3 maggio 1830: Conte Giulio Strassoldo di Sotto;
- 10 maggio 1830 - dicembre 1840: Conte Franz Hartig;
- dicembre 1840 - maggio 1841: Conte Robert von Salm-Reifferscheidt-Raitz;
- maggio 1841 - 18 marzo 1848: Conte Johann Baptist Spaur;
- 18-22 marzo 1848 Conte Maximilian Karl Lamoral O'Donnell (in rappresentanza);
- 23 marzo 1848 - 6 agosto 1848: occupazione della Lombardia da parte dei Piemontesi in corrispondenza del plebiscito di annessione
- 6 agosto - 1º settembre 1848: Felix von Schwarzenberg;
- 1-24 settembre 1848: Conte Franz Wimpffen (in rappresentanza);
- 25 settembre 1848 - 1849: Conte Alberto Montecuccoli-Laderchi (in rappresentanza);
1849-1850: Principe Karl Borromäus Philipp zu Schwarzenberg (in rappresentanza);- 10 gennaio 1851 - 10 gennaio 1857: Conte Michele Strassoldo-Grafenberg: (col titolo di luogotenente della Lombardia);
- 10 gennaio 1857 - 1859: Barone Friedrich von Burger.
Veneto |
1815-1819: Conte Peter Goëss;
1819-1820: Conte Ferdinand Ernst Maria von Bissingen-Nippenburg;
1820-1826: Conte Carlo d'Inzaghi;
1826-1840: Conte Johann Baptist Spaur;
1840 - 22 marzo 1848: Conte Aloys Pállfy de Erdöd;- 22 marzo 1848 - aprile 1848: Conte Ferdinand Zichy zu Zich von Vasonykeöy (in rappresentanza);
- 23 marzo 1848 - 24 agosto 1849: coesistono l'autorita della rinata Repubblica di Venezia e dell'amministrazione austriaca
- aprile 1848 - 1849: Conte Laval Nugent von Westmeath in qualità di comandante militare, facente funzione di governatore civile;
- 24 agosto 1849 - ottobre 1849: Generale Karl von Gorzowsky;
- ottobre 1849 - 22 luglio 1850: Barone Stanislaus Anton Puchner;
- 22 luglio 1850- febbraio 1855: Cav. Georg Otto von Toggenburg-Sargans;
- agosto 1855 - 6 febbraio 1860: Conte Kajetan von Bissingen-Nippenburg;
- 9 febbraio 1860 - 18 ottobre 1866: Cav. Georg Otto von Toggenburg-Sargans (seconda volta).
Geografia antropica ed amministrazione |
Suddivisioni amministrative |
L'unione fra le due regioni del regno era assai labile, e così l'amministrazione reale del territorio fu affidata a due distinti Consigli di Governo facenti capo ai due Governatori. Le classi agiate erano rappresentate nelle due Congregazioni Centrali, nominate dai Governi su proposta delle stesse, che erano composte da un nobile e un possidente per ogni provincia, un borghese per ogni città, e il governatore quale membro e presidente di diritto.
I due Governi della Lombardia e del Veneto erano suddivisi in diciassette Province. Ciascuna Provincia era retta da una Delegazione Provinciale, istituita per la prima volta il 1º febbraio 1816 e al cui capo era posto un Regio Delegato, che sostituiva il prefetto napoleonico. In ogni Provincia era inoltre presente una Congregazione Provinciale composta per metà da nobili e per metà da possidenti locali, nominati per sei anni dal Governo su proposta delle autorità locali. I deputati provinciali erano proposti al Governo dalla Congregazione Centrale la quale sceglieva sulla base di terne presentatele dalle Città e dalla stesse Congregazioni Provinciali uscenti. Le prime nomine nel 1815 furono fatte direttamente dall'imperatore, mentre in seguito per rinnovi parziali triennali. Le Congregazioni vennero sciolte durante il periodo di governo militare del regno fra il 1848 e il 1857. Le Congregazioni erano composte da quattro o sei o otto deputati provinciali, più un deputato per ogni città, più il Regio Delegato in qualità di componente e presidente di diritto.
