Medioevo
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Il Medioevo è una delle quattro grandi età storiche (antica, medievale, moderna e contemporanea) in cui viene tradizionalmente suddivisa la storia dell'Europa nella storiografia moderna. Comprende il periodo dal V secolo al XV secolo. Segue la Caduta dell'Impero romano d'Occidente nel 476 d.C. e precede l'Età moderna. Il termine "Medioevo" compare per la prima volta nel XV secolo in latino e riflette l'opinione dei contemporanei, per cui tale periodo avrebbe rappresentato una deviazione dalla cultura classica, in opposizione al Rinascimento.
Medioevo, da una nuova fase di accentramento dei poteri a livello nazionale. Cruciale in questa organizzazione fu la struttura feudale che, se da un lato permetteva una certa stabilità grazie all'organizzazione continentale del sistema, non fu mai sufficientemente forte da togliere completamente autonomia alle realtà locali, che così poterono gestire la transizione tra l'uniformità dell'Impero romano e la nascita degli stati nazionali.
Contemporaneamente allo sforzo per la creazione di stati nazionali, nell'Italia centrosettentrionale e in alcuni centri commerciali d'Europa si assiste invece all'emancipazione dall'Impero romano tramite i Comuni, città o paesi indipendenti, a regime repubblicano, che si contrappongono al concetto in formazione di monarchia nazionale, sino alla loro trasformazione, in Italia, in signorie cittadine e poi in stati regionali, ambienti in cui sorgerà il Rinascimento. Una realtà in grado di dare uniformità al panorama europeo fu la comune radice religiosa basata sul Cristianesimo, ereditata dall'ultimo periodo romano e proseguita fino all'XI secolo con la separazione della Chiesa ortodossa dalla Chiesa cattolica nel 1054. Questa radice comune portò da un lato a una commistione tra potere temporale e religioso che permise dei momenti di identità come nel caso delle crociate e persistette, non senza conflitti, anche oltre la Riforma protestante.
In ambito filosofico, il Medioevo si caratterizza per una grande fiducia nella ragione umana, che si esprime nella corrente della scolastica, il cui maggior esponente è Tommaso d'Aquino. La crisi di questa corrente filosofica, nel XIV secolo, con autori come Duns Scoto e soprattutto Guglielmo di Ockham, fu segnata da un crollo di fiducia nella ragione e da un conseguente crescente fideismo, portando quindi alla fine del pensiero medievale e alla nascita del pensiero moderno. L'Umanesimo e il Rinascimento furono dei poderosi tentativi di rispondere a tale crisi, proponendo quale modello gli "antichi", come risposta al crollo di fiducia nella ragione umana. Come è stato ben spiegato da diversi storici, come Régine Pernoud, gli Umanisti finirono per attribuire all'intero Medioevo quei caratteri di debolezza della ragione e di fideismo che ne caratterizzano, al contrario, proprio la crisi.
Indice
1 Periodizzazione
1.1 Sviluppo del concetto
1.2 Date di inizio e di fine
1.3 Suddivisioni
2 Tarda antichità
3 Alto Medioevo
3.1 I Regni romano-barbarici
3.2 La chiesa e il monachesimo
3.3 L'Impero bizantino
3.4 Nascita ed espansione dell'Islam
3.5 Il regno dei Franchi e l'impero carolingio
3.6 L'Europa post-carolingia
3.7 Il sistema curtense
4 Pieno Medioevo
4.1 Le signorie di banno e l'incastellamento
4.2 La società signorile
4.3 La riforma gregoriana e i nuovi movimenti religiosi
4.4 I poteri universali
4.5 La formazione delle monarchie nazionali
4.6 Le città e la rivoluzione politica
4.7 Città e campagne nel Medioevo
4.8 Le crociate e il Mediterraneo bassomedievale
4.9 L'economia bassomedievale
4.10 La cultura bassomedievale
4.11 Dall'arte romanica all'arte gotica
5 Tardo Medioevo
5.1 Crisi del Trecento
5.2 L'Italia tardomedievale
5.3 La cattività avignonese e il grande scisma d'Occidente
5.4 La guerra dei cent'anni
5.5 La nascita dello stato spagnolo
5.6 L'Umanesimo
5.7 La caduta di Costantinopoli
5.8 La scoperta dell'America
6 I contatti tra Asia ed Europa nel Medioevo
7 Note
8 Bibliografia
8.1 Manualistica
8.2 Monografie
9 Voci correlate
10 Altri progetti
11 Collegamenti esterni
Periodizzazione |
Sviluppo del concetto |
Questo termine fu usato in senso di periodo storico per la prima volta nell'opera Historiarum ab inclinatione romanorum imperii decades, dell'umanista Flavio Biondo, scritta verso il 1450 e pubblicata nel 1483. Secondo Flavio Biondo, in polemica con la cultura del XIV secolo (che oggi consideriamo la crisi del Medioevo), l'epoca è come una lunga parentesi storica, caratterizzata da una stasi culturale che si colloca tra la grandezza dell'età classica e la rinascita umanistico-rinascimentale della civiltà che a essa si ispira. Questa visione completamente negativa del Medioevo è stata successivamente superata (anche se ad oggi permangono, comunque, diverse interpretazioni in tal senso).
Date di inizio e di fine |
Il passaggio al Medioevo è un processo storico-sociale, e in quanto tale continuo e con caratteristiche non sempre individuabili in dettaglio, pertanto i pareri sull'inizio e sulla fine del Medioevo sono discordanti:
- la data convenzionalmente più usata è il 476, cioè l'anno che vide la deposizione dell'ultimo imperatore romano (Romolo Augusto) con la conseguente fine dell'Impero romano d'Occidente; è altresì utilizzata la data del 410, anno del Sacco di Roma ad opera di Alarico o, più genericamente, si fa riferimento alla fine della tarda antichità (seconda metà del VI secolo).
- alcuni storici danno come inizio del Medioevo la fine dell'unità cristiana d'Europa, cioè l'arrivo degli Arabi e la loro conquista (VII secolo).
- altri danno come inizio la calata dei Longobardi e l'effettiva fine dei domini imperiali in occidente (nel 568).
- altri danno come inizio del medioevo la morte dell'Imperatore d'Oriente Eraclio I, nel 641.
- altri ancora indicano la data dell'incoronazione di Carlo Magno, avvenuta nell'800.
- alcuni studiosi britannici fissano l'inizio del Medioevo nell'anno Mille, visto che intorno a tale data la società europea di espressione latina cominciò a dare segni di rinascita in tutti i campi, e designano l'epoca che va dalla fine dell'Impero romano d'occidente all'anno Mille come "secoli bui" o "età barbarica"[1]; tale data però è più spesso usata convenzionalmente per separare l'Alto Medioevo dal Basso Medioevo.
La conclusione dell'età medievale ha date diverse da paese a paese, corrispondenti alla nascita delle rispettive monarchie nazionali e al periodo rinascimentale. Le più comunemente utilizzate sono:
- il 1348, coincide con la massima espansione della Peste Nera
- il 1396, coincidente circa con l'avvento della lingua fiorentina come lingua nazionale, grazie alle opere letterarie di Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio
- il 1453, anno che segna la fine della guerra dei cent'anni tra Inghilterra e Francia (Battaglia di Castillon), la presa di Costantinopoli da parte dei Turchi Ottomani e la comparsa del primo libro a stampa, cioè la Bibbia di Gutenberg; la caduta di Costantinopoli avrebbe portato la società europea a cercare nuove vie per l'oriente, visto che il Bosforo e il levante erano sotto dominio turco.
- il 1492, coincidente con la conquista del Sultanato di Granada, ultimo baluardo islamico in Spagna e la scoperta delle Americhe da parte del genovese Cristoforo Colombo;
- il 1517, anno in cui Martin Lutero diede avvio alla Riforma protestante.
- Il 1543, con la pubblicazione della teoria eliocentrica di Niccolò Copernico, secondo l'impostazione storiografica scientifica.
Secondo l'impostazione della storiografia marxista (ma condivisa anche da alcuni storici non marxisti), il Medioevo si concluderebbe con la fine del feudalesimo e l'avvento dell'industrializzazione nel XVIII secolo.
Suddivisioni |
Una suddivisione comunemente utilizzata del Medioevo è tra:
Alto Medioevo (detto anche "secoli bui"), che va dal V al X secolo ed è caratterizzato da condizioni economiche disagiate e da continue invasioni da parte di Slavi, Arabi, Normanni e Magiari;
Basso Medioevo o "tardo Medioevo", un periodo intermedio, che vede lo sviluppo di forme di governo basate su signorie e vassallaggio, con la costruzione di castelli e la rinascita della vita nelle città; poi un crescente potere reale e la rinascita di interessi commerciali, specie dopo la peste del XIV secolo.
Tra questi due periodi la più recente storiografia ha inserito il periodo del medio Medioevo o secoli centrali del Medioevo (XI-XII sec).[2]
In Europa si segue in genere la stessa periodizzazione tranne che in Germania dove si individua un Frühmittelalter (V-VIII), un Hochmittelalter (IX-XI) e un Spätmittelalter (XII-XV).[3]
Una suddivisione usata nel campo degli studi storici medievali è anche quella in quattro periodi:[4]
- Dal IV al VI secolo: Tarda Antichità. In questo periodo sopravvive un'autorità imperiale forte in Oriente, fino alla morte di Giustiniano I nel 565.
- Dal VII al X secolo: Alto Medioevo. In questo periodo le popolazioni barbariche si organizzano in regni ed ha inizio la presenza islamica nel bacino del Mediterraneo che, secondo una famosa tesi dello storico Henri Pirenne ormai superata, portò al definitivo tramonto degli equilibri del mondo antico, con uno spostamento verso nord del baricentro politico europeo.
- Dall'XI al XIII secolo: Pieno Medioevo. Si ha la piena e completa fioritura del sistema dei Comuni medievali e la lotta fra i due poteri universali, Impero e Papato.
- Dal XIV (dopo la peste nera) al XV secolo: Basso Medioevo o Tardo Medioevo. Si assiste alla crisi del sistema feudale e al rafforzamento delle monarchie nazionali europee.
Esistono inoltre altri periodi chiamati "Medioevo", applicati per esempio alla storia greca (il "Medioevo ellenico") o giapponese.
Tarda antichità |
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Sebbene il termine tarda antichità implichi, tradizionalmente, una valenza negativa e tra i secoli dal III al V l'area europea e del bacino del Mediterraneo subirono senz'altro un periodo di crisi, le trasformazioni in quest'epoca furono alla base per la nascita dell'identità europea.[5] Si registrò in quest'epoca il definitivo tramonto del sistema romano, con rivoluzioni sociali, economiche, culturali e religiose in larga scala.
Dopo aver raggiunto la sua massima estensione territoriale nel II secolo, il controllo di Roma sui propri territori si fece sempre più labile. Problemi economici, fra cui l'inflazione, e la sempre maggiore pressione sulle frontiere resero l'Impero fortemente instabile. Alla dinastia dei Severi (193-235) successe un periodo durato cinquant'anni di anarchia militare, denominato crisi del III secolo dove si assistette a una sempre più chiara tendenza di dominio dell'esercito nel processo di scelta e acclamazione dell'imperatore.
L'imperatore Diocleziano inaugurò un programma di riforme che rafforzarono il carattere assolutistico e gerarchico dell'Impero che, nel 286, venne diviso in due grandi regioni amministrative, formando così una diarchia in cui due imperatori si dividevano su base geografica il governo dell'impero. Dopo un periodo di guerra civile, l'imperatore Costantino, dopo aver ristabilito l'unità della carica imperiale, fece di Bisanzio una nuova capitale, col nome di Costantinopoli. Con l'Editto di Milano del 313, Costantino proclamò il Cristianesimo religio licita, cosa che ne favorì la diffusione. Divenne poi religione di Stato nel 380 (editto di Tessalonica).
Le riforme di Diocleziano crearono una forte burocrazia governativa, riformarono la fiscalità e rafforzarono l'esercito, non riuscendo però a risolvere completamente i problemi dell'impero, fra cui una tassazione eccessiva, il crollo della natalità e le pressioni sulle frontiere. Il mantenimento dell'esercito, necessario per le continue pressioni di tribù che in precedenza avevano avuto contatti pacifici con i Romani, richiedeva inoltre molte spese.
Le invasioni barbariche, chiamate nella storiografia tedesca Völkerwanderung ("migrazioni di popoli"),[6] furono delle irruzioni più o meno cruente e/o migrazioni delle popolazioni cosiddette "barbariche" (germaniche, slave, sarmatiche e di altri popoli di origine asiatica) all'interno dei confini dell'Impero romano, tra la fine del IV e il VI secolo, che si conclusero con la formazione dei Regni romano-barbarici. L'inizio del fenomeno è considerato la sconfitta del 378 nella Battaglia di Adrianopoli per mano dei Goti. L'impero fu costretto ad accogliere un grande numero di tribù germaniche come foederati e ammetterli come mercenari nell'esercito romano.[7]
Alcune di queste tribù "barbare" rifiutavano la cultura romana, mentre altri la ammiravano e aspiravano a emularla. In cambio di terra da coltivare e, in alcune regioni, del diritto di raccogliere il gettito fiscale per lo stato, le tribù federate fornirono sostegno militare all'impero. Altre incursioni rappresentarono invece invasioni militari su piccola scala di gruppi tribali riuniti per raccogliere bottino, come nel caso degli Unni, che facevano irruzione nei territori dell'Impero terrorizzando gli abitanti. L'invasione più famosa culminò nel Sacco di Roma dei Visigoti nel 410: per la prima volta in quasi 800 anni Roma era caduta a un nemico.
La pesante crisi sofferta dall'Impero romano d'Occidente culminò con la deposizione dell'ultimo imperatore romano Romolo Augusto nel 476 da parte di Odoacre, generale dell'esercito romano che, guidando una rivolta di sciri, eruli e rugi, e non proclamandosi a sua volta imperatore, mise definitivamente fine all'esistenza formale dell'Impero d'Occidente. Il 476 è considerato per questo la data convenzionale dell'inizio del Medioevo.[8] Il periodo successivo alla deposizione dell'ultimo imperatore non si risolse nella fine della civiltà romana, ma nella sua fusione con quella di altre popolazioni, che determinò il sorgere di una nuova civiltà latino-germanica.
