Industria conciaria




L'industria conciaria è il settore industriale che produce pelli e cuoio recuperando e valorizzando un sottoprodotto dell'industria alimentare: la pelle animale grezza proveniente dalla macellazione.




Indice






  • 1 Cenni storici


  • 2 Industria conciaria italiana


    • 2.1 Distretti conciari


    • 2.2 Sviluppo dell'industria conciaria italiana




  • 3 Note


  • 4 Bibliografia


  • 5 Voci correlate


  • 6 Collegamenti esterni





Cenni storici |


Gia dalla preistoria l'uomo usava le pelli degli animali cacciati per coprirsi, ma questi capi di abbigliamento privi di alcun trattamento chimico non erano duraturi nel tempo. Per ovviare a questo problema gli uomini preistorici, iniziarono ad essiccare la pelle bloccando così il processo di decomposizione, ma questo la rendeva estremamente rigida e difficile da lavorare. Successivamente vennero utilizzati grassi sia di tipo animale che vegetale, che grazie all'azione di sfregamento riuscivano ad ammorbidire la pelle precedentemente essiccata.
L'uso sempre più frequente di questo materiale, portò ad uno sviluppo di tecniche sempre più efficaci per contrastare la putrefazione. Nacquero così, in maniera quasi inconsapevole, la prima concia al vegetale che consisteva nell'immergere la pelle in vasche piene di una soluzione composta da acqua, cortecce, foglie e bacche; e la concia al minerale praticata sempre attraverso una soluzione di acqua e allume, minerale molto diffuso e facilmente reperibile nelle zone vulcaniche.[1]


I primi documenti di cui abbiamo conoscenza, che descrivevano i vari processi conciari, derivano da scritti risalenti al regno sumero di Kastilias IV del 1250 a.C[2]. Successivamente sia gli Egiziani che i Fenici acquisirono notevoli capacità di lavorazione della pelle, usandola non solo come per vestiti ma anche come materiale per oggetti ornamentali.
Grazie ai Romani vennero sviluppate tecniche conciarie sempre più raffinate e le conoscenze di queste vennero esportate in tutte le provincie dell'Impero.
I modi e gli strumenti per lavorare la pelle non sono cambiati più di tanto nel corso dei secoli e i prodotti finiti variavano da articoli vestiari, a scarpe, oggettistica, soprattutto bracciali o collane, o elementi ornamentali per l'abitazione, come per la foderazione di sedie. Ma nonostante la diffusione universale di questo articolo, non esisteva ancora una industria vera e propria, tant'è che il processo conciario era ancora nelle mani dei "pellai", artigiani che lavoravano la pelle in piccole botteghe, costituite al più da qualche vasca interrata.


La svolta dal punto di vista tecnologico si ebbe sul finire del diciannovesimo secolo con la nascita di quella chiamata comunemente concia al cromo, brevettata ufficialmente nel 1910[3]. Importante dal punto di vista tecnologico perché permette la stessa tipologia processuale conciaria su quasi tutti i tipi di pelle bovine, di capra, pecore e maiali. Si stima che l'80% delle pelli conciate sono lavorate con sali di cromo trivalente[3].



Industria conciaria italiana |




Magazzino di pelli finite


L'industria conciaria italiana è storicamente considerata leader mondiale per l'elevato sviluppo tecnologico e qualitativo, lo spiccato impegno ambientale e la capacità innovativa in termini di contenuti stilistici.


Formata soprattutto da piccole e medie imprese, sviluppatesi all'interno di distretti specializzati per tipologia di lavorazione e destinazione merceologica (scarpe, borse, giubbotti, divani, interni d'auto ecc.), la produzione italiana rappresenta circa il 16% della produzione mondiale e il 66% della produzione europea;[4] è uno dei settori italiani maggiormente internazionalizzati, esportando in 121 paesi, con un'incidenza del 26,9 % di export su mondo nel 2010.[5]


Dal punto di vista della qualità, il prodotto italiano è unanimemente considerato il primo al mondo e rappresenta il punto di riferimento per i beni di consumo di fascia alta.