Province Lombarde
| Province Venete
|
Ogni Provincia era suddivisa in Distretti, di cui 127 in Lombardia e 91 nel Veneto. Ogni Distretto era suddiviso in Comuni, cellule di base dell'amministrazione pubblica. A seconda della loro popolazione, i Comuni potevano appartenere a tre classi differenti:
Comuni di I classe, con abitanti superiori alle 10.000 unità, capoluoghi controllati direttamente dalle Delegazioni Provinciali, avevano un Consiglio Comunale di non più di 60 membri;
Comuni di II classe, con una popolazione compresa tra i 3.000 e i 10.000 abitanti, dotati di un Consiglio Comunale di almeno 30 membri, erano sottoposti a un Cancelliere del Censo
Comuni di III classe, con una popolazione inferiore ai 3.000 abitanti, erano diretti dall'Assemblea dei proprietari che si riuniva una volta l'anno, alla presenza del Cancelliere del Censo, per nominare i funzionari e per approvare il bilancio e i tributi, mentre nella restante parte dell'anno venivano delegati tre proprietari per l'ordinaria amministrazione.
La questione della "capitale" |
All'interno di tutte le forme di amministrazione del governo Lombardo-Veneto, vennero formalmente mantenute le divisioni tradizionali tra Lombardia e Veneto, a loro volta unitamente dipendenti dall'Impero d'Austria.
È altresì vero, però, che l'Imperatore nominava un suo rappresentante amministrativo e legale nei suoi territori italiani, il quale prendeva il nome di Viceré. È bene premettere che molti dei Viceré del Regno, anche se formalmente accettanti l'incarico, non risiedettero mai entro i confini del Lombardo-Veneto, preferendogli di gran lunga la corte austriaca e l'amministrazione imperiale. A ogni modo i Viceré avevano la loro sede formale al Palazzo Reale di Milano, il quale ospitava gli appartamenti del Viceré che erano utilizzati come residenza ufficiale anche dall'Imperatore quando questi si trovava in visita nel Regno. La residenza di campagna era rappresentata dalla Villa Reale di Monza.
La preferenza di Milano su Venezia per la scelta di una residenza, era dovuta a due fattori fondamentali: innanzitutto essa era una città strategicamente importante per tutta l'area dell'Italia settentrionale e soprattutto l'aristocrazia patriziale milanese era molto più incline a vedere un sovrano che direttamente risiedeva entro i propri confini che non i repubblicani veneziani. Peraltro questa tradizione di residenza milanese, seguiva le orme di quanto aveva fatto già Maria Teresa d'Austria ponendo la sede dell'antico Ducato di Milano a Milano. Tale territorio era stato tradizionalmente austriaco da molto più tempo rispetto a quello veneto, che invece era giunto entro i possessi della real casa d'Austria a partire dal crollo della Repubblica di Venezia nel 1797 e che era andato consolidandosi effettivamente solo a partire dal Congresso di Vienna.
Ordinamento giudiziario |
Il Senato di Giustizia |
Il senato di giustizia del Regno Lombardo-Veneto dopo che lo stato venne costituito, venne aperto ufficialmente il 7 aprile 1815, con sede a Vienna, rimanendo nella capitale imperiale sino al 28 giugno 1816, ovvero sino a quando il comandante Bellegarde non poté assicurare l'indiscusso potere austriaco sull'area della Pianura Padana. Nelle sessioni di questa prima fase vennero trattati gli affari giudiziari relativi al Veneto e alla Dalmazia.