Alto Medioevo |
I Regni romano-barbarici |
Nonostante la struttura politica nell'Europa occidentale fosse cambiata, il collasso dell'Impero non fu drammatico come si pensava in passato. In aree come la Spagna e l'Italia l'incontro fra la cultura romana e i costumi degli invasori portò a una fusione, mentre in altre aree, dove c'era un peso maggiore delle popolazioni barbariche, si adottarono nuove lingue, costumi e modi di vestire. Il latino dell'Impero d'Occidente fu gradualmente sostituito dalle lingue romanze, mentre il greco rimase la lingua dell'Impero d'Oriente, anche se successivamente si aggiunsero le lingue slave. L'artigianato degli invasori era spesso simile a quello romano, con manufatti barbarici spesso modellati sui manufatti romani. Allo stesso modo, la cultura intellettuale dei nuovi regni era direttamente basata sulle tradizioni intellettuali romane.
Un'importante differenza col passato fu la diminuzione graduale del gettito fiscale. La maggior parte delle nuove entità politiche non pagavano i loro eserciti con i proventi delle tasse, ma con terre. Questo diminuiva la necessità di grosse entrate fiscali, e quindi il sistema di tassazione decadde. Declinò anche la schiavitù, e la società cittadina andò in crisi. Crollarono le infrastrutture civili e ogni nuovo edificio veniva costruito su una scala molto più piccola di prima. Città e mercanti soffrirono la mancanza di condizioni di sicurezza per il commercio e la manifattura. Essendo divenuto pericoloso viaggiare o trasportare merci su qualsiasi distanza, ci fu un crollo nel commercio e nella produzione per l'esportazione. Le maggiori manifatture che dipendevano sul commercio a lunga distanza, come la produzione di vasi di ceramica su larga scala, quasi scomparvero in alcuni punti d'occidente.
Fra il V e il VIII secolo nuovi popoli riempirono il vuoto politico lasciato dal governo centralizzato romano. Le tribù germaniche stabilirono egemonie regionali entro i confini precedenti dell'impero, creando i cosiddetti regni romano-barbarici. Gli Ostrogoti si stabilirono nel tardo V secolo sotto Teodorico e fondarono un regno basato sulla cooperazione fra Italiani e Ostrogoti, che durò fino agli ultimi anni del regno di Teodorico. I Burgundi si stabilirono inizialmente in Gallia, per poi fondare un nuovo regno tra Ginevra e Lione. In Gallia nacquero i regni dei Franchi e dei Bretoni. Altri regni furono fondati dai Visigoti in Spagna, dai Suebi in Galizia, da Angli e Sassoni in Britannia e Vandali in Nordafrica. Questi regni venivano via via riconosciuti da Bisanzio, dall'unico imperatore rimasto, il quale non era interessato al governo sostanziale di quell'area ormai impoverita e decentrata che era l'Occidente, ma gli era sufficiente che i nuovi re si sottomettessero formalmente al suo comando, in cambio della legittimazione.
Nonostante il ruolo distruttivo che spesso i popoli invasori svolsero nelle terre invase, quasi tutti i nuovi regni furono a loro volta estremamente vulnerabili e in qualche caso anche molto piccoli. Alcuni, come quelli dei Burgundi o dei Suebi, vennero assimilati dai vicini; altri, come quelli dei Vandali o degli Ostrogoti, crollarono sotto l'offensiva di Bisanzio, che tentò di ricostruire l'unità dell'Impero. Quelli dei Visigoti e dei Franchi invece sopravvissero, sia per la rapida integrazione tra la popolazione residente e gli invasori, sia per la collaborazione con la Chiesa e con esponenti del mondo intellettuale latino.
Nel 568 i Longobardi, guidati da Alboino, si insediarono in Italia, dove diedero vita a un regno indipendente che estese progressivamente il proprio dominio sulla massima parte del territorio italiano continentale e peninsulare. Il dominio longobardo fu articolato in numerosi ducati, che godevano di una marcata autonomia rispetto al potere centrale dei sovrani insediati a Pavia; nel corso dei secoli, tuttavia, i sovrani estesero progressivamente l'autorità del re, conseguendo progressivamente un rafforzamento delle prerogative regie e della coesione interna del regno.
La chiesa e il monachesimo |
La struttura ecclesiastica della Chiesa cristiana sopravvisse quasi intatta alle invasioni barbare. Il vescovo di Roma cercò in questo periodo di far valere la sua preminenza sugli altri vescovi in base al primato di Pietro. Il contributo più rilevante nell'Alto Medioevo al rafforzamento della figura del pontefice venne dal papato di Gregorio Magno. Fu il primo papa a esercitare il potere temporale sul Patrimonio di san Pietro e promosse l'evangelizzazione missionaria in Britannia, affidandola ad Agostino di Canterbury. Monaci iro-scozzesi, come Colombano, operarono nel VI e VII secolo in Europa centrale per fondare monasteri e convertire le tribù germaniche ancora pagane.
Nel VI secolo in Europa occidentale si diffuse il monachesimo, un'istituzione dai tratti originali, che si presentò come una novità rispetto alla tradizionale società cristiana fondata sul dualismo tra il clero e i fedeli. Il monachesimo cristiano si sviluppò sin dal IV secolo quando i cosiddetti Padri del deserto abbandonarono le città per vivere in solitudine nei deserti d'Egitto, di Palestina e di Siria. Antonio il Grande è considerato l'iniziatore della via eremitica e Pacomio di quella cenobitica. Gli ideali monastici si diffusero dall'Egitto all'Europa occidentale fra V e VI secolo grazie alla letteratura agiografica, come la Vita di Antonio scritta dal vescovo Atanasio di Alessandria. Fondamentale fu l'attività di Benedetto da Norcia, che nel 529 si stabilì a Montecassino e istituì una Regola comune di vita cenobitica che nel corso dei secoli venne impiegata in tutto l'Occidente. I monasteri si diffusero in Europa e divennero non solo centri religiosi, ma anche economici e di diffusione e conservazione della cultura. Infatti, nelle biblioteche dei monasteri furono raccolti, conservati e copiati moltissimi testi classici che, in tal modo, si salvarono dalla distruzione.
Il Cristianesimo rappresentò il principale fattore di unificazione fra l'Europa occidentale e orientale nell'Alto Medioevo, ma i rapporti fra Roma e Bisanzio s'incrinarono progressivamente. L'imperatore bizantino vedeva come naturale una sua funzione di controllo sui cinque patriarcati, favorendo il Patriarca di Costantinopoli, mentre il papato cercava di affermare la sua supremazia sulle altre diocesi. Dall'VIII secolo le dispute teologiche sull'iconoclastia e il filioque e quelle politiche riguardo al controllo dell'Impero sul Patrimonio di san Pietro acuirono le differenze fra Chiesa romana e greca, che sfoceranno poi nello Scisma d'Oriente.
L'Impero bizantino |
Mentre la pars occidentis dell'Impero collassava travolta dalle invasioni barbariche, l'Impero romano d'Oriente, noto come Impero Bizantino (denominazione apparsa successivamente alla Caduta di Costantinopoli, per rimarcarne la distinzione con l'Impero romano classico), sopravvisse.
La storiografia è incerta sulla data di nascita dell'Impero bizantino, e diversi sono gli eventi considerati determinanti per la nascita dell'Impero bizantino: il 330 (rifondazione di Bisanzio come Costantinopoli), il 395 (morte di Teodosio I), il 476 (caduta dell'Impero d'Occidente), il 565 (morte di Giustiniano I e del sogno della Restauratio imperii). La data prevalentemente accettata dal mondo accademico dell'inizio del "periodo bizantino" è tuttavia il 610, anno dell'ascesa al trono di Eraclio I, il quale modificò notevolmente la struttura dell'Impero, proclamò il greco lingua ufficiale in sostituzione del latino e assunse inoltre il titolo imperiale di basileus, al posto di quello di augustus usato fino a quel momento.
L'Impero bizantino era caratterizzato da relazioni strette con la Chiesa cristiana, e le discussioni teologiche assunsero una forte importanza nella politica bizantina. Lo sviluppo della giurisprudenza portò al Codice teodosiano prima e al Corpus Iuris Civilis, con Giustiniano poi. Durante il regno di Giustiniano si assistette all'ultimo concreto tentativo di riconquistare le regioni occidentali, per ristabilire l'unità dell'Impero romano (Restauratio Imperii). I Bizantini riuscirono a riconquistare le province dell'Africa Settentrionale e parte della Spagna dai Vandali, e, al termine della guerra greco-gotica combattuta contro gli Ostrogoti, l'intera Italia, stabilendo una supremazia in ambito mediterraneo. Sotto il regno di Giustiniano fu inoltre costruita, a Costantinopoli, la Basilica di Santa Sofia.
Dopo la morte di Giustiniano la situazione dell'impero, schiacciato dalle avanzate di Avari e Slavi da una parte e Sasanidi dall'altra, si complicò. Gli Avari dalla seconda metà del VI secolo iniziarono a espandersi nelle steppe dell'odierna Ungheria, impadronendosi del bacino dei Carpazi, arrivando nel 626 a cingere d'assedio la stessa Costantinopoli. Dopo la morte dell'imperatore Maurizio, i Persiani avanzarono in Asia Minore, occuparono la Siria e si spinsero fino in Egitto. La ripresa avvenne con Eraclio I, che respinse gli Avari e sconfisse i Sasanidi a Ninive nel 627, costringendoli nel 628 a cedere tutti i territori da loro occupati nel corso della guerra. L'enorme sforzo bellico impedì negli anni successivi di opporsi alla lenta infiltrazione di Slavi e Bulgari nei Balcani, che portò poi all'occupazione di gran parte dell'Europa orientale alla metà del VII secolo, e alla conquista araba delle terre imperiali comprese tra il litorale siro-palestinese e l'Africa romanizzata. L'Impero, inoltre, si ripiegò su sé stesso dal punto di vista culturale, con lo smarcamento dal controllo culturale e religioso dei Basileus dell'Europa occidentale e la conseguente frattura fra Europa latino-germanica ed Europa bizantina.
Nascita ed espansione dell'Islam |
Nel VI secolo, la Penisola arabica era abitata, nelle sue aree centrali e settentrionali, da tribù nomadi indipendenti mentre in quelle meridionali erano attive culture sedentarie dedite al commercio. I beduini, abitanti della steppe arabe, erano invece dediti al piccolo e grande nomadismo a causa del loro speciale modo di sussistenza che si basava strettamente sull'allevamento e sulla razzia ai danni di altri gruppi, nomadi e non, e delle carovane dei mercanti. Gli Arabi erano in massima parte politeisti e la Kaʿba di Mecca, nella regione del Hijāz, era un santuario (bayt) cui giungevano annualmente pellegrini provenienti da tutta la Penisola araba, per motivi principalmente religiosi ma anche commerciali, favoriti come essi erano dalla tregua che caratterizzava il hajj preislamico.[9] All'inizio del VII secolo, Maometto riuscì a fare degli arabi una nazione, fondando uno Stato teocratico. I successori politici di Maometto, i califfi, avviarono una rapida espansione territoriale, che seppe sfruttare le debolezze dell'Impero bizantino e di quello persiano sasanide, indeboliti dal conflitto sopraccitato, che sottovalutarono i beduini. Nel 637 veniva conquistata Seleucia-Ctesifonte, capitale dell'Impero persiano. All'Impero bizantino vennero strappate Siria[10] (637), Egitto, Cirenaica e Tripolitania (642-645).
Per un trentennio il califfato fu elettivo, prima di diventare ereditario con la dinastia degli Omayyadi che trasferirono nel 661 la capitale da Medina[11] a Damasco. Durante l'epoca omayyade continuarono le conquiste: intorno al 670 gli Arabi conquistarono l'Ifriqiya, ossia l'antica provincia romana dell'Africa proconsularis. Nel 710/711, dopo aver concluso la conquista del Maghreb, un corpo di spedizione arabo-berbero guidato da Tariq ibn Ziyad, governatore di Tangeri, superò il breve braccio di mare che divide l'Africa e la Penisola iberica. Il regno visigoto, che all'epoca occupava la penisola e parte della odierna Francia meridionale, fu nel giro di pochi mesi travolto dagli invasori musulmani. La Penisola iberica divenne una provincia del califfato e fu chiamata al-Andalus. Mentre gli Arabi organizzavano questo loro dominio occidentale, i cristiani, per conto loro, diedero vita a nuovi organismi politico-statuali; il maggiore, e più importante storicamente, fu il Regno delle Asturie, poi diventato asturleonese.
Nel 717, sul fronte orientale, i musulmani avevano posto l'assedio a Costantinopoli, ma la distruzione della flotta araba grazie al "fuoco greco" impedì temporaneamente l'espansione verso la Penisola balcanica. L'importante vittoria di Leone III Isaurico venne ridimensionata in Occidente nella storiografia successiva, perché l'imperatore era considerato un eretico iconoclasta: il mito di aver fermato gli arabi venne tributato invece a un fatto secondario, la battaglia di Poitiers.
Gli Omayyadi avevano trasformato i territori conquistati in un impero ereditario, con un'amministrazione fiscale sempre più preoccupata a drenare risorse per forze armate destinate a diventare pletoriche. Tutti i 90 anni circa omayyadi furono squassati da continue rivolte alidi (solo dal II secolo si potrà parlare di Sciismo) e kharigite. Gli Abbasidi, parte importante del movimento alide, sconfissero l'ultimo califfo omayyade nel 750. Il potere passò così nelle mani di una nuova aristocrazia aperta alle influenze culturali persiane, con lo spostamento della capitale, e del baricentro dell'impero, da Damasco a Baghdad. Nella vastissima dominazione abbaside si svilupparono col tempo autonomie regionali molto forti, ricordati semplicemente col termine di emirati.
Uno dei primi emirati a nascere fu quello di al-Andalus nella Penisola iberica, con capitale Cordova, fondato da un membro della casa omayyade sfuggito alle stragi perpetrate dagli Abbasidi contro la famiglia califfale sconfitta. L'emirato riuscì a imporre la propria egemonia su buona parte della Penisola, tanto che nel 929 ʿAbd al-Raḥmān III assunse il titolo di califfo. Un altro importante emirato fu quello dell'Ifriqiya, concesso ereditariamente dal califfato all'Emiro Ibrahim ibn al-Aghlab (da cui il nome della dinastia degli Aghlabidi), con centro a Qayrawan in Tunisia. Qui si affermò nel 909 la dinastia dei Fatimidi, che occuparono nel 969 l'Egitto e assunsero il titolo di Imam, confermando la crisi del potere abbaside e quindi l'ormai avvenuta frammentazione della Umma islamica.