Il fatturato 2010 supera i 4.5 miliardi di euro, di cui il 70% derivante da vendite all'estero.[4] La sua importanza economica è maggiore in quanto strategicamente posizionato nei confronti della moda e dei manufatti di utilizzo quotidiano.
È inoltre determinante il suo ruolo nel Made in Italy.



Distretti conciari |




Polo industriale di Arzignano (VI)




Centro storico del polo industriale di Arzignano (VI)




Solofra (AV) monumento alla concia


In Italia risultano 1330 aziende:[4]



  • nel Veneto (Arzignano), con 489 imprese.

  • in Toscana (Santa Croce sull'Arno), con 567 imprese. Denominato anche Distretto del cuoio.

  • in Campania (Solofra), con 179 imprese.

  • in Lombardia (Magentino), con 50 imprese


Vi si aggiungono altre concerie eccellenti ma isolate in Piemonte, nelle Marche e in Campania.


Sono presenti, nel tessuto imprenditoriale, moltissime piccole aziende, i cosiddetti "terzisti", che effettuano singole operazioni meccaniche o chimiche per conto delle concerie.


Questa suddivisione rappresenta anche una specializzazione nella produzione di tipi di cuoio:



  • nel Veneto si producono prevalentemente pelli di ampia superficie, destinate ad arredamento ed automobili

  • in Toscana si lavorano prevalentemente pelli per pelletteria, tomaia e cuoio da suola

  • in Campania si è specializzati nella lavorazione delle pelli destinate ad abbigliamento, scarpe e pelletteria

  • in Lombardia, invece, si lavorano prevalentemente pelli piccole per borse e calzature.



Sviluppo dell'industria conciaria italiana |


Nei poli conciari sono presenti impianti di depurazione delle acque reflue, nati per trattare solo le acque provenienti dalla lavorazione conciaria e le acque reflue civili degli abitati adiacenti ma anche di attività industriali diverse. Questi impianti, costruiti e gestiti prevalentemente con risorse provenienti dalle aziende conciarie, hanno ormai assunto una importanza sociale per l'intera popolazione di quelle aree.
Nel 2010 l'Italia ha prodotto quasi 140 milioni di metri quadrati di pellami delle varie destinazioni e quasi 39.000 tonnellate di cuoio suola.[4]


A causa della sua notevole capacità, l'Italia deve importare da altri Paesi pellame allo stato grezzo o semilavorato, necessario per alimentare le concerie; soltanto il 5% proviene da macelli nazionali mentre la maggior parte proviene da Europa Occidentale e Orientale, Africa, America Latina, Medio Oriente, Australia e Nuova Zelanda.[4] Le esportazioni di pelli finite della conceria nazionale sono indirizzate in tutto il mondo. L'Italia importa materie prime da più di 100 Paesi ed esporta conciato in più di 120 nazioni.



Note |




  1. ^ The history of leather, su leatherresource.com.


  2. ^ Valerio Vallini, Concia al vegetale, Storia, produzione e sostenibilità del distretto toscano della pelle..


  3. ^ ab italiapelle.com, http://www.italiapelle.com/concia-al-cromo-trivalente/ Titolo mancante per url url (aiuto).


  4. ^ abcde Unione Nazionale Industria Conciaria (UNIC), Rapporto Socio-Ambientale 2010, Milano


  5. ^ Stime ed elaborazioni di Unione Nazionale Industria Conciaria (UNIC) su dati Intracen – Relazione UNIC, pag.29. Milano 23 giugno 2011.



Bibliografia |


Fonti utilizzate


  • Unione Nazionale Industria Conciaria (UNIC), Rapporto Socio-Ambientale 2010, Milano

  • Relazione UNIC, pag.29. Milano 23 giugno 2011 - Stime ed elaborazioni di Unione Nazionale Industria Conciaria (UNIC) su dati Intracen



Voci correlate |



  • Concia

  • Pelle

  • Cuoio



Collegamenti esterni |






  • Industria conciaria, su thes.bncf.firenze.sbn.it, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Modifica su Wikidata






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