A partire dal 30 giugno 1816 apprendiamo che l'Imperial Regio governo diede disposizioni perché a partire dal 1º agosto 1816 venisse attivato il Senato di Giustizia del Regno a favore dell'intero stato da poco costituito e come tale che riprendesse l'attività amministrativa e deliberativa direttamente sul territorio italiano. Esso aveva essenzialmente il compito di controllare che tutte le azioni di governo si svolgessero "secondo la legge stabilita". Tale organo era praticamente un grande tribunale, ovvero aveva il compito di avallare le condanne più gravi che poi dovevano essere sottoscritte dall'Imperatore, giudicando delitti come la lesa maestà, la sommossa generale, fino a irrogare il carcere a vita o addirittura la pena di morte nei casi più gravi.
In base alla sovrana risoluzione dell'11 aprile 1829, apprendiamo che il senato era retto da un presidente e da dieci consiglieri aulici, sei austriaci, quattro italiani (solitamente due lombardi e due veneti).
Il Senato sopravvisse difatti sino al 3 gennaio 1851 quando il Feldmaresciallo Radetzky, con parere favorevole dell'Imperatore, visti i recenti disordini che le rivoluzioni avevano portato soprattutto in Lombardia, ne decise la soppressione e i compiti amministrativi di sua precedente competenza vennero trasferiti al Ministero della Giustizia, quindi a Vienna, altro punto che gettò il Lombardo-Veneto nel malumore, sentendosi gli abitanti di queste regioni privati di un'importante pietra miliare: l'autonomia nella giustizia.
L'amministrazione della giustizia |
L'amministrazione della giustizia nel regno Lombardo-Veneto era suddivisa in tre gradi: Pretura e Tribunale, Tribunale d'appello e Supremo Tribunale di Giustizia. Ciascun capoluogo provinciale era sede di un tribunale di primo grado, mentre nei due centri regionali di Milano e Venezia erano presenti due corti d'appello. Al vertice del sistema si trovava il Senato, la Corte di Cassazione del Regno, che era stabilita a Verona, presso il Palazzo dei Capitani, a capo del quale venne posto il conte d'Oettingen-Wallerstein.
Circa la giustizia lombardo-veneto sovente gli storici hanno ravvisato incongruenze e inesattezze tra i vari emendamenti legislativi pubblicati dal 1815 al 1859, il che si ritiene fosse alla base di fraintendimenti, disordini e dei consequenziali inasprimenti delle pene, soprattutto dopo i due periodi rivoluzionari della prima guerra di indipendenza. A differenza di altri domini austriaci in Italia come il Granducato di Toscana, nel Regno Lombardo-Veneto la pena di morte non era stata abolita e continuava a essere comminata per lesa maestà, ribellione e altri gravi reati, anche se più della metà delle condanne a morte si trasformarono in ergastoli, esili o vennero amnistiate.
In parallelo, altrettanto diffuso, era l'esilio o il carcere duro che la giustizia lombarda e veneta prescrisse in quegli anni in special modo per i cospiratori rivoluzionari e i carbonari i quali erano presenti in gran numero su tutto il territorio. Vittime illustri di questa giustizia furono Silvio Pellico, Piero Maroncelli e Federico Confalonieri. Il carcere duro era rappresentato dalla Fortezza dello Spielberg presso Brno, in Repubblica Ceca, allora parte remota e sperduta dell'Impero austriaco.
Tutte le milizie armate non austriache, e perciò gestite da italiani soggetti all'amministrazione austriaca (come la guardia civica o polizia municipale), indossavano la caratteristica giubba verde, il che li fece soprannominare non senza un tocco di malizia "remolazz" ovvero "sedani", un termine che in lombardo è usato tradizionalmente per indicare un individuo sciocco, uomo da poco, inesperto, ignorante.