Il regno dei Franchi e l'impero carolingio |
Il regno dei Franchi, sotto Clodoveo, della dinastia dei Merovingi, si espanse, sconfiggendo Alamanni e Visigoti. Verso la fine del V secolo Clodoveo si convertì al cristianesimo romano, riconoscendo l'autorità del papato. In tal modo i Franchi evitarono contrasti con la locale aristocrazia gallo-romana e ottennero l'appoggio dei vescovi. Già alla morte di Clodoveo il regno dei Franchi si spaccò. Si formarono, fra VI e VII secolo, i regni di Austrasia, Neustria e Borgogna, governati da esponenti della dinastia merovingia. Le varie branche della famiglia merovingia si resero spesso protagoniste di conflitti interni, mentre il potere dei Merovingi si affievoliva a favore dei cosiddetti maestri di palazzo, che presero il potere de facto durante il VII secolo. Alcuni dei maestri di palazzo più influenti furono i Pipinidi, discendenti di Pipino di Landen.
Il potere della dinastia si rinsaldò con la leggendaria vittoria di Carlo Martello alla battaglia di Poitiers del 732 (o 733) sui musulmani di al-Andalus, evento considerato dalla storiografia tradizionale come il freno all'avanzata musulmana in Europa. In realtà questo episodio non va sopravvalutato e le incursioni infatti non terminarono negli anni successivi. Per le ambizioni di Carlo Martello, però, lo scontro dimostrava la sua capacità di ergersi a "difensore della Cristianità". La dinastia carolingia, nome con cui sono conosciuti i successori di Carlo Martello, prese ufficialmente il potere sui regni di Austrasia e Neustria nel 751 con Pipino il Breve. Papa Stefano II consacrò personalmente Pipino, legittimando il suo potere. La propaganda pipinide coniò in questo periodo la definizione di "re fannulloni" per i Merovingi, esaltando al contempo la vittoria di Carlo Martello sui musulmani.
La dinastia pipinide costruì la propria egemonia grazie al ricorso sistematico a raccordi personali. Alla disgregazione del potere centrale e al pericolo delle incursioni esterne, i maestri di palazzo e i maggiori aristocratici del regno risposero colmando i vuoti di potere tramite la rete vassallatico-beneficiaria, più conosciuta come sistema feudale. I vassalli si mettevano sotto la protezione di un signore, giurandogli fedeltà e prestando servizio (perlopiù di natura militare) a quest'ultimo, ricevendone in cambio protezione e un "benificium", termine che lascerà gradualmente posto al più noto feudo. L'oggetto del beneficio poteva essere qualsiasi bene, una rendita in denaro o beni mobili, ma nell'impostazione più tipica del sistema era un terreno, eventualmente con edifici costruiti su di essa. È importante sottolineare come all'inizio il terreno del quale beneficiavano i vassalli fosse concesso solo a titolo di usufrutto: essi ne erano possessori, ma non godevano della piena proprietà. Per questo alla loro morte il possesso ritornava al signore e non si tramandava agli eredi. Analogamente non poteva essere fatto oggetto di transazione, né venduto né alienato in alcun modo.
Alla morte di Pipino il Breve nel 768, i suoi due figli Carlo Magno e Carlomanno si spartirono l'eredità. Quando Carlomanno morì per cause naturali, Carlo Magno si ritrovò a essere l'unico re dei Franchi. Carlo Magno intraprese dal 774 un'espansione sistematica che avrebbe unificato buona parte dell'Europa occidentale nell'Impero carolingio, controllando l'attuale Francia, l'Italia settentrionale e la Germania occidentale. L'incoronazione imperiale di Carlo Magno nella notte di Natale dell'800 segnò un punto di svolta nella storia medievale. L'assunzione del titolo imperiale da parte di Carlo Magno peggiorò inoltre le relazioni con l'Impero bizantino, che non riconobbe l'avvenimento.
L'Impero era suddiviso in comitati, di estensione varia, amministrati da conti, agenti territoriali del potere regio. La contea poteva a volte corrispondere ad antiche circoscrizioni pubbliche romane, mentre ai margini dell'Impero erano state costituite le marche, territori con fortificazioni e guarnigioni militari considerevoli. Il controllo sul territorio fu rafforzato con un sistema di emissari, i missi dominici, che si occupavano del controllo dei funzionari pubblici e della diffusione dei capitolari. Pur senza abbandonare l'uso barbarico di una corte itinerante, Carlo scelse dal 794 una residenza privilegiata, Aquisgrana, sede del palazzo reale.
Carlo Magno dette impulso a una vera e propria riforma nei vari ambiti culturali (in architettura, nelle arti filosofiche, nella letteratura, nella poesia) che è stata definita dagli storici novecenteschi "Rinascita carolingia". Istituì la schola palatina presso il palazzo reale di Aquisgrana, diretta da Alcuino di York, e favorì l'insegnamento delle arti secondo la divisione nel trivium, e nel quadrivium, in un rinnovato interesse per gli studi classici. In generale ripresero vigore le scuole presso le sedi vescovili, le scuole cattedrali, e nei monasteri. È nel periodo carolingio che venne elaborata una nuova forma di scrittura, la minuscola carolina, per facilitare il lavoro di copia degli amanuensi e la lettura dei testi essenziali, costituendo la base di ogni successiva corsiva minuscola.
Già con il figlio di Carlo Magno, Ludovico il Pio, la debolezza del potere centrale aveva innescato una deriva dell'Impero carolingio della quale approfittarono le aristocrazie per esercitare il potere in maniera sempre più libera e arbitraria. Alla morte di Ludovico il Pio (840) Lotario I assunse la corona imperiale, come previsto dal padre, mentre i due fratelli superstiti Ludovico e Carlo si allearono per obbligarlo a cedere una parte del potere. Il giuramento di Strasburgo, rivolto alle truppe dei due fratelli, è rimasto famoso perché conserva il primo accenno scritto alle nascenti lingue francesi e tedesca. Nell'843, con il trattato di Verdun, Lotario dovette scendere a patti: mantenne la corona imperiale ma si limitò a governare la fascia di territorio centrale chiamata Lotaringia e l'Italia. Carlo il Calvo prese la "Francia occidentale" e Ludovico il Germanico la "Francia orientale". Con la morte di Lotario, Ludovico prese la corona imperiale, quindi nell'875 gli successe Carlo il Calvo.
L'Europa post-carolingia |
Carlo il Calvo morì nell'877 con l'impero carolingio ormai in dissoluzione. Gli successe Carlo il Grosso, figlio di Ludovico il Germanico, che fu deposto da una dieta di Grandi dell'Impero nell'887. A quel punto l'impero di Carlomagno fu definitivamente disgregato e le diverse fazioni cercarono di porre il proprio controllo sulla corona: Arnolfo di Carinzia fu proclamato re dei Franchi orientali, Oddone di Parigi fu proclamato re dei Franchi occidentali, mentre Berengario del Friuli e Guido II di Spoleto finirono per contendersi la corona di re d'Italia. Le dinastie carolinge si estinsero nei diversi reami, sebbene il titolo imperiale sopravvisse, diventando simbolo di un'autorità sempre più teorica, fino a rimanere vacante a partire dal 924. I nuovi sovrani, perdendo la visuale universalistica dei loro predecessori, cominciarono a far sempre più riferimento alle realtà nazionali costituenti i propri domini.
Il collasso dell'impero carolingio fu accompagnato dalle cosiddette "seconde invasioni", con gruppi non numerosi ma molto agguerriti e affamati di preda, provenienti sia da est ma anche, e questa fu una novità nel panorama europeo, da sud e da nord. Vari aggregati tribali scandinavi, definiti Vichinghi o Normanni, si resero protagonisti di saccheggi sulle coste atlantiche e settentrionali fra la fine dell'VIII e l'XI secolo, stabilendosi poi nelle Isole britanniche, Islanda e nell'Italia meridionale. Nel 911 con Rollone fu stabilito un ulteriore insediamento normanno in quella che sarebbe stata poi chiamata "Normandia". Germania e Italia erano invece sotto il costante attacco degli Ungari. A questo quadro si aggiungevano le scorrerie navali dei Saraceni, che riguardavano prevalentemente il Mediterraneo. Per la prima volta dal tempo dei vandali le incursioni provenivano dal mare e ciò comportò gravi conseguenze per tutti gli insediamenti costieri, che andò dallo spopolamento alla vera e propria rifondazione in zone interne più al riparo.
Agli inizi del X secolo, si stabilì nel Regnum Teutonicorum, nuova denominazione del regno dei Franchi orientali, la dinastia ottoniana. Ottone I frenò definitivamente le incursioni magiare con la battaglia di Lechfeld nel 955: gli Ungari furono convertiti al cristianesimo e vennero fatti insediare sul medio corso del Danubio, dando origine a un regno che da essi prese il nome di Ungheria. Dopo essere intervenuto anche in Italia, nel 962 Ottone si fece incoronare imperatore da Papa Giovanni XII. Gli storici considerano questo evento come la fondazione del Sacro Romano Impero, sebbene il termine fu adottato successivamente. Nel 972 Ottone si assicurò il riconoscimento del suo titolo dall'Impero bizantino, sigillandolo col matrimonio fra suo figlio Ottone II e la principessa bizantina Teofano. L'Italia, e in seguito la Borgogna, entrarono nella sfera d'influenza ottoniana, mentre il Regno dei Franchi Occidentali, frammentato in signorie locali, rimaneva fuori dal Sacro Romano Impero.
Il sistema curtense |
Nella Gallia merovingia si registra per la prima volta la presenza di tenute bipartite, le curtis, articolate in base a una distinzione tra l'appezzamento centrale direttamente gestito dal proprietario fondiario, la pars dominica (terra del dominus), e i fondi affidati ai coloni, la pars massaricia. Quest'ultima era composta da piccoli poderi, detti mansi, sufficienti al sostentamento di una famiglia (5-30 ettari), concessi in affitto a famiglie di massari liberi in cambio di un censo in denaro o in natura oppure affidati al lavoro dei servi casati. Dalla metà dell'VIII secolo si diffuse la pratica di coltivare il dominico attraverso il lavoro forzato (le cosiddette corvées) degli affittuari del massaricio, secondo il modello economico chiamato dagli storici "sistema curtense". L'economia curtense era diffusa soprattutto nel regno dei Franchi e in particolare tra la Loira e la Senna, che con alcune varianti si radicò un po' in tutta l'Europa cristiana.
Nel IX secolo incominciarono a comparire diverse innovazioni nella coltivazione. Precedentemente la rotazione era biennale: un anno si coltivavano cereali e l'anno successivo la terra era tenuta a riposo (maggese).
In questo periodo si passò dalla rotazione biennale alla rotazione triennale: il primo anno l'appezzamento era coltivato a cereali invernali, il secondo anno si seminavano legumi o cereali primaverili e solo nel terzo anno il terreno erano lasciato a maggese. Contemporaneamente si diffuse l'aratro pesante, a vomere asimmetrico, dotato di avantreno mobile su ruote e che necessitava di essere trasportato da buoi o talvolta cavalli. Il suo utilizzo portò a un susseguirsi di invenzioni per facilitare il compito dell'animale quale il giogo frontale per i buoi e il collare da spalla per i cavalli. Si avviò così un processo che lentamente condusse a un aumento, seppur modesto, delle rese agricole.
Pieno Medioevo |
Le signorie di banno e l'incastellamento |
I sovrani dei regni e dei principati nati dal collasso della formazione carolingia si dimostrarono spesso incapaci di fronteggiare le invasioni di Ungari, Normanni e Saraceni. I signori locali, sia laici che ecclesiastici, cominciarono a erigere castelli (dal latino castrum, fortezza) per proteggere i propri possedimenti e a organizzare una difesa indipendente, dando inizio al fenomeno dell'incastellamento. La costruzione di castelli trovava talvolta il consenso del sovrano, ma spesso l'incastellamento avveniva su iniziativa dei signori del luogo senza alcuna preventiva autorizzazione. Inizialmente i castelli si presentavano come semplici insiemi di edifici dalla struttura ancora abbastanza primitiva, recintati da palizzate in legno e contrafforti di terra. Progressivamente la pietra sostituì il legno nelle fortificazioni, si sfruttò meglio la fisionomia del suolo collocando i castelli su alture, si ampliarono le zone abitabili e i magazzini. La conseguenza principale del fenomeno dell'incastellamento fu il rafforzamento dei poteri locali, che garantivano un controllo più efficace del territorio e dei suoi abitanti.
Conti e marchesi ottennero col capitolare di Quierzy, emanato da Carlo il Calvo nell'877 la possibilità di trasmettere le cariche comitali e i feudi in eredità (seppur provvisoriamente, in casi eccezionali, come la partenza del re per una spedizione militare).[12] Soltanto dal 1037 ci fu la vera ereditarietà, quando i feudatari ottennero l'irrevocabilità e trasmissibilità ereditaria dei beneficia con la Constitutio de feudis dell'imperatore Corrado II.[13] I conti non riuscivano però a esercitare i loro poteri sull'intera antica circoscrizione pubblica, ma solo sulle terre di proprietà della famiglia. Nel resto dell'antica circoscrizione l'autorità del conte trovava un ostacolo nell'emergere di poteri di fatto di istituti ecclesiastici e famiglie aristocratiche, che tentavano di esercitare sui propri possessi i poteri degli ufficiali pubblici, riuscendoci nei periodi di maggiore disordine o se avevano edificato un castello. A loro volta i detentori di cariche comitali trattavano come patrimonio personale i territori affidatigli in qualità di conti o marchesi.
Mentre i signori fondiari esercitavano il loro potere solo sui coltivatori di fondi dati in concessione, i cosiddetti "signori di banno" (o di castello, o territoriali), una volta fortificati i propri possedimenti, iniziarono a esercitare la loro autorità su tutti coloro che abitano nelle vicinanze del castello, sia che si trattasse di uomini liberi, servi, piccoli proprietari o affittuari. La principale caratteristica di questa signoria era l'esercizio dei cosiddetti poteri di banno, ossia facoltà giudiziarie, fiscali e militari un tempo prerogative regie. Le signorie di banno progressivamente si sovrapponevano e si sostituivano alle precedenti signorie fondiarie. Il consolidamento della signoria di banno contribuì alla delimitazione di precisi confini territoriali entro cui tutti gli abitanti erano sottomessi al potere del dominus loci, che si assumeva il compito di difendere militarmente il territorio. I signori locali godevano inoltre delle cosiddette bannalità, ossia il potere di imporre monopoli legati ai diritti di uso delle risorse del territorio, come lo sfruttamento dei boschi e l'uso del mulino del signore per macinare.
La società signorile |
L'affermarsi dei poteri signorili portò a una netta distinzione fra chi esercitava il potere e chi lo subiva. Furono elaborate ideologie e immagini della società, a partire dall'XI secolo con Adalberone di Laon (nella sua opera Carmen ad Robertum regem), che distinguevano i bellatores, coloro che proteggevano con le armi i deboli dai soprusi e la chiesa dai nemici della Cristianità, gli oratores, i membri del clero specialisti della preghiera, e i laboratores, che procuravano il cibo alle altre due categorie, sostenendo l'intera società.