La magistratura contabile |
Il Senato camerale di finanza, istituito il 9 aprile 1816, era la speciale magistratura cui era affidata la superiore autorità fiscale del Regno. Avente sede a Palazzo Marino, assomigliava a una moderna Corte dei Conti. Presieduto dal governatore, l’organismo preparava il bilancio dello Stato, ma il suo potere era limitato dal Governo, dalla Camera Aulica di Vienna, e ovviamente dall’imperatore, che potevano bloccarne le deliberazioni. In seguito alla notificazione del 15 giugno 1830, il Senato fu sostituito da un unico Magistrato camerale.[34]
Esercito del Regno Lombardo-Veneto |
L'esercito del Regno Lombardo-Veneto constava di nove reggimenti che facevano parte del più vasto esercito imperiale. Essi erano:
<ul style="list-style:url(.mw-parser-output .chiarimento{background:#ffeaea;color:#444444}.mw-parser-output .chiarimento-apice{color:red}http://eleri.interfree.it/ilterzonano/immagini/rvn_blu.gif);margin:-12px[collegamento interrotto] 0px 0px 22px;">
Inoltre il Lombardo-Veneto forniva il personale che costituiva: i battaglioni cacciatori da campo (Feldjäger-Bataillone) N° 6, 11, 18 (lombardi), 8 e 25 (veneti), i reggimenti ulani (unità di cavalleria armate di lancia) N° 9, 11 (lombardi), 6 e 7 (veneti) e il reggimento dragoni N° 8. tra questi reggimenti venne creato durante l'incoronazione di Ferdinando I d'Austria a Milano il corpo della Guardia del Corpo nobile Lombardo-Veneta[35][36]
Contingenti lombardi e veneti erano altresì destinati a servire in tutte le altre unità combattenti e di servizio dell'armata imperiale: artiglieria da campagna (reggimenti N° 3, 6, 9 e 10), lanciarazzi (racchettieri) e artiglieria costiera, genio (battaglioni N° 1, 2, 6, 9, 10, 11) e pionieri (battaglioni N° 2, 6). Sudditi del Regno formavano gli equipaggi della flottiglia dei laghi italiani e del Danubio, oltre naturalmente che della marina da guerra: alle province di Treviso e di Venezia (distretti di leva del reggimento di linea N° 16) spettava infatti alimentare il Corpo Marinai, mentre alle province di Padova e di Rovigo per intero e Vicenza in parte (distretti di leva del reggimento N° 13) e a quelle di Udine e di Belluno (reggimento N° 26) spettava inviare i contingenti annui alla fanteria e all'artiglieria di Marina. Nel territorio del Regno era reclutata anche la gendarmeria locale (Gendarmerie).
(Ripartizione territoriale della monarchia ai fini del completamento dell'Armata dell'8 dicembre 1856)
Una modifica alla ripartizione territoriale del 1856 venne introdotta tre anni dopo. Già con la chiamata di leva dell'anno di guerra 1859 (seconda guerra di Risorgimento italiano), le reclute prima assegnate ai reggimenti ulani N° 7 (veneto) e 9 (lombardo), che divennero ambedue galiziani, furono avviate ai reggimenti dragoni N° 1 e 3.
(Ordinanza circolare del 17 gennaio 1859)
Il battaglione era la pedina fondamentale per dosare le forze in funzione del compito da assolvere; in guerra contava 1.336 uomini suddivisi in 6 compagnie; la compagnia contava 221 uomini (4 ufficiali, 2 sergenti maggiori "Feldwebel", 4 sergenti "Zugsführer", 8 caporali, 12 sotto-caporali "Gefreite" e 191 soldati semplici inclusi tamburini, trombettieri, zappatori, conducenti e attendenti).
Sul piede di guerra il reggimento era formato da 4 battaglioni operativi (uno di granatieri su 4 compagnie e tre di campagna su 6 compagnie), più il 4º battaglione di campagna, destinato di norma di presidio nelle guarnigioni, e quello di deposito su 4 compagnie, per un totale di 6.886 uomini delle 32 compagnie, compreso lo stato maggiore di reggimento, di cui faceva parte la banda musicale che sempre seguiva il reggimento in campagna. Il carreggio, affidato a un apposito sottufficiale denominato "Wagenmeister", era composto da 32 carri e 76 cavalli, inclusi la fucina da campo e il carro ambulanza.