In questo contesto cambiavano anche le forme di definizione della supremazia sociale. Secondo Marc Bloch tra il XII e il XIII secolo era avvenuto un passaggio dalla condizione di "nobiltà di fatto", ovvero dall'organizzazione in forme aperte e fluide, alla condizione di "nobiltà di diritto", con la definizione di un ceto chiuso a base ereditaria.
Al concetto di nobiltà è connesso il concetto di cavalleria. I cavalieri, di origini sociali diverse, erano specialisti della guerra che aiutavano i signori nell'esercizio del loro dominio. Il possesso del costosissimo equipaggiamento militare e il prestigio crescente dei cavalieri portò a una progressiva identificazione tra cavaliere e nobile. L'introduzione di un'investitura formale, l'adoubement, contribuì alla percezione della cavalleria come gruppo limitato.[14] La tendenza, fra XI e XII secolo, a riservare l'addobbamento ai soli figli dei cavalieri, era segno dell'ormai avvenuta identificazione della cavalleria con la nobiltà, ormai considerata una classe chiusa.
La riforma gregoriana e i nuovi movimenti religiosi |
Sin dall'alto Medioevo la chiesa esercitava un controllo non solo religioso, ma anche politico ed economico sul territorio. Tali funzioni avevano attratto l'aristocrazia militare, da cui, intorno all'anno Mille, provenivano vescovi e abati. In questo quadro si collocano anche le ecclesie propriae, ossia le chiese fondate dai potenti. Nacquero allora le prime perplessità circa le ingerenze laiche nella Chiesa, la cosiddetta questione della libertas Ecclesiae. La fondazione del monastero di Cluny a Mâcon nel 909/910 è stata a lungo considerata premonitrice della riforma della chiesa, sebbene nacque come monastero privato di Guglielmo I di Aquitania. L'abbazia era esente dal controllo vescovile grazie alla subordinazione diretta alla santa Sede. A Cluny fu affidato alla preghiera corale un ruolo di primo piano, mentre il lavoro veniva delegato in larga parte a laici. Tra i secoli X e XI sorsero numerosissimi monasteri, dipendenti dall'abbazia di Cluny, che aderirono al suo esempio affidandosi direttamente alla Santa Sede (la cosiddetta congregazione cluniacense).
Al clima della riforma cluniacense si doveva il diffondersi di un desiderio di riforma nella chiesa secolare. Erano frequenti pratiche come la simonia (vendita delle cariche), nicolaismo (concubinato) e il nepotismo (trasmissione delle cariche a parenti prossimi) o, soprattutto tra i vescovi, pratiche come la mondanità, la superficialità religiosa e l'uso di considerare l'investitura episcopale come una lucrosa rendita. I movimenti dei patarini e dei vallombrosiani si scagliarono contro il malcostume dei vescovi locali.
Il lungo periodo di progressivo distanziamento fra Roma e Costantinopoli portò nel 1054 allo Scisma d'Oriente: Papa Leone IX, attraverso il suo legato Umberto di Silvacandida, e il patriarca Michele I Cerulario si scomunicarono a vicenda. La Chiesa Cattolica romana ruppe ogni rapporto con la chiesa greco-bizantina, che si autodefinì Chiesa ortodossa. Lo scisma non fu mai più ricomposto e la frattura fra Occidente e Oriente divenne insanabile.
Niccolò II nel 1059 emanò uno statuto che fu alla base della Riforma gregoriana, il Decretum in electione papae: l'elezione pontificia da allora si sarebbe svolta durante un sinodo dei cardinali, titolari di chiese di Roma e dintorni (sedi suburbicarie). Ildebrando di Soana, salito al soglio come Gregorio VII (1073), nel 1075 ribadì il divieto per i laici di investire gli ecclesiastici e nello stesso anno formulò il Dictatus papae, raccolta di 27 proposizioni che stabilivano la supremazia del pontefice sulla Chiesa e gli attribuivano la facoltà di deporre i sovrani laici. Iniziava così la cosiddetta lotta per le investiture. Nel sinodo di Worms (1076) l'imperatore Enrico IV dichiarò il papa deposto, mentre Gregorio VII scomunicò e depose l'Imperatore sciogliendo i suoi sudditi dall'obbedirgli. A causa della ribellione dei grandi feudatari tedeschi, Enrico IV si recò nel 1077 davanti al castello di Canossa per ottenere il perdono del Papa con la mediazione della contessa Matilde (umiliazione di Canossa). Ottenuto il perdono, Enrico IV nominò un antipapa e occupò Roma nel 1084. Gregorio VII fuggì sotto la protezione dei Normanni e morì alcuni mesi dopo. I problemi rimasero irrisolti fino al 1122, quando papa Callisto II e il nuovo imperatore Enrico V firmarono il concordato di Worms, che regolamentò le nomine dei vescovi e degli abati nei territori imperiali.
Il Pieno Medioevo fu un periodo di grandi movimenti religiosi. La nascita di nuovi ordini monastici (Certosini e Cistercensi) e di ordini religiosi cavallereschi nell'XI secolo avevano già manifestato l'esigenza di ritornare alla povertà della Chiesa primitiva. Si diffusero fra il XII e il XIII secolo movimenti pauperistici fondati sull'ideale della vita apostolica e sulla volontà dei laici di predicare il Vangelo. Gruppi religiosi come i Valdesi e gli Umiliati furono condannati come eretici dal papato. I Catari (o albigesi) nel sud della Francia fecero presa su gran parte della popolazione, e contro di essi fu avviata una vera e propria crociata nel 1209. Nel novembre del 1215 Innocenzo III convocò il IV concilio lateranense, in cui venne definitivamente dichiarata la superiorità della Chiesa rispetto a qualunque altro potere secolare, quale unica depositaria della Grazia e esclusiva mediatrice tra Dio e gli uomini. Se da un lato si istituiva il tribunale dell'Inquisizione contro le eresie nel 1231, dall'altro si incoraggiava la predicazione popolare legittimando gli Ordini mendicanti (Francescani e Domenicani), che avevano giurato voti di povertà e si guadagnavano da vivere mendicando.
I poteri universali |
Dopo il Concordato di Worms l'importanza del Papato nello scenario politico europeo è sempre maggiore, grazie anche alla frequente convocazione di concili ecumenici. L'azione del papa si basava su un'ideologia universalistica, nata col Dictatus Papae, che poneva il pontefice sopra ogni altro potere. Si richiamavano a un potere universale anche gli imperatori del Sacro Romano Impero, legandosi all'eredità dell'Impero di Roma. Papato e Impero entrarono in crisi nello stesso periodo, fra la metà del XIII secolo e i primi anni del XIV secolo, e i loro progetti di supremazia universalistica tramonteranno di fronte all'emergere delle monarchie nazionali.
Nel 1152 salì al trono di Germania Federico, duca di Svevia, poi noto in Italia come il "Barbarossa". Federico iniziò una politica conciliante, rinsaldando il potere in Germania, per poi scendere in Italia nel 1154 per essere incoronato e poi iniziare a imporre la propria volontà ai comuni italiani. Durante la dieta di Roncaglia (1158) emise la constitutio de regalibus, dove stabiliva le prerogative dell'autorità regia (le regalie) che i comuni avevano usurpato. Questa politica procurò a Federico l'inimicizia dei comuni dell'Italia settentrionale, capeggiati da Milano. Dopo la distruzione di Crema (1159) e Milano (1162), le città reagirono dando vita nel 1167 alla Lega Lombarda, un'alleanza di carattere militare. Lo scontro decisivo avvenne nel 1176 con la battaglia di Legnano, dove Barbarossa fu sconfitto dalle truppe comunali. Nel 1183 con la pace di Costanza Barbarossa riconobbe l'autonomia dei Comuni. In seguito Federico si accordò col re di Sicilia combinando il matrimonio tra suo figlio, il futuro Enrico VI, e la figlia di re Ruggero, Costanza d'Altavilla, celebrato nel 1186.
Nel 1190 Barbarossa morì in Anatolia durante la spedizione della terza crociata. Suo figlio Enrico VI fu incoronato imperatore l'anno successivo e nel 1194 ottenne anche la corona di Sicilia. Enrico dovette affrontare le proteste dei nobili tedeschi, contrari al tentativo di trasformare la corona imperiale in un titolo ereditario per la dinastia sveva. Alla prematura morte di Enrico VI, il figlio Federico, a soli tre anni, fu proclamato re di Sicilia (1198) sotto la reggenza della madre Costanza d'Altavilla.
Nel 1198 fu eletto pontefice Innocenzo III, con cui il potere della Chiesa romana raggiunge il suo apogeo. Il papa stesso intervenne nell'elezione dell'imperatore, appoggiando Federico II, eletto re di Germania nel 1212. Nel 1220 Federico II fu consacrato imperatore da papa Onorio III. Avendo poi disatteso le promesse di partecipazione alle crociate, fu scomunicato dal nuovo papa Gregorio IX, ma nel 1228 guidò una spedizione in Terrasanta e con un accordo diplomatico ottenne la restituzione di Gerusalemme (quinta crociata). Nuovamente scomunicato poi deposto (1245) da papa Innocenzo IV al concilio di Lione, fu duramente sconfitto dai comuni a Parma nel 1248.
Dopo la morte di Federico nel 1250 e il breve regno di suo figlio, Corrado IV, si aprì il periodo del Grande Interregno (1254-1272), durante il quale nessuno dei pretendenti al titolo imperiale riuscì a farsi incoronare. Solo nel 1273 fu eletto un nuovo imperatore, Rodolfo d'Asburgo, grazie all'intervento del papa. Per un secolo e mezzo la corona imperiale fu prerogativa di tre casati: Asburgo, Wittelsbach e Lussemburgo. L'ultima tentazione universalistica fu l'azione di Enrico VII di Lussemburgo (l'alto Arrigo della Divina Commedia), primo imperatore a discendere in Italia dopo Federico II, ma morì nel 1313 senza esser riuscito a riportare la pace in Italia.
La Unam Sanctam di Bonifacio VIII del 1302 costituì l'ultimo episodio del conflitto medievale tra potere spirituale e potere temporale. La bolla era una risposta al re francese Filippo il Bello, con cui il papa era entrato in contrasto, poiché il primo aveva cercato di imporre un tributo al clero francese. L'anno successivo inviò il suo consigliere Guglielmo di Nogaret, che con l'aiuto di Sciarra Colonna fece arrestare il Papa ad Anagni (episodio dello Schiaffo di Anagni) per sottoporlo a processo. Una sollevazione popolare riuscì a liberare Bonifacio VIII, il quale, però, morì nello stesso anno. Dopo il breve papato di Benedetto XI, nel 1305 fu eletto Papa l'arcivescovo di Bordeaux, Clemente V, che decise di non scendere a Roma, ma di stabilirsi ad Avignone, dando inizio alla cosiddetta "cattività avignonese".
La formazione delle monarchie nazionali |
In Francia nel 987 Ugo Capeto, conte di Parigi, riuscì a prendere il potere fondando la dinastia che da lui prese il nome di capetingia. Fino all'inizio dell'XI secolo i capetingi controllarono solo la Francia centro settentrionale, con il resto del regno diviso in potenti ducati. Luigi VII riorganizzò la burocrazia regia, con una rete di prevosti e balivi, che riscuotevano le imposte e amministravano la giustizia. Verso la fine del XII secolo, con Filippo Augusto, l'autorità dei re franchi riuscì a estendersi dai Pirenei al canale della Manica in seguito alla battaglia di Bouvines del 1214.
In Inghilterra la conquista normanna portò alla nascita di un regno governato da una dinastia francofona. Nel 1066 Guglielmo il Conquistatore, duca di Normandia, sbarcava in Gran Bretagna sbaragliando con la battaglia di Hastings la resistenza anglosassone e venendo incoronato re d'Inghilterra quell'anno. Organizzò le circoscrizioni locali (shires) con funzionari regi (sheriffs) e creò un catasto, il Domesday Book, con il quale censì tutte le strutture fondiarie del regno. La nobiltà inglese fu sostituita con una nuova aristocrazia francofona. Nell'XI secolo fu fondato l'Exchequer (scacchiere) sotto Enrico I e nacque il parlamento. I Plantageneti ereditarono il trono inglese con Enrico II, aggiungendo l'Inghilterra al proprio impero angioino, che comprendeva feudi che la famiglia aveva ereditato in Francia. Nel 1215 Giovanni Senzaterra firmò la Magna Charta Libertatum, statuto legale inglese utilizzato per limitare i poteri del sovrano e proteggere i privilegi degli uomini liberi.
In Spagna il Regno delle Asturie si accollò il peso maggiore della lotta contro i musulmani. I suoi regnanti ben presto assunsero l'onere e l'onore di raccogliere l'eredità visigota, in virtù della loro discendenza da don Pelayo, eroe di Covadonga e, pare, parente dei monarchi visigoti. Lentamente, con alterne fortune, l'opera di riconquista procedette tra VIII e XI secolo (importanti, in tal senso, sono i regni di Ferdinando I e Alfonso VI di Castiglia). La Battaglia di Las Navas de Tolosa (1212) segna uno spartiacque nella storia della Reconquista: dopo questa brillante vittoria l'impero Almohade si disgregò in nuove taifas; le principali città more (Cordova, Siviglia e in genere tutta la valle del Guadalquivir) furono conquistate dai cristiani. Ciò che rimaneva del Bilad al-Andalus si riorganizzò attorno alla taifa di Granada.
In Italia meridionale si andava formando il Regno di Sicilia. I Normanni, stabilitisi ormai in Normandia dalla Scandinavia, vedevano angusto il proprio territorio e cercavano sbocchi di espansione. Fu così che la famiglia Altavilla riuscì a inserirsi nel Meridione d'Italia sfruttando le rivalità tra i vari signori locali e impadronendosi di Puglia e Calabria. La loro fortuna fu nell'avere dalla loro parte il papato, in cerca di alleanze durante la difficile disputa contro l'Impero tedesco. Nel 1059 papa Niccolò II riconobbe i territori normanni e nominò Roberto il Guiscardo duca di Puglia e di Sicilia, nonostante l'isola fosse allora ancora sotto il controllo degli Arabi. Tra il 1061 e il 1091 Ruggero d'Altavilla, fratello di Roberto, strappò la Sicilia agli Arabi. Nel 1071, infine, gli ultimi baluardi bizantini, Brindisi e Bari, caddero in mano normanna. Nel 1113 Ruggero II riuscì a riunire nelle sue mani tutti i possedimenti normanni creando uno stato fortemente accentrato.