(Organisationsstatut für die k.k. Armee, 26 gennaio 1857)
Religione |
La religione era forse l'argomento che più di ogni altro univa il Regno Lombardo-Veneto al suo interno e con l'Impero Austriaco, in quanto entrambe le nazioni avevano alla loro base una profonda fede cristiana e come tale il cattolicesimo era stato dichiarato religione di Stato.
A Venezia, permaneva un copioso nucleo ebraico con sede nel ghetto di Cannaregio. A Milano il cattolicesimo, a ogni modo, aveva pesantemente risentito delle riforme apportate da Giuseppe II alla fine del Settecento, il quale aveva soppresso molti conventi e monasteri nel tentativo di incamerare i beni della chiesa nelle casse statali dell'allora Ducato di Milano. La nuova politica austriaca consistette quindi in una parziale e formale riconciliazione con la chiesa milanese, alla quale vennero concessi nuovi onori e privilegi da poter esercitare come ad esempio la presidenza spirituale dell'ordine cavalleresco lombardo-veneto della Corona ferrea. Non mancarono a ogni modo le pesanti pressioni d'influenza anche nell'ambito ecclesiastico appena dopo la costituzione del Regno: a Milano, ad esempio, nel 1818 venne eletto arcivescovo l'austriaco Karl Kajetan von Gaisruck che rimase in carica sino al 1846, governando la diocesi per una buona parte della vita del neonato regno lombardo-veneto.
Nelle terre del Regno Lombardo-Veneto la Chiesa cattolica contava sulle seguenti diocesi:
Lombardia
Arcidiocesi di Milano (eretta nel I secolo) con le diocesi suffraganee:
- Diocesi di Bergamo
- Diocesi di Brescia
- Diocesi di Como
Diocesi di Crema (dal 1835)- Diocesi di Cremona
- Diocesi di Lodi
Diocesi di Mantova (dal 1820)
Diocesi di Pavia (formalmente dal 1821)
Diocesi di Vigevano (sino al 1817)
Province venete
Patriarcato di Venezia (eretta nel 774) con le diocesi suffraganee:
- Diocesi di Adria
- Diocesi di Belluno
- Diocesi di Ceneda
- Diocesi di Chioggia
- Diocesi di Concordia
- Diocesi di Feltre
- Diocesi di Padova
- Diocesi di Treviso
Diocesi di Udine (sino al 1847)- Diocesi di Verona
- Diocesi di Vicenza
Lingue del Regno |
Idioma ufficiale del Regno Lombardo-Veneto era l'italiano, lingua nella quale veniva impartita l'istruzione elementare, che era gratuita per tutti i bambini del Regno.
La popolazione parlava abitualmente utilizzando le lingue locali: lombardo, veneto, friulano e ladino. Presenti anche minoranze germanofone (cimbri, sappadioti) nelle province di Vicenza, Belluno, inoltre una minoranza parlava sloveno in provincia di Udine nella Slavia veneta.
Pesi e misure |
Anteriormente all'introduzione del sistema metrico-decimale e anche quando questi venne introdotto con regolarità, continuò a persistere in Lombardia come in Veneto un sistema metrico per pesi e misure varie che di seguito riportiamo.
Misure di lunghezza |
Equivalenze di misura agrimensoria o di superficie lombardo-veneta | ||||||
---|---|---|---|---|---|---|
Unità di misura | metri | |||||
Miglio (3000 braccia) | 1784,809344 | |||||
Gettata (2 trabucchi) | 5,222220 | |||||
Trabucco (6 piedi) | 2,611110 | |||||
Piede (12 once) | 0,435185 | |||||
Oncia (12 punti) | 0,036265 | |||||
Punto (12 atomi) | 0,003022 | |||||
Atomo | 0,000252 |
Misure agrimensorie o di superficie |
Equivalenze di misura agrimensoria o di superficie lombardo-veneta | ||||||
---|---|---|---|---|---|---|
Unità di misura | metri quadrati | |||||
Manso[37] | 94250,5776 | |||||
Iugero | 7854,2148 | |||||
Pertica[38] | 654,5179 | |||||
Tavola | 27,27157917 | |||||
Piede | 2,272631598 |
Misure di capacità per liquidi |
Equivalenze di misura di capacità per liquidi lombardo-veneta | ||||||
---|---|---|---|---|---|---|
Unità di misura | litri | |||||
Brenta (da 3 staia) | 75,554386 | |||||
Staio (2 mine o 4 quartari) | 25,184795 | |||||
Mina o secchia (2 quartari) | 12,592398 | |||||
Quartaro (4 pinte o 8 boccali) | 6,296199 | |||||
Pinta (2 boccali) | 1,574050 | |||||
Boccale (2 mezzi o 4 bicchieri) | 0,787025 | |||||
Mezzo (2 bicchieri) | 0,393512 | |||||
Bicchiere o Zaina | 0,196756 |
Pesi |
Equivalenze di peso lombardo-veneta | ||||||
---|---|---|---|---|---|---|
Unità di peso | chilogrammi | |||||
Fascio (100 libbre grosse) | 76,251714 | |||||
Quintale (4 rubbi o 100 libbre piccole) | 32,679306 | |||||
Rubbo (25 libbre piccole) | 8,169826 | |||||
Peso (10 libbre grosse) | 7,625171 | |||||
Libbra da olio (32 once) | 0,871448 | |||||
Libbra grossa (28 once) | 0,762517 | |||||
Libbra piccola (12 once) | 0,027233 | |||||
Oncia (24 denari) | 0,027233 | |||||
Denaro (24 grani) | 0,001135 | |||||
Grano | 0,000047 |
Monetazione e francobolli |
Numismatica lombardo-veneta |
Proseguendo nella strada già tracciata sotto il dominio francese, dal 1822 il Lombardo-Veneto conobbe una radicale trasformazione anche in cambio monetario.
Il sistema di conto scelto fu quello milanese, restaurato dopo la parentesi napoleonica e preferito in quanto già armonizzato ai modelli tedeschi, mentre non fu restaurato l'antico retaggio di epoca medievale della complessa monetazione della Repubblica di Venezia. La coniazione austro-milanese consisteva in una monetazione nei classici tre metalli (oro, argento, rame), la quale andò a differenziarsi e perfezionarsi sotto i diversi sovrani che regnarono.
All'epoca della sua fondazione nel Regno Lombardo-Veneto circolavano ancora le valute francesi, in quanto i pesanti debiti contratti in guerra non permettevano un'immediata coniazione. Fu solo dal 1822 che vennero proposte le nuove monete:
- Sovrana
- 1/2 Sovrana
- Scudo Nuovo da 6 lire
- 1/2 Scudo Nuovo (o fiorino)
- 1 lira austriaca
- 1/2 lira austriaca
- 1/4 di lira austriaca
- 5 centesimi (o soldo, in quanto un ventesimo di lira)
- 3 centesimi
- 1 centesimo
Fu Francesco Giuseppe ad apportare le prime variazioni nel sistema monetario Lombardo-Veneto: egli infatti eliminò il 1/4 di lira austriaca, sostituendolo con una moneta in rame da 15 centesimi, aggiungendone anche una da 10 centesimi. Successivamente alla Seconda guerra d'indipendenza, nel Veneto entrò in vigore come moneta spicciola il soldo e i 5/10.
Il governo austriaco, inoltre, abolì definitivamente tutta una serie di zecche minori che già si trovavano poco attive sul finire del Settecento e sotto l'amministrazione di Maria Teresa e Giuseppe II, mantenendo attive unicamente le zecche di Milano e Venezia.
Parallelamente a questa circolazione di monete, erano usate come monete di libero scambio anche quelle dell'Impero Austriaco (austriaca e ungherese), che seguivano una tipologia di monetazione differente: il calibro in questi casi era costituito dal peso effettivo del metallo della moneta.