Nel 1130 nacque il Regno di Sicilia, per volontà dell'antipapa Anacleto II espressa al concilio di Melfi. Le strutture amministrative normanne rimasero intatte col passaggio del regno alla dinastia sveva nel 1194. Alla morte di Federico II, suo figlio Manfredi divenne reggente sul trono di Sicilia. Incoronato re nel 1258, sconfisse, alleato con i ghibellini, i guelfi nella battaglia di Montaperti (1260). Scomunicato, Manfredi fu sconfitto e ucciso nella Battaglia di Benevento (1266) dal conte Carlo d'Angiò, chiamato in causa dal papa, che lo nominò nuovo Rex Siciliae. L'ascesa di Carlo d'Angiò al trono siciliano determinò una guerra tra Pietro III d'Aragona, imparentato con gli Hohenstaufen, e gli Angiò, conclusasi nel 1302 con la Pace di Caltabellotta, cui seguì la divisione del regno in due: Regnum Siciliae citra Pharum (noto nella storiografia moderna come Regno di Napoli) e Regnum Siciliae ultra Pharum (anche noto per un breve periodo come Regno di Trinacria, noto nella storiografia moderna come Regno di Sicilia).
Le città e la rivoluzione politica |
La vita cittadina in Europa raggiunse il suo apogeo tra il XIII e la prima metà del XIV secolo. In particolare le città italiane riuscirono ad avere il primato nel settore manifatturiero e in particolare nel commercio. Il grande slancio economico si tradusse anche nella reintroduzione in Europa della moneta aurea.
L'Italia fu una delle zone di maggiore fioritura economica, culturale e artistica, sebbene da un punto di vista politico ci fu un continuo stato di lotta, interna ed esterna. I problemi tra papato e impero al tempo di Federico I e soprattutto di Federico II divisero i comuni italiani in guelfi e ghibellini, due fazioni nelle quali confluivano tutta una serie di scelte politiche locali (spesso si diventava guelfi o ghibellini in funzione di lotta ai propri avversari che appartenevano alla fazione opposta) che solo a livello teorico venivano ricollegati alle lotte sovranazionali tra papato e impero. Molti storici hanno sottolineato come dietro l'alibi di "guelfismo" e "ghibellinismo" si nascondesse un'insanabile spirale di violenza e vendetta.
A causa di questa elevata conflittualità si diffuse il sistema podestarile al posto di quello consolare, con la differenza che il podestà era un forestiero, quindi al di fuori delle lotte interne cittadine e teoricamente in grado di mediare tra le fazioni. Nel corso del secolo XII si erano andati formando nuovi ceti, che inizialmente venivano tenuti fuori dalla vita politica in quanto non "aristocratici". La "gente nova" (per citare la stessa espressione usata da Dante Alighieri) erano signori del contado inurbati in città, arricchiti dalla richiesta di derrate alimentari causata dalla crescita demografica, i banchieri, i mercanti, i professionisti di arti liberali (giuristi e medici), gli artigiani e, nelle città di mare, gli armatori che si erano arricchiti con i commerci con gli stati crociati.
Questi ceti emergenti si riunirono in corporazioni di arti e mestieri che tutelavano i loro interessi, controllavano la qualità dei prodotti, i prezzi e la formazione dei nuovi addetti. Queste "Arti" già a partire dalla prima metà del XIII secolo iniziarono ad avere un potere politico sempre più rilevante, con la costituzione dei cosiddetti "Popoli" (dal nome del ceto populares in antitesi a quello dei potentes, gli aristocratici di origine feudale), con a capo il capitano del Popolo. Verso la fine del XIII secolo un po' dappertutto il ceto dei magnati venne cacciato, almeno formalmente, dal governo cittadino, talvolta con vere e proprie leggi antimagnatizie. I rapporti tra magnati e popolani furono spesso conflittuali, ma si assisteva anche ad alleanze reciproche, spesso matrimoniali, che fondevano le famiglie più ricche a quelle più nobili, portando vantaggi reciproci e permettendo di eludere la legislazione anti-popolana (prima) e anti-magnatizia (poi).
A partire dal Trecento infatti la distinzione tra Popolo e nobili divenne sempre meno rintracciabile, per la fusione dei due ceti, nascendo così un "Popolo Grasso", di cittadini abbienti e potenti, contrapposto al "Popolo Magro", un ceto medio di attività soprattutto artigianali. Esisteva poi il ceto più basso il "Popolo minuto", dei salariati e dei piccolissimi commercianti che non aveva nessuna rappresentanza politica e che iniziò a farsi sentire solo dopo il brusco peggioramento delle condizioni di vita dopo la crisi del XIV secolo.
Città e campagne nel Medioevo |
Dopo la carestia del 1347 e la catastrofica epidemia del 1348, la popolazione fu decimata, e la scomparsa di un numero impressionante di individui ebbe una serie di effetti sulle campagne e città europee. L’Europa subì alcuni cambiamenti di segno opposto a quelli che l’avevano caratterizzata tra X e XIII secolo, quando la popolazione era cresciuta, erano nati villaggi e città, si coltivavano nuove terre. In molte aree la natura riprese il sopravvento, e fra Tre e Quattrocento aumentarono le terre destinate alla pastorizia, ma la crisi offrì anche l’occasione per un grandioso processo di trasformazione: alcune città decaddero e molti centri si trovarono in difficoltà; altri tuttavia presero vigore, per cui non si verificò una decadenza come quella del periodo altomedievale.
Dal X al XIV secolo ci fu una crescita economica e demografica senza precedenti; con il crescere demografico si intensificarono produzione e scambi, bonifiche, costruzioni di ponti, canali e strade, realizzazioni di nuovi borghi e mercati. In molte zone fu raggiunto il livello di massima saturazione in età preindustriale, e fu grazie a questa espansione che si delineò l’Europa che si è contraddistinta come civiltà urbana.
Non vi furono “motori” né spiegazioni causali straordinarie, né improvvise svolte epocali, ma una lenta e costante crescita della popolazione e del prodotto globale. Prima dell’VIII secolo infatti, a causa della crisi dovuta alla disgregazione dell’impero romano, alle pesti e ai disordini, soprattutto nel versante mediterraneo dell’Europa, la situazione era in declino, mentre, quando questi fattori che limitavano vennero meno, il tasso di crescita della popolazione riprese senza ostacoli; i motivi della decadenza erano quindi legati a fattori indipendenti dall’equilibrio ambientale tra uomini e risorse.
È possibile perciò ricostruire la dinamica economica del pieno Medioevo assumendo come principale fattore di cambiamento e sviluppo il regolare incremento demografico.
Tale incremento fu sostenuto all’inizio dall’espandersi e addensarsi di insediamenti umani e coltivazioni; il processo (avviatosi a seconda dei casi in momenti diversi ma per lo più tra X e XI secolo) di incremento delle aree già coltivate, di occupazione di terreni non sottoposti a sfruttamento regolare, di dissodamento e colonizzazione di nuove terre, raggiunse il culmine nel corso del XII secolo, e proseguì, anche nelle aree più densamente popolate, fino alla metà del Duecento.
L’accrescimento delle aree coltivate non dipese però soltanto dalla disponibilità di terre, ma dalla possibilità e capacità di mettere a frutto e sviluppare altre risorse-chiave: le tecniche e la quantità di lavoro umano.
Nuovi aratri, ruote, ferrature di animali, nuovi gioghi, così come la rotazione triennale delle colture, permisero incrementi della produttività ma non furono la causa della crescita, anche perché le prime regioni europee nelle quali risultano presenti non furono altrettanto le prime nella trasformazione economica, e altre novità, quali i mulini ad acqua, si diffusero nelle zone più precocemente investite dalla crescita solo dopo che questa si era già manifestata. Il mutamento tecnologico medievale fu dunque un fenomeno più complesso dell’adozione di nuovi attrezzi o di una specifica pratica agricola; importate dall’Asia quasi tutte le principali “invenzioni” medievali si diffusero man mano che fu necessario far fronte ai bisogni dell’aumento demografico, quindi possiamo definirle una conseguenza e non la causa di esso.
Anche il rendimento agricolo migliorò, ma per ettaro e su scala pluriennale, via via che i sistemi altomedievali, basati su un’agricoltura estensiva e su prolungati periodi di riposo dei terreni, lasciavano il posto a coltivazioni sempre più frequenti e specializzate, e ad una presenza più intensa del lavoro umano: fu necessario infatti un notevole incremento della quantità e qualità di lavoro per garantire raccolti sufficienti.
Mentre popolazione e produzione erano in costante ascesa, l’equilibrio fra uomini e risorse fu dunque assicurato dalla crescita prolungata di tutti i fattori produttivi: terra, lavoro, investimenti.
L'innovazione tecnologica non interessò solo le coltivazioni, ma anche i manufatti, gli edifici, la produzione tessile, l’estrazione e lavorazione dei metalli.
La crescita demografica e lo sforzo produttivo che si protrassero per quattrocento anni trasformarono il paesaggio occidentale, modificando le forme di insediamento: la popolazione si concentrò infatti in agglomerati distinti dagli abitati sparsi, e non si formarono solo città ma anche una rete di villaggi e borghi, che diedero vita ad un incremento delle vie di comunicazione, la preferita delle quali fu la marittima, anche se, con un grosso investimento di energia umana si sviluppò in modo straordinario il sistema delle infrastrutture terrestri.
Le opportunità di scambio e la divisione del lavoro fra le diverse comunità moltiplicarono i mercati settimanali e periodici. La specializzazione delle colture che seguì allo sviluppo dei consumi urbani e delle manifatture tessili portò però ad un maggiore condizionamento delle annate sfavorevoli: il timore delle carestie, che compare nel IX secolo è quindi un segnale delle trasformazioni avvenute, del passaggio da un'economia stagnante ed estensiva a basso grado di specializzazione produttiva e di sfruttamento delle risorse, a un sistema economico dinamico, a più alta intensità di lavoro ed utilizzo dei fattori.
I miglioramenti e le intensificazioni delle colture furono realizzati grazie all’iniziativa delle famiglie contadine, le cui caratteristiche, in età pienomedievale, erano essenzialmente la mobilità e la propensione al cambiamento, in parte per ricercare nuovi spazi agricoli, in parte per accumulare risorse; gli aristocratici dal canto loro premevano per ottenere più beni e servizi e favorirono la diffusione degli scambi e la commercializzazione, dando luogo a strutture (mulini, ponti, strade, approdi fluviali, luoghi di pedaggio e mercato) che incrementarono lo sviluppo commerciale delle campagne.
Questa nuova economia vide l’uso del denaro, ma esso non fu, come di solito si tende a credere, un risultato, bensì un requisito iniziale del tipo di sviluppo economico che si era manifestato in questo periodo.
Già prima dei carolingi era stato coniato denaro in argento, ma dalla metà dell’XI secolo alla metà del XII aumentò la domanda di denaro e diminuì l’offerta di argento. Fu dato fondo così ai tesori delle chiese e dei monasteri e furono istituite zecche feudali locali. Dopo il 1160 invece il metallo tornò sul mercato, e le monete furono usate per i piccoli pagamenti nelle città e nelle campagne più commercializzate, mentre si affiancava il denaro grosso delle zecche regie, e genovini e fiorini aurei rappresentarono, insieme ai più tardi ducati, il principale mezzo di pagamento internazionale da metà Duecento in poi.
L’organizzazione curtense si era sviluppata dentro un quadro di prima diffusione del denaro e di circolazione dei surplus agricoli, mentre lo stabilizzarsi di nuove relazioni di dominio signorile nell’XI secolo avvenne nel pieno della crescita, e può essere considerato come una reazione aristocratica al mutamento economico, che l’assecondò ed incentivò.
La pressione demografica, la commercializzazione e l’uso delle monete favorirono anche il processo di frazionamento dei mansi e la ristrutturazione delle grandi tenute fondiarie, anche se si smembrarono solo i patrimoni che coprivano spazi molto estesi, sovraregionali, e le grandi proprietà si orientarono verso i centri urbani dominanti sul territorio, poiché in essi si concentrava la domanda dei surplus agrari.
In gran parte dell’Europa le corvées si trasformarono in pagamenti in denaro, e nei contratti agrari ci fu una evoluzione in direzione di affitti sempre più brevi, contratti scritti e, dalla fine del XII secolo, passaggi dai censi fissi (anche in denaro) a canoni parziari in natura; con la crescita della produzione e degli scambi aumentarono anche i redditi relativi ai diritti su mulini, passi, ponti.
Nell’Italia centro-settentrionale il sistema curtense che vigeva dall’alto Medioevo, si basava su un uso limitato delle corvée, e su una relativa frequenza di censi fissi o sostitutivi in denaro; il concentrarsi della proprietà della terra in mano alle aristocrazie cittadine consentì lo sviluppo di patti a metà del raccolto, prefigurazioni del contratto di mezzadria.
Intanto la presenza del denaro modificava anche la mobilità sociale, allargando ad esempio il divario tra contadini agiati e meno agiati, anche se va sottolineato che tale presenza interessò solo le realtà contadine a contatto con il mondo urbano, dove in effetti la moneta e gli scambi erano determinanti per la qualità della vita.
Le crociate e il Mediterraneo bassomedievale |
A partire dall'XI secolo l'Occidente latino ricominciò a rimpossessarsi del Mediterraneo, espandendosi verso Oriente. Si svilupparono in questo periodo le cosiddette repubbliche marinare. Alcune di esse ( Amalfi e Gaeta[15]) godevano di una fiorente economia e di un'autonomia politica considerevole già dall'Alto Medioevo. L'esaurirsi delle razzie corsare musulmane dopo il X secolo permise il prosperare di nuove repubbliche marinare: Genova, la sua protetta Noli, Pisa, Ancona[16] e, in Dalmazia, Ragusa.[17] A Venezia si svilupparono traffici di grande portata, grazie a una rete finanziaria, produttiva e commerciale che seppe instaurare in un vero e proprio impero economico.
La navigazione sull'Adriatico fu sicura fin dal IX secolo e permise lo sfruttamento di rotte che andavano da Costantinopoli, alla Siria e la Palestina, al Nordafrica e alla Sicilia. I veneziani, nonostante i reiterati divieti, commerciavano con gli Arabi, comprese quelle merci proibite quali armi, legname, ferro e schiavi. Contemporaneamente Genova e Pisa iniziavano a emergere con politiche autonome. Nelle città più importanti d'Oriente tutte le repubbliche marinare avevano dei veri e propri quartieri con empori, fondachi, cantieri navali e arsenali, dove convergevano le piste carovaniere e da dove partivano le navi con i preziosi carichi per l'Europa; Genova, Venezia e Pisa ebbero anche il possesso di vasti territori oltremare.
Intanto nel 1059 l'impero bizantino vedeva la fine della dinastia macedone, cinque anni dopo lo Scisma d'Oriente. Il trono fu conteso tra le due più potenti famiglie bizantine del tempo, i Comneni, che avevano il potere militare e i Ducas, che avevano il potere politico. Mentre ciò accadeva, l'esercito bizantino fu sconfitto dai turchi selgiuchidi, nella battaglia di Manzicerta, nel 1071. Dopo questa battaglia, in breve tempo, l'impero bizantino perse tutta l'Asia Minore. La contesa tra le due famiglie si concluse nel 1081 con l'ascesa al trono del generale Alessio I Comneno. I Comneni continuarono la politica dei macedoni tesa a rafforzare militarmente l'impero e riuscirono a risollevare le sorti dell'impero, che sembravano segnate.
Fu in questo clima, segnato dall'affermarsi delle etnie berbere e turche a danno degli Arabi, che Papa Urbano II indisse un pellegrinaggio armato al concilio di Clermont (1095), dando inizio alle crociate. All'appello risposero sia la nobiltà europea, sia un'ampia fetta di gente comune animata dall'entusiasmo inculcato da alcuni predicatori come Pietro l'Eremita. Partiti verso Costantinopoli senza una strategia precisa, le truppe guidate da principi francesi, normanni e fiamminghi conquistarono in poco tempo tutta la costa del Mar di Levante, e nel 1099 presero Gerusalemme.
I crociati crearono un Regno affidato a Goffredo di Buglione, ma solo suo fratello Baldovino prese il titolo di re. Le conquiste vennero spartite tra i partecipanti all'impresa creando gli Stati crociati e alcuni feudi minori, tutti sottoposti, almeno formalmente, al re di Gerusalemme. Questa fu soltanto la prima di ben nove crociate, non tutte finalizzate alla conquista o alla difesa della Terra Santa.
Col tempo la crociata, infatti, rivolta ora contro i musulmani di Spagna, i pagani dell'Europa nord-orientale (Crociate del Nord), gli eretici della Linguadoca e gli avversari politici del Papato in Italia, divenne una semplice guerra investita di sacralità, per la quale il papato si serve appunto di un concetto che risulta efficace al fine di mobilitare grandi masse di fedeli, ma che porta anche alla degenerazione dello stesso concetto. Nel tempo i crociati poterono beneficiare di una commutatio del loro voto fatto quando presero la croce, ossia anziché partire per la Terra Santa, essi poterono partecipare alle spedizioni militari che furono investite dei privilegi previsti per le Crociate nel Levante.
Dal XIII secolo le crociate cominciarono a essere dirette contro altri cristiani, come la crociata albigese e la quarta crociata contro Costantinopoli. Alla scomparsa della dinastia dei Comneni seguì la perdita, in sequenza, di Serbia, Croazia e Dalmazia. Nel 1204 Venezia inflisse il colpo finale all'impero, deviando la crociata alla capitale bizantina. I crociati assediarono la città e la conquistarono, rovesciando così l'Impero d'Oriente, ed elessero Baldovino conte di Fiandra, eletto dai crociati "imperatore latino di Costantinopoli".
L'Impero latino avanzò pretese su tutti i territori controllati dall'Impero bizantino fin dal momento in cui Costantinopoli venne conquistata ed esercitò il controllo su parte della Grecia. Gran parte del territorio rimase però nelle mani degli stati rivali guidati dagli aristocratici dell'ex-Impero, come il Despotato d'Epiro, l'Impero di Nicea, e l'Impero di Trebisonda, anche se i parenti di Baldovino, conte delle Fiandre, combatterono lungamente per assicurarsene il dominio. L'Impero latino ebbe termine il 25 luglio 1261, quando Michele VIII Paleologo riuscì a riconquistare Costantinopoli nel 1261 e sconfisse l'Epiro, rivitalizzando l'Impero ma dando troppa attenzione all'Europa quando le province asiatiche erano la preoccupazione principale.
Se sul lungo periodo i risultati politici delle crociate furono fallimentari, non riuscendo a creare un dominio stabile in Terra Santa, i risultati dal punto di vista culturale furono enormi. Grazie ai rinnovati contatti col mondo bizantino e islamico si ebbe un rifiorire del sapere scientifico in Europa, che era caduto nell'oblio. A metà del XII secolo una équipe di dotti guidati da Pietro il Venerabile, abate di Cluny tradusse il Corano; verso il 1187 iniziò a circolare Aristotele. I testi latini e greci, filtrati dal mondo arabo, contenevano anche cognizioni provenienti da Persia, India e perfino (in maniera mediata) Cina, soprattutto riguardo alla medicina, all'astronomia e alla matematica. Arrivarono anche discipline orientali che, sebbene avessero interessato il mondo ellenistico e tardo-antico, erano ormai sconosciute in occidente, come l'astrologia e la magia. La conquista più duratura di quel periodo storico fu l'introduzione dei numeri arabi posizionali e dello zero, entrambe scoperte di origine indiana. Questo nuovo sistema di numerazione fu introdotto in Occidente dal pisano Leonardo Fibonacci, con il Liber abaci del 1202.
L'economia bassomedievale |
Dal Duecento la bilancia commerciale tra Oriente o Occidente divenne positiva per il secondo dopo secoli di assoluto predominio commerciale dell'Europa sud-orientale. La larga circolazione di merci anche non preziose permise un vorticoso impennarsi degli scambi economici e l'aumento di ricchezza. Merci orientali e occidentali, nordiche e mediterranee circolavano velocemente via mare e via terre, e assieme a esse si spostavano gli uomini e i capitali. I mercanti seppero presto dotarsi di strumenti giuridici e tecnologici in grado di soddisfare la domanda crescente di oro: nacquero nuovi tipi di contratto commerciale, più flessibili e omologati dappertutto; nacquero le società di persone e di capitali, le compagnie commerciali (a scadenza annuale, rinnovabili) e le commende (tra imprenditori con capitali e commercianti che li facevano fruttare). Nacquero le prime banche in senso moderno (in grado di far fruttare i capitali) e le prime forme di assicurazione. Per evitare di trasportare fisicamente il denaro nacquero strumenti creditizi che permettevano la riscossione di somme precedentemente versate in altre città mostrando lettere bollate della banca. L'attività bancaria prosperò nonostante i divieti ecclesiastici di guadagnare denaro "dal denaro".
Dal XII secolo alcune città italiane avevano ricevuto l'autorizzazione imperiale di battere il "denaro", la moneta argentea carolingia, che però tendeva a svalutarsi col tempo. Il miglioramento economico stimolò il conio di monete più pregiate, con un maggiore contenuto argenteo, detti "grossi" o "bianchi". La moneta aurea fece la sua ricomparsa stabile in Europa occidentale nella seconda metà del Duecento a Firenze e Venezia, che coniarono, rispettivamente, il fiorino e il ducato o zecchino, che divennero i mezzi principali dei grandi scambi internazionali.
Un'altra novità del Medioevo fu la nascita delle "compagnie", società mercantili-imprenditoriali che sostituirono il commercio un tempo basato sui mercanti itineranti. Le compagnie avevano succursali nelle più importanti piazzeforti ed erano organizzate in maniera tale da poter far muovere merci e capitali senza bisogno di far muovere i suoi dirigenti né il denaro, che grazie alle lettere di cambio si poteva riscuotere in qualsiasi filiale della compagnia.
Oltre all'Italia, l'altra grande zona commerciale europea era l'area del Mar Baltico e il Mare del Nord, con le attivissime città portuali anseatiche. Il punto di incontro tra le merci italiane e nordiche era soprattutto il porto di Bruges. Altre zone, come l'Inghilterra o il regno di Napoli, ebbero un ruolo più passivo nello sviluppo economico, venendo monopolizzate da mercanti stranieri che le spogliavano delle materie prime sottocosto e vi rivendevano a prezzi molto alti i prodotti finiti.
Ma anche il settore produttivo venne rivoluzionato, con una passaggio da un sistema artigianale (dove si produceva su richiesta) a un sistema manifatturiero (dove si produceva per vendere) che ebbe luogo tra l'XI e il XIII secolo, con variazioni da luogo a luogo e da merce a merce. Spesso nelle città si creò un sistema di manifattura diffusa, con le varie fasi della lavorazione delle stoffe affidate a vari lavoratori specializzati. Tra questi i tintori emersero perché lavoravano strumenti complessi e materie prime costose. Notevoli furono le innovazioni tecnologiche, tra le quali il filatoio a mano, il telaio orizzontale e la gualchiera, ma anche la riscoperta del vetro e la rinnovata produzione ceramica grazie alla ruota a pedale. La lavorazione dei metalli fece grandi progressi, con forni più efficienti che permisero la lavorazione dell'acciaio e le opere di grandi dimensioni quali le campane o le canne d'organo.
La cultura bassomedievale |
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«Siamo come nani sulle spalle dei giganti, sì che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non per l'acutezza della nostra vista, ma perché sostenuti e portati in alto dalla statura dei giganti» |
(Bernardo di Chartres) |
A Chartres nacque nel XII secolo una scuola cattedrale dove per la prima volta si iniziò a guardare allo studio della natura, delle scienze e, senza tralasciare lo studio delle Scritture e il culto per l'auctoritas, ci si ispirava alla tradizione neoplatonica. Andava nascendo un nuovo approccio allo studio, quello della logica, che offriva un metodo innovativo con in quale affrontare lo scibile: invece di commentare letteralmente le Sacre Scritture si andava alla ricerca dei criteri per poter comprendere, al di là della fede, quello che era giusto e quello che non lo era. Il fondatore di questa scuola di pensiero viene considerato Pietro Abelardo, duramente avversato dai tradizionalisti, la cui eredità fu raccolta dal monaco camaldolese Graziano, che redasse una raccolta completa di diritto canonico (il Decretum), servendosi proprio della logica abelardiana; da allora la logica fu alla base del rinnovamento nella teologia e filosofia che va sotto il nome di scolastica. I grandi maestri della scolastica furono Alberto Magno, Tommaso d'Aquino e Duns Scoto, che applicarono il metodo abelardiano, arricchito anche dalle traduzioni di Averroè che permise la riscoperta di Aristotele in Occidente, alla ricerca teologica, indagata come una vera e propria scienza, usando quindi le facoltà intellettuali umane.
Nelle città si sviluppò una sorta di scuola primaria privata, alla quale poteva seguire la scuola d'abaco, dove si insegnavano ai ragazzi più grandi nozioni di matematica e di ragioneria. Per quanto riguarda il livello superiore di istruzione, nel XIII secolo alle scuole cattedrali si affiancarono le università, che nacquero come associazioni private di studenti, che subito mirarono a un riconoscimento ufficiale e alla concessione di benefici di carattere giuridico e economico. Le prime sedi universitarie nacquero collegate alle scuole cattedrali o in maniera autonoma un po' in tutta Europa. Il centro di maggior fervore culturale era Parigi, ma lo Studium di più antica fondazione risulta quello di Bologna, dove nel 1088 si istituzionalizzò una scuola di diritto gestita da laici. A partire dal XIII secolo nasce anche la produzione e il commercio dei testi dei maestri ad uso degli studenti. Si diffusero le peciae, fascicoli venduti dagli stationarii (artigiani specializzati che copiano libri per mestiere)[18], scritti su carta, materiale più economico, la cui tecnica di produzione era stata importata in Europa dagli arabi, che l'avevano appresa dai cinesi.
Nelle città del tardo Medioevo si andava sviluppando una cultura "laica", determinata dalla grande sete di risposte a questioni pratiche e concrete, in campo sociale, economico e politico. Senza metter in discussione la fede o l'importanza della teologia o del latino, i ceti dirigenti cittadini amavano la cultura detta "cortese", con i poemi epici, le poesie finemente erotiche, i romanzi cavallereschi. In zone come la Toscana, le signorie venete e romagnole o le corti sicule di Federico II o catalane di Alfonso X il Saggio si erano creati dei circoli poetici, derivati dalle composizioni provenzali dei trovatori, dove nacquero talvolta anche forme espressive nuove, come il dolce stil novo. Nel corso del Duecento inoltre si diffuse in Italia l'uso del volgare, adoperato in poesia sin dal Cantico delle creature di san Francesco, datato 1224. Il volgare era l'espressione di un ceto emergente di banchieri, mercanti, imprenditori, ecc., che guardavano con diffidenza ai lunghi tempi necessari per apprendere il latino e alle materie più astratte. La richiesta di sapere scientifico alla portata del cittadino medio fece nascere i sunti o le "volgarizzazioni" di opere e trattati di scienze e altro, come il Trésor di Brunetto Latini o il Convivio di Dante Alighieri. Nel XII secolo nacque anche l'uso di registrare cronache cittadine e anche familiari, che fissavano la memoria storica in maniera più agevole e più snella dell'antica cronachistica ecumenica in latino.
Dall'arte romanica all'arte gotica |
«Allora il mondo si scosse la polvere dalle sue vecchie vesti e la terra si ricoprì di un candido manto di chiese» |
(Rodolfo il Glabro, monaco di Saint-Bénigne a Digione, a proposito dell'arrivo del nuovo millennio.) |
Il progresso nella società si accompagnò anche a un rinnovamento artistico e a un rinnovato slancio architettonico verso edifici di grandi dimensioni, soprattutto edifici religiosi: era infatti dall'epoca romana che in Europa occidentale non si costruivano opere monumentali su larga scala e diffusamente.
Tra XI e XII secolo si diffuse lo stile "romanico" (termine coniato solo nel XIX secolo), caratterizzato da una ritrovata monumentalità e da una maggiore complessità negli edifici. Esso assorbì, da regione a regione, le più svariate influenze (arabe, paleocristiane, classiche, bizantine...), con alcune caratteristiche comuni come l'uso diffuso (ma non esclusivo, perché restò a lungo l'alternativa delle capriate) di volte a botte e volte a crociera, le spesse murature, le complesse forme, l'uso di apparati scultorei per decorare.
L'edificio simbolo di questa epoca fu la cattedrale, che iniziò a simboleggiare la ricchezza e il prestigio dell'intera comunità cittadina, con gare tra città vicine per avere l'edificio più grande, bello e maestoso.
Già dalla metà del XII secolo si diffuse in Francia un nuovo stile, detto poi gotico (termine coniato nel Rinascimento con risvolti negativi), che gradualmente conquistò tutta l'Europa. L'architettura gotica fu rivoluzionaria per il modo innovativo di concepire la struttura degli edifici: il peso non veniva più sorretto dalle pesanti pareti, ma da una serie di elementi (colonne, archi, volte, contrafforti, pinnacoli, ecc.) che permettevano di svuotare le pareti riempiendole di grandi e luminose vetrate, e di raggiungere altezze in verticale inimmaginabili.