Qui di seguito vengono riportate le tre differenti monetazioni circolanti liberamente all'interno del Regno Lombardo-Veneto con i cambi dell'epoca:
Equivalenze in moneta locale - Monetazione lombardo-veneta | ||||||
---|---|---|---|---|---|---|
Moneta | Lire austriache | |||||
Sovrana | 40 | |||||
Scudo da 6 lire | 6 | |||||
Lira | 1 | |||||
Centesimo | 0,01 | |||||
Equivalenze in moneta locale - Monetazione austriaca | ||||||
Moneta | Lire austriache | |||||
Ducato | 14 | |||||
Tallero | 6 | |||||
Svanzica | 1 | |||||
Kreutzer | 0,05 | |||||
Equivalenze in moneta locale - Monetazione ungherese | ||||||
Moneta | Lire austriache | |||||
Corona | 40 | |||||
Fiorino | 2,857 | |||||
Soldo | 0,0285 |
Filatelia lombardo-veneta |
La storia filatelica del Lombardo-Veneto è assai più giovane rispetto a quella numismatica in quanto i primi francobolli stampati ufficialmente (e quindi non a timbro) vennero realizzati a partire dal 1º giugno 1850 sotto l'amministrazione di Francesco Giuseppe che regolamentò anche questi valori tassati con precise normative.
A Milano come a Venezia si diffusero in parallelo anche i valori tassati per i giornali, gli almanacchi e le pubblicazioni e all'amministrazione austriaca va anche il merito di aver introdotto in queste regioni le marche da bollo e i valori tassati per la grande quantità di documentazione cartacea che andava producendosi negli uffici governativi.
Secondo le normative postali d'epoca[39] il costo era delle normali lettere era il seguente (1 lega = 7.420 metri):
- nel circondario di distribuzione dell'ufficio postale di impostazione: cent. 10
- per una distanza inclusivamente a 10 leghe: cent. 15
- oltre a 20 leghe: cent. 45
Si considerava lettera semplice quel plico che non superasse in peso un "lotto viennese" che corrispondeva a 17,5 grammi.
Note |
^
le varianti della lingua lombarda, della lingua veneta e della lingua friulana, pur non essendo lingue ufficiali, erano le lingue di fatto parlate[senza fonte]
^ Che includeva il Friuli.
^ Aggianciata al fiorino austriaco al valore di un terzo.
^ nella quale poneva il proprio esercito (45.000 uomini in armi, vittoriosi alla recente grande battaglia del Mincio) agli ordini del Bellegarde e, il 27 partiva per Monaco di Baviera.
^ Carlo Cattaneo, dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra, Memorie, Lugano, Tipografia della Svizzera Italiana, febbraio 1849.
^ "Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834: parte prima 1814-22"
^ pag. 618 in M.Malte-Brun, Universal Geography, VII, Edinburgh, Adam Black, 1829.
^ ab Pubblicato da M. Max. Fried. Thielen, Vienna 1827, citato in M.Malte-Brun, pp. 755
^ Francesco Arese, La Lombardia e la politica dell'Austria, Archivio storico lombardo, LXXVIII
^ Esemplare, a questo proposito, è la carriera del magistrato trentino Antonio Mazzetti.
^ Karl Schonhals, Memorie della Guerra d'Italia degli anni 1848-1849, su books.google.it.
^ Gilberto Oneto, Gli italiani rimasti fedeli agli Asburgo (PDF), La Stampa.
^ Filippo Battaglia, Papà Radetzky (PDF), Le Lettere (archiviato dall'url originale il 22 giugno 2015).
^ Casa editrice Le Lettere (PDF), su http://www.lelettere.it/Data/Files/prodotti/CORRIEREMILANO%20RADEZ%2024_06_12.PDF. URL consultato il 22 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 22 giugno 2015).
^ G. Previdi, Abbiamo fatto il nostro dovere (PDF), su identitanazionale.it.