Grandi diffusori del gotico furono i cistercensi, che lo portarono in Italia dove però non ebbe mai una forte presa, almeno secondo le forme transalpine, che vennero mediate in edifici più legati alla tradizione romanica. Durante il XIII secolo gli ordini mendicanti furono responsabili del rinnovamento artistico. Davanti alle loro chiese nacquero vaste piazze per accogliere la popolazione che attendeva con trepidazione gli infuocati sermoni; inoltre iniziò l'uso di dare cappelle a famiglie e personalità, affinché con la creazione di abbellimenti essi potessero espiare i propri peccati.
Ma l'edilizia non riguardò solo le chiese, anzi con l'affermazione dei Comuni i ceti dirigenti locali spesso si affidarono all'architettura per dimostrare, anche visualmente, il loro potere e prestigio. I vari palazzi comunali o del podestà erano nelle città italiane il polo laico, complementare a quello religioso; questi palazzi dovevano superare in altezza e in bellezza tutte le altre architetture laiche della città. Entro il XIV secolo molte città avevano provveduto a cingersi di almeno una nuova cerchia di mura (rispetto alle mura romane che spesso erano state continuativamente usate) che inglobasse le zone esterne ormai densamente popolate per l'arrivo ingente di immigrati dalle campagne.
Da un punto di vista urbanistico gli ampliamenti delle città .mw-parser-output .chiarimento{background:#ffeaea;color:#444444}.mw-parser-output .chiarimento-apice{color:red}e le nuove fondazioni seguivano un andamento casuale[senza fonte], ben riconoscibile tutt'oggi nelle piante di molte città, anche perché opposto al reticolo regolare di quei nuclei più antichi di epoca romana. Una delle eccezioni[senza fonte] fu Firenze, dove ad Arnolfo di Cambio è tradizionalmente attribuito un progetto urbanistico con la riorganizzazione delle piazze e il tracciato di nuove strade rettilinee che vennero inglobate nella nuova cinta muraria, triplicata rispetto alla precedente in area racchiusa.
Tardo Medioevo |
Crisi del Trecento |
Dopo due secoli di grande sviluppo e prosperità nel continente europeo, il Trecento fu un secolo di rottura, con l'interruzione di fenomeni in crescita come lo sviluppo demografico, l'ampliamento e la creazione di nuove città, lo straordinario aumento dei traffici in quantità e in qualità. Oggi si inizia a considerare che il regresso possa essere stato causato innanzitutto da una variazione del clima, con la fine del cosiddetto periodo caldo medievale, che aveva permesso lo scioglimento dei ghiacci (si pensi alla navigazione dei Vichinghi), la coltivazione della vite fin sopra Londra, abbondanti raccolti facilitati dalla piogge scarse e regolari e le tiepide primavere. Gli aspetti più gravi riguardarono la carestia del 1315-1317, il ristagno economico, la peste nera e le conseguenti rivolte popolari.
Grandi porzioni di terra furono abbandonate e lasciate incolte, mentre, a causa del declino del numero di lavoratori, i salari aumentavano progressivamente. I tentativi dei proprietari fondiari di abbassare i salari con la forza fallirono. Tutto questo non fece altro che aumentare il risentimento dei ceti subalterni verso i più ricchi, che sfociò in una serie di rivolte. Nel 1358 in Francia ebbe luogo le rivolte della jacquerie, dove i contadini inferociti misero al rogo parecchi castelli e aggravarono la situazione già difficile durante la guerra dei cent'anni. Nel 1378 si ebbe la rivolta dei Ciompi, i salariati più bassi nella produzione laniera, a Firenze. Essa obbligò il governo fiorentino a concedere loro il diritto di avere riconosciuta una propria corporazione e a partecipare al governo cittadino. Le nuove arti "del Popolo di Dio" (cioè non Maggiori né Minori) vissero fino al 1382, quando l'alleanza tra i ceti dominanti e intermedi isolò i Ciompi e i loro alleati, togliendo loro tutte le rivendicazioni che avevano ottenuto. In Inghilterra si ebbe una dura rivolta cristiano-popolare nel 1381, capeggiata da Wat Tyler e John Ball, che si ribellarono al duro regime fiscale imposto dal re a causa della lunga guerra contro la Francia.
La disordinata religiosità che fu animata dalla sensazione di terrore e di disorientamento a fronte dell'inspiegabile susseguirsi di calamità e sciagure (carestie, epidemie, guerre, l'avanzata dei Turchi o dei Tartari), fu permeata da elementi apocalittici e irrazionali, che credevano in un'azione diabolica congiunta e particolarmente efficace. La fine del mondo e la venuta dell'Anticristo sembravano più vicine che mai e si cercarono dei nemici da combattere, che erano, oltre ai cattivi cristiani, gli ebrei e le streghe, contro le quali si scatenò una vera e propria caccia.
L'Italia tardomedievale |
Mentre nel resto d'Europa si affermavano le monarchie nazionali, l'Italia tardomedievale vide la formazione di regimi signorili (le signorie cittadine) o oligarchici.
Durante i periodi di crisi si iniziò ad appoggiarsi su un unico personaggio, magari esterno alla città, che tenesse la "balìa", ovvero il potere assoluto, in un momento di difficoltà. Questi "signori" permisero di superare alcune impasse politiche, ma spesso essi cercarono di consolidare il loro potere e magari trasformarlo in ereditario: fu la nascita delle signorie dal 1240 in poi (Torriani e poi Visconti a Milano, Gonzaga a Mantova, Este a Ferrara, Scaligeri a Verona, da Carrara a Padova, Ordelaffi a Forlì, Malatesta a Rimini, da Polenta a Ravenna, da Montefeltro a Urbino, Da Varano a Camerino, ecc.). Rimanevano tuttavia funzionanti le istituzioni comunali, sebbene spesso si limitassero a ratificare le decisioni del Signore.
Stati comunali minori sparivano aggregandosi ad altri più grandi, per conquiste o per trattative diplomatiche. Nel XIV secolo i signori ottennero il titolo di vicario imperiale e tra il XIV e il XV secolo i titoli di duca e marchese. L'assegnazione di questi titoli è indice della stabilizzazione dei poteri signorili. Alla fine le Signorie si evolsero in Principati con dinastie ereditarie. Ciò avvenne quando i Signori, riconoscendo l'imperatore e pagando una quantità di denaro, vennero legittimati e riconosciuti come autorità da sudditi e principi. Questo cambiamento fu reso possibile grazie all'incapacità dei sovrani tedeschi di mantenere l'ordine nell'Italia del nord e grazie alla poca difficoltà che i Signori incontravano per essere riconosciuti come autorità legittima. Ma non tutte le repubbliche comunali divennero principati. Questo accadde con tempi molto più lunghi o non accadde mai nelle città marinare o in Toscana, dove i ceti imprenditoriali erano più attivi e forti e riuscirono a impedire che un gruppo primeggiasse. Il discorso cambia per quanto riguarda il centro-sud, dove erano presenti lo Stato della Chiesa, il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia. Questi ultimi due regni divennero, nel XV secolo, due vice-reami sotto gli Aragonesi.
Nella prima metà del XV secolo si ebbe un lungo periodo di guerre che interessò l'intera penisola e fu segnato dai ripetuti tentativi degli Stati più forti di estendere la propria egemonia. La Pace di Lodi, firmata nella città lombarda nel 1454, mise fine allo scontro fra Venezia e Milano che durava dall'inizio del secolo. Il trattato fu ratificato dai principali Stati regionali. L'importanza della Pace di Lodi consiste nell'aver dato alla penisola un nuovo assetto politico-istituzionale che, limitando le ambizioni particolari dei vari Stati, assicurò per quarant'anni un sostanziale equilibrio territoriale e favorì di conseguenza lo sviluppo del Rinascimento italiano. A farsi garante di tale equilibrio politico sarà poi, nella seconda parte del Quattrocento, Lorenzo il Magnifico, attuando la sua famosa politica dell'equilibrio.
La cattività avignonese e il grande scisma d'Occidente |
Il quattordicesimo secolo vide sia la cattività avignonese del 1305-1378 sia lo Scisma d'Occidente che durò dal 1378 al 1418. I papi avignonesi furono tutti francesi, ma solo nei primi anni essi furono effettivamente soggetti al re di Francia; con l'inizio della Guerra dei cent'anni la monarchia francese entrò in un periodo di grave crisi, che sollevò il papato dalla sua influenza effettiva. Il prestigio dei papi avignonesi fu anzi molto forte e seppe irradiare in tutta Europa le sue decisioni politiche, teologiche e fiscali. Lo Stato della Chiesa fu amministrato da energici legati pontifici, mentre ad Avignone convergevano artisti di fama internazionale grazie al cospicuo mecenatismo del papato, assieme ai maggiori banchieri del tempo. La tendenza generale del tempo, riscontrabile in tutta la società, era però una crisi dei cosiddetti poteri universali (il papato stesso e l'Impero): ormai tra essi e i cittadini si erano definitivamente interposte le monarchie nazionali, che volevano ormai controllare anche gli ecclesiastici. Dall'altro la Chiesa perdeva anche rilievo morale, con una decadenza spirituale che avrebbe portato nei secoli successivi a gravi conseguenze (come la riforma protestante).
Nel 1378, dopo il ritorno del papato a Roma, si giunse al grande scisma d'Occidente. C'erano due pontefici, uno romano e uno avignonese, ciascuno con il suo collegio cardinalizio, che si lottavano scomunicandosi a vicenda e cercando di far valere la propria posizione sulla cristianità. Una soluzione al problema sembrò il ricorso a un nuovo strumento, il conciliarismo, cioè la convocazione di un'assemblea di vescovi frequente, indispensabile per la scelta di questioni teologiche e disciplinari più importanti e addirittura superiore alla volontà del singolo pontefice nei casi più decisi. Nel 1414 il re di Germania Sigismondo di Lussemburgo-Boemia convocò un concilio a Costanza, per discutere la ricomposizione dello scisma, che portò nel 1417 alla deposizione dei tre papi e l'elezione di Martino V, un nobile cardinale romano. Con il documento dell'Haec Santa si stabilì inoltre che un concilio avrebbe dovuto essere indetto ogni 5 anni e fu stabilita la superiorità del concilio sul papa stesso. Il conciliarismo, che toglieva potere al pontefice, non era ben visto dai prelati più vicini alla curia romana, né dal nuovo papa stesso, anche se il peso del successo di Costanza impediva qualsiasi deroga al nuovo principio, nonostante anche le difficoltà obiettive che tali grandi riunioni comportavano, considerando anche le vie di comunicazione e le condizioni di viaggio dell'epoca, sommate alla lunghezza dei lavori conciliari che mancavano della tempestività necessaria per certe decisioni.
La guerra dei cent'anni |
La guerra dei cent'anni fu un conflitto tra il Regno d'Inghilterra e il Regno di Francia che durò, non continuativamente, 116 anni - dal 1337 al 1453 - e che si concluse con l'espulsione degli inglesi da tutti i territori continentali, fatta eccezione per la cittadina di Calais.
Il conflitto fu costellato da tregue molto brevi e interrotto da due veri e propri periodi di pace della durata rispettivamente di 9 e 26 anni, che lo dividono in tre fasi principali, la guerra edoardiana (1337-1360), la guerra carolina (1369-1389) e la guerra dei Lancaster (1415-1429), alle quali deve essere aggiunta la fase conclusiva della guerra (1429-1453). Tale suddivisione è tipica della storiografia anglosassone, mentre altre periodizzazioni prevedono una divisione in una prima (1337-1389) e in una seconda fase (1415-1453).
Militarmente, la guerra vide la nascita di nuove armi e nuove tattiche, le quali segnarono l'abbandono degli eserciti organizzati su base feudale e incentrati sulla forza d'urto della cavalleria pesante. Sui campi dell'Europa Occidentale videro la luce eserciti professionali, per la prima volta dai tempi dell'Impero romano. Si trattò, d'altra parte, del primo conflitto in cui si usarono le armi da fuoco. In particolare, le bombarde fecero la loro prima comparsa su suolo francese nel corso della battaglia di Crécy, tra le file inglesi.
Inghilterra e Francia alla fine del conflitto apparivano molto differenti rispetto a prima.
Tra il 1455 e il 1485 l'Inghilterra fu lo scenario della guerra delle due rose, una sanguinosa lotta dinastica combattuta tra il Casato dei Lancaster e il Casato di York, chiamata così dagli emblemi dei due casati. La guerra finì nel 1485 quando Enrico Tudor, discendente dei Lancaster ma maritato a una York, vinse la battaglia di Bosworth e si fece incoronare come Enrico VII.
Grossi stravolgimenti si ebbero anche in Francia: l'autorità regia, rappresentata dai balivi, si estese a tutto il territorio e si creò una fiscalità centrale. Luigi XI, dopo aver sciolto la Lega del bene pubblico, si scontrò con il duca di Borgogna Carlo il Temerario. Carlo fu ucciso nel 1477, e nel 1482 il ducato di Borgogna passò al regno di Francia.
La nascita dello stato spagnolo |
Il Trecento iberico si caratterizzò da una battuta d'arresto del processo di riconquista cristiana. I motivi di ciò sono molteplici: con il Trattato d'Almizra (1244), solo la Castiglia restò l'unico regno interessato a una espansione territoriale ai danni dei musulmani; questo regno è sconvolto da una guerra dinastica che portò al trono Enrico II di Trastamara (1369). La macchia d'illegittimità dei Trastamara pesò sui re di questo casato finché Enrico III l'Infermo sposò Caterina di Lancaster nipote di Pietro il Crudele (fratellastro sconfitto da Enrico di Trastamara). Sotto Enrico l'Infermo riprese la guerra con i musulmani battendoli a Collejares nel 1406.
I successori del sovrano si dimostrarono troppo deboli e poco interessati alla Reconquista. Il primo Quattrocento castigliano da questo punto di vista non segnò grandi novità, anzi per la debolezza politica dei re si assistette a frequenti atti d'insubordinazione dei nobili Castigliani.
Per una decisa ripresa della secolare guerra all'occupazione islamica si dovette attendere la salita al trono d'Isabella la Cattolica. Le sue armate, congiuntamente con quelle del marito Ferdinando il Cattolico, il 2 gennaio 1492 entrarono a Granada dopo un lungo assedio. Questo atto segnò la fine della Reconquista ma anche l'inizio di un'epoca caratterizzata dall'intolleranza religiosa (nello stesso giorno in cui entrarono a Granada i Re Cattolici firmarono il decreto d'espulsione degli Ebrei dalla Spagna).[19][20][21][22]
L'Umanesimo |
Il XV secolo è attraversato da importanti cambiamenti culturali: l'ottimismo, la fiducia nell'uomo e nelle sue possibilità, il principio della "virtù" umana contrapposta alla "fortuna" sono manifestazioni filosofiche e letterarie di un periodo noto col nome di Umanesimo. L'Umanesimo, le cui avvisaglie possono esser colte già nel Trecento, ha una prima diffusione nell'Italia rinascimentale, le cui corti sono punti di riferimento vitale per gli artisti del tempo.