^ Adriano Balbi, Quadro statistico dei vari stati d'Italia, in Annali universali di statistica, Vol. 31, Milano, Società degli Editori degli Annali Universali delle Scienze e dell'Industria, 1832, p. 313. ISBN non esistente Si osserva che su alcune di tali cifre l'Annale in alcuni così imprecisione di valori
^ Almanacco Imperiale Regio per la Lombardia, Milano, 1837
^ Austria III. Titles of European hereditary rulers, su eurulers.altervista.org. URL consultato il 25 gennaio 2015.
^ Si badi bene che solo gli arciduchi, come parenti dell’imperatore, potevano essere ufficialmente viceré. Le altre figure furono nomine belliche a titolo provvisorio.
^ Nomina a titolo provvisorio, cessa con la proclamazione del Regno al Congresso di Vienna.
^ Nomina a titolo provvisorio una volta proclamato il Regno ma non ancora deciso il Viceré.
^ Nomina a titolo provvisorio per ristabilire l’ordine dopo la Prima guerra d'indipendenza.
^ Nomina a titolo provvisorio allo scoppio della Seconda guerra d'indipendenza; successivamente rimosso per incompetenza dopo la sconfitta nella battaglia di Magenta con conseguente perdita di Milano.
^ Nomina a titolo provvisorio, cessata dopo la sconfitta finale austriaca con l’armistizio di Villafranca.
^ Comprendente la Valcamonica, bresciana dal 1861.
^ Comprendente il circondario di Varese, incluso in una provincia separata nel 1927, e la grandissima parte dell'attuale Provincia di Lecco istituita nel 1992.
^ Non comprendeva il Cremasco.
^ Divisa nel 1859 (Decreto Rattazzi) fra le province di Cremona e Milano.
^ Comprendente il territorio dell'Altomilanese, ceduto in gran parte alla nuova provincia di Varese nel 1927.
^ Comprendente il circondario di Abbiategrasso, milanese dal 1861, ma escludente la Lomellina e l'Oltrepò, all'epoca parte del Regno di Sardegna.
^ Escluso l'Ampezzo, fino al 1919 parte del Tirolo.
^ Comprendente le attuali province di Udine e Pordenone (istituita nel 1968), ed escludente la Val Canale, all'epoca facente parte della Carinzia e il cantone di Cervignano facente parte della Contea di Gorizia.
^ Comprendente il delta sinistro del Po, rodigino dal 1866.
^ [1]
^ La reale Guardia del Corpo nobile Lombardo-Veneta
^ Statuto per la Real Guardia nobile del corpo Lombardo-Veneta
^ Manso e iugero erano due unità di misura piuttosto antiquate già all'epoca del Regno Lombardo-Veneto in quanto rappresentavano un retaggio dell'epoca medioevale. Esse erano utilizzate esclusivamente sulla carta, anche se per il conto spicciolo la pertica rimaneva l'unità di misura fondamentale
^ Bisogna ammettere che la misura della pertica, così come di tutte le altre misure presenti di seguito, variavano di molto da area ad area. Sappiamo infatti che convenzionalmente ed ufficialmente era accettata la cosiddetta "pertica milanese" corrispondente a poco più di 654 metri quadrati, ma difatti, in aree distanti dal capoluogo, le misure potevano variare di svariati metri quadrati in eccesso o in difetto, il che portava molta confusione anche nelle opere catastali.
^
vedi qui[collegamento interrotto]
Bibliografia |
- Alberto Costantini; Soldati dell'Imperatore. I lombardo-veneti dell'Esercito Austriaco (1814-1866). Collegno, Chiaramonte, 2004.
- Franco Fucci; Radetzky a Milano. Milano, Mursia, 1997.ISBN 978-88-425-2257-7
- AA.VV. Ragguaglio delle antiche misure del Regno Lombardo Veneto col sistema metrico decimale. Reggio Emilia, Antiche Porte ed. 2010.
Voci correlate |
- Antonio Mazzetti
- Imperial-Regia Privilegiata Strada Ferrata Ferdinandea Lombardo-Veneta
- Stemma del Regno Lombardo-Veneto
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Collegamenti esterni |
- Lombardia storica
[collegamento interrotto], su civita.lombardiastorica.it.
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