La civiltà umanistica fu caratterizzata dalla volontà di distacco dalle tradizioni medievali e da un recupero della civiltà classica greco-romana, che divenne un modello di ispirazione. Nacque in questo contesto il desiderio di restaurazione degli ideali di bellezza, libertà e razionalità classica. Gli umanisti furono i primi a percepire una "rottura" tra mondo antico e mondo moderno: fino ad allora era stato naturale per entità politiche come l'Impero o il papato dichiararsi eredi dell'Impero romano. I primi ad accorgersi dei nuovi tempi e a iniziare un recupero del retaggio classico furono i letterati, già a partire dal XIV secolo: Francesco Petrarca, Giovanni Boccaccio, Cola di Rienzo furono gli esponenti più importanti, nelle cui opere cercarono di far rivivere i modelli antichi filtrati. La scoperta di codici letterari in latino e il contemporaneo arrivo di numerosi intellettuali bizantini contribuiscono a portare alla riscoperta di buona parte della letteratura latina e della letteratura greca, insieme allo studio dello stesso greco. Importanti progressi vengono effettuati anche nel campo della filologia e della storiografia, la cui importanza risulta evidente, ad esempio, con la prova della falsità della donazione di Costantino da parte di Lorenzo Valla.
Con le speculazioni degli umanisti, si iniziò ad avere una nuova sensibilità anche sul piano filosofico-scientifico, che, sviluppando istanze già in atto dal XIII secolo, metteva in discussione le antiche certezze aristotelico-tomistiche basate sull'auctoritas, per iniziare a guardare la natura con un occhio più spregiudicato. L'indagine artistica era strettamente connessa con quella scientifica, come dimostrano gli studi sulla prospettiva e sul calcolo di Leon Battista Alberti e Filippo Brunelleschi. Accanto all'aristotelismo, tanto caro ai sistemi di pensiero della scolastica, si diffuse il pensiero neoplatonico, secondo il quale l'uomo era al centro del mondo e doveva osare per cogliere i frutti della sua intelligenza. Il neoplatonismo si basava su quei testi del II-III secolo elaborati ad Alessandria d'Egitto, giunti a Firenze nella prima metà del Quattrocento con gli studiosi greci, e che andavano sotto il nome di ermetici, dal nome del loro autore leggendario, Ermete Trismegisto. Tra i traduttori di tali testi vi fu Marsilio Ficino.
Il 1455 è l'anno dell'invenzione della stampa a caratteri mobili, a opera del tedesco Johann Gutenberg che progressivamente rivestirà un ruolo fondamentale nella diffusione del libro. Con l'invenzione della stampa a caratteri mobili fioriscono le prime editorie, in particolare nella penisola italiana: celebre la stamperia veneziana di Aldo Manuzio.
La caduta di Costantinopoli |
Verso il 1230 si erano spostati in Anatolia gli ottomani, una tribù turca proveniente dall'Asia centrale. Gli Ottomani costituirono uno stato indipendente sostituendosi al Sultanato selgiuchide di Rūm per merito di ʿOthmān I Ghāzī, il cui nome servirà a indicare la dinastia ottomana da lui fondata. Un processo di espansione territoriale che portò all'occupazione dei Balcani e dell'Asia Minore, con la creazione di un Impero con capitale Adrianopoli. Neanche una crociata nel 1396 riuscì a frenare gli Ottomani. L'impero d'Oriente si salvò momentaneamente grazie al signore di Samarcanda Tamerlano, il quale nel 1402 inflisse una pesante sconfitta agli Ottomani. L'avanzata culminò con la caduta di Costantinopoli nel 1453, con cui l'Impero bizantino cessò d'esistere insieme, secondo alcuni storici, al Medioevo.
L'Impero Bizantino lasciò un'importante eredità culturale, testimoniata non soltanto dalle vestigia degli edifici bizantini giunti fino a noi, o dai frutti dell'arte bizantina (soprattutto sacra), ma anche dalla forte impronta culturale-religiosa lasciata ad alcuni popoli slavi e non (vedi i Bulgari) dell'Est europeo, come il mito della Terza Roma. Dopo pochi anni dalla caduta di Costantinopoli, la propaganda della Chiesa ortodossa russa, divenuta autocefala nel 1448, designò Mosca, appunto, come "Terza Roma". L'idea si sviluppò durante il regno di Ivan III di Russia, Gran Principe di Mosca, che sposò Sofia Paleologa, nipote dell'ultimo Imperatore di Costantinopoli. Ivan reclamò l'eredità storica e soprattutto religiosa della città che si definiva seconda Roma.
La scoperta dell'America |
La caduta di Costantinopoli determinò il passaggio ai Turchi del controllo delle preziose merci che giungevano in Europa dall'Asia. Nacque così in tutto il continente l'esigenza di trovare vie alternative per giungere in India e in Cina. Le nuove innovazioni e i fondamentali progressi nella navigazione e nella cartografia permisero le grandi esplorazioni compiute nel Quattrocento da spagnoli e portoghesi tra cui quella di Bartolomeo Diaz che raggiunse il Capo di Buona Speranza e quella di Vasco da Gama che nel 1497 raggiunge Calcutta. Queste conquiste vennero promosse dal re portoghese Enrico il Navigatore, che aveva riunito nel sud del Portogallo un vero e proprio centro studi con cartografi, geografi e astronomi.
Ma l'impresa più celebre e significativa è senza dubbio quella compiuta da Cristoforo Colombo che il 12 ottobre 1492 raggiunse il continente americano. Dopo essersi rivolto inutilmente al re portoghese, che era interessato alla navigazione orientale, Colombo si trasferì in Spagna cercando l'appoggio dei re cattolici, predicando la necessità di raggiungere l'Asia e il Gran Khan mongolo (in realtà sostituito dalla dinastia Ming già nel XIV secolo) per allearsi con lui contro i Turchi. Dopo la conquista del Sultanato di Granada da parte degli spagnoli, che pose fine al dominio arabo su territori europei, Colombo ottenne l'appoggio alla spedizione dai sovrani che gli concessero i titoli di ammiraglio, di viceré e di governatore delle terre che avesse scoperto. Il 3 agosto partì dal porto di Palos con due caravelle e una caracca. Il 12 ottobre Colombo avvistò un'isola che lui credeva del Cipango, ma che si trovava invece nelle Bahamas. In altre spedizioni successive Colombo arrivò a Cuba e su Hispaniola (Haiti), anch'egli pensava fosse il Catai, la Cina descritta da Marco Polo. La bolla Inter Caetera di Papa Alessandro VI e poi il trattato di Tordesillas divisero le terre del Nuovo Mondo tra l'Impero spagnolo e l'Impero portoghese.
I contatti tra Asia ed Europa nel Medioevo |
Fino al XIII secolo l'Asia "profonda", ovvero tutto ciò che stava al di là del Vicino e di gran parte del Medio Oriente, fu per l'Europa un oggetto sconosciuto, trattato solo nelle leggende geografiche, nonostante i numerosi e secolari traffici di lungo raggio che da India, Cina e persino Giappone facevano giungere in Europa merci preziose e ricercatissime. Le rotte carovaniere della "via dell'incenso" o della "via della seta" si basavano infatti sugli scambi da carovaniere a carovaniere su brevi tratte, con numerosi passaggi prima di arrivare a destinazione: i convogli viaggiavano poco, ma le merci, e con esse le idee e i culti, facevano invece lunghi tragitti. Fondamentale era la mediazione dei musulmani, in particolare delle metropoli arabo-iraniche (Shiraz, Isfahan, Baghdad) e delle oasi turkmene. Inoltre molte merci arrivavano via mare alla penisola arabica tramite il Golfo Persico, grazie ai venti periodici dei monsoni.
Dalla Malaysia, da Sumatra e dalla Corea provenivano oro e argento; da Ceylon e dall'India arrivavano le preziose spezie (pepe, chiodi di garofano, noce moscata e cinnamomo), indispensabili per la cucina e la conservazione degli alimenti, il sandalo, il bambù, l'albero della canfora, le essenze profumate (muschio, incenso, ecc.) e infine le pietre preziose; da Cina e Giappone arrivavano stoffe preziose e suppellettili in porcellana; altre derrate di minor pregio, ma scambiate in maggiori quantità, erano il riso, lo zucchero di canna e i cereali, le quali viaggiavano di solito per mare.
Tra le leggende medievali sui luoghi di origine delle merci più pregiate, circolavano quelle che parlavano di un Paradiso terrestre in estremo oriente oltre leggende arabe o bizantine, molte delle quali sono confluite in raccolte come le Mille e una notte. Tra i luoghi più prodigiosi descritti c'era il Monte della Calamita, che attirava nell'Oceano Indiano tutti i metalli, per cui rendeva necessario per quelle misteriose popolazioni costruire navi senza chiodi; oppure si descrivevano popolazioni fantastiche come i cinocefali (dalla testa canina), gli sciapodi (con un unico piede), i blemmi (con la faccia sul ventre), eccetera. Un esempio della fascinazione esercitata da queste zone fu la misteriosa lettera del Prete Gianni, che arrivò a metà del Duecento a papa Alessandro III tramite l'imperatore bizantino, nella quale si descriveva un favoloso regno cristiano, con alcuni spunti storici reali, quali la presenza di comunità nestoriane, che effettivamente esistevano sulla "via della seta" tra Iran e Cina, o la realtà di regni turco-mongoli in Asia centrale.
Note |
^ Cfr. Hilaire Belloc, L'Europa e la fede, Il Cerchio, Rimini, 2003 - ISBN 88-8474-031-2, pp. 151 e seguenti, pp. 165 e seguenti
^ Piccinni, 2007
^ Sergi, 2003, pag. 7
^ Cardini; Montesano, 2006
^ Aldo Schiavone, Il mondo tardoantico, in AA. VV., Storia medievale, Donzelli Editore, Roma 1998, p. 43.
^ Walter Pohl, L'universo barbarico, in AA. VV., Storia medievale, Donzelli Editore, Roma 1998, p. 65.
^ Bordone; Sergi, 2009, p. 7
^ Bordone; Sergi, 2009, p. 5
^ Julius Wellhausen, Reste arabischen heidentums, Berlin, W. De Gruyter, 1897.
^ Nella sua più ampia accezione geografica (bilād al-Shām), comprendente, oltre all'odierna Siria, anche la Palestina (oggi Israele), la Giordania e il Libano.
^ Va ricordato però che, sotto 'Ali ibn Abi Talib, la sede califfale era stata spostata nella mesopotamica Kufa.
^ Bordone; Sergi, 2009, p. 107-108
^ Bordone; Sergi, 2009, p. 108-109
^ Bloch, 1974
^ autori vari, Lazio guida rossa del Touring Club Italiano, Touring Editore, 1981 (pag. 743); Giovanna Bergamaschi, Arte in Italia: guida ai luoghi ed alle opere dell'Italia artistica, Electa, 1983 (pag. 243); Giuseppe Sandro Mela, Islam: nascita, espansione, involuzione Armando Editore, 2005 (Google eBook, pagina 67); Salvatore Aurigemma, Angelo de Santis, Gaeta, Formia, Minturno
^ Armando Lodolini, Le repubbliche del mare, edizioni Biblioteca di storia patria, a cura dell'Ente per la diffusione e l'educazione storica, Roma 1967 (il capitolo del libro riguardante Ancona è consultabile alla pagina: [1]; Horst Dippel, Costituzioni Degli Stati Italiani (volume 10: Documenti costituzionali di Italia e Malta, parte 1: Ancona-Lucca) edizioni Walter de Gruyter (Germania), 2009 (pagina 130); autori vari, Marche guida rossa Touring Club Italiano, Touring Editore, 2005 (pagine 88 e 104); Giuseppe Sandro Mela, Islam: nascita, espansione, involuzione Armando Editore, 2005 (Google eBook, pagina 67); Peris Persi, Conoscere l'Italia (volume Marche), Istituto Geografico De Agostini, Novara 1982 (pag. 74); Gabriella Airaldi, Benjamin Z. Ḳedar, I comuni italiani nel regno crociato di Gerusalemme, Università di Genova, Istituto di medievistica, 1986 (Pag. 525); Valerio Lugoni (a cura di) Meravigliosa Italia, Enciclopedia delle regioni, edizioni Aristea, Milano; Guido Piovene, in Tuttitalia, Casa Editrice Sansoni, Firenze & Istituto Geografico De Agostini, Novara (pag. 31); Pietro Zampetti, in Itinerari dell'Espresso (volume Marche), a cura di Neri Pozza, Editrice L'Espresso, Roma 1980
^ Autori vari, Croazia. Zagabria e le città d'arte. Istria, Dalmazia e le isole. I grandi parchi nazionali Touring Editore, 2004 (pagina 129); Jack Kerouac, I vagabondi del Dharma Mondadori editore, 2010 (pagina 439); Vesna Pavic Croazia, guida completa Giunti Editore, 2005 (pagina 121); Armando Pitassio, Corso introduttivo allo studio della Storia dell'Europa Orientale: dall'antichità a Versailles Morlacchi Editore, 2000 (pagine 98 e 128); Sergio Anselmi, Ragusa e il Mediterraneo: ruolo e funzioni di una Repubblica marinara tra Medioevo ed etā Moderna, Cacucci editore, 1988
^ Gian Arturo Ferrari, Libro, Bollati Boringhieri, Milano, 2014, pag. 78.
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^ Schreiber, 1980
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Évariste Lévi-Provençal, Histoire de l'Espagne musulmane, Parigi-Leida, G.-P. Maisonneuve–E.J. Brill, 1950, 3 voll.
Reinhart Dozy, Histoire des musulmans d'Espagne, Leyda, E.J. Brill, 1932, 3 voll.
Voci correlate |
- Alto Medioevo
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- Storia del cristianesimo in età medievale
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Collegamenti esterni |
Medioevo, su thes.bncf.firenze.sbn.it, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
(EN) Medioevo, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- Itinerari medievali: risorse per lo studio del Medioevo, su itinerarimedievali.unipr.it.
- Reti medievali, risorse per gli studiosi del medioevo, Università di Firenze, su storia.unifi.it.
- Medioevo Italiano, studi, articoli e strumenti di storia medievale, su medioevoitaliano.org.
- Mondi Medievali, sezione di storia medievale, su mondimedievali.net.
- Storia Medievale, su storiamedievale.net.